Imprenditori si nasce? No, l’imprenditorialità si impara sui banchi di scuola. È questa l’idea di Miriam Cresta, direttore generale di Junior Achievement Italia, la sezione italiana (esistente dal 2002) di un’organizzazione nata negli Stati Uniti nel 1919 che si propone di insegnare l’imprenditorialità e l’economia a scuola a bambini e giovani dai 6 ai 19 anni.
Ma in che modo si può insegnare ai ragazzi a fare impresa? Ospite del nostro magazine televisivo su Reteconomy (Sky816), Miriam Cresta spiega che “la cosa fondamentale è fornire alle scuole e agli insegnanti strumenti didattici che consentano di passare da contenuti basati sulla teoria a contenuti basati sul saper fare”. Una logica, questa, abbracciata più dagli istituti tecnico-professionali che dai licei, dove regna ancora la cultura del sapere nozionistico.
La scuola, dunque, dovrebbe rivedere la formazione dei ragazzi e inserire l’imprenditorialità fra le materie da studiare. “È importante che questa disciplina non venga considerata extracurriculare – continua Miriam Cresta -. Le esperienze in Europa ci dicono che dove l’esperienza imprenditoriale viene inserita come materia curriculare e in una logica disciplinare, i risultati si vedono anche nello sviluppo economico e sociale. In Svezia e in Norvegia da oltre dieci anni l’imprenditoria è materia scolastica, oltre il 10 % dei ragazzi nel loro percorso scolastico si avvicinano alla materia e c’è un 20% di startup in più. Questa relazione non è casuale”.
Dunque, i ragazzi a scuola dovrebbero studiare di più Zuckerberg o Adriano Olivetti? “Le due cose insieme sarebbero perfette. Noi proponiamo ciò che è proprio del made in Italy, cioè il saper fare, insieme a ciò che è proprio del sistema americano, cioè un ecosistema che risponde e ragazzi bravi a saper raccontare la loro idea in modo vincente. Solo così si può arrivare preparati nel mondo del lavoro” conclude direttore generale di Junior Achievement Italia.
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