«Sa che cosa c’è di strano? Il nostro ingresso in Digital Magics è stato ripreso da diversi media, ma nessuno del settore turistico», Luca Patané, 53 anni, presidente di Uvet, è sopreso ma non troppo. «E’ l’ennesima testimonianza di come i settori tendano a chiudersi su se stessi, a non vedere l’innovazione e la necessità di cercarla». Lui per farlo ha messo un bel chip (mezzo milione di euro) nel venture incubator fondato da Enrico Gasperini e, come prima cosa, ha investito in Plannify, startup che ha creato un motore dedicato agli eventi.
Uvet, che ha 60 anni di storia e un fatturato che supera i 2 miliardi, ha fatto quello che dovrebbero fare molte più aziende italiane: scommettere sull’innovazione disseminata nell’ecosistema startup per cogliere nuove opportunità di business.
Patané, come nasce questa scelta?
«Siamo da sempre attenti alla tecnologia. La nostra azienda è nata negli anni 50 ed è stata una delle prime con un selfbooking di proprietà. Non siamo quindi arrivati distratti al digitale. Ricordo che nel 2000 abbiamo fatto una società con Renato Soru, Freetravel, siamo stati partner di Bravofly (leader europeo nei viaggi low cost venduti sul web, ndr.), così come abbiamo “incubato” edreams. Abbiamo sempre guardato quindi alle startup del nostro settore»
Quindi Plannify non è il vostro primo acquisto…
«No. Siamo vecchi come azienda, ma giovani come visione. Abbiamo anche il vantaggio di avere un socio come Amex in una società del gruppo e questo ci ha permesso di avere una visione globale. In Svezia, per esempio, lo scorso autunno abbiamo acquisito un portale molto importante, Flygpoolen».
Il turismo è un settore particolarmente investito dall’evoluzione digitale. A che punto è?
«C’è ancora molto da fare, per esempio riguardo l’efficientamento delle aziende. Alberghi, agenzie di viaggi e altri operatori non utilizzano ancora al meglio gli strumenti digitali»
Perché avete investito in Digital Magics?
«Non certo per fare speculazione. Abbiamo un interesse industriale. Dall’alleanza con un incubatore ci aspettiamo che vengano idee fresche, per comattere una cattiva abitudine: fare le cose sempre alle stesso modo.
Voi controllate la più grande rete di agenzie di viaggio fisiche. Non temete che il digitale le mangi?
Sono convinto della possibilità di coesistenza fra più canali di distribuzione. Eppoi non si può fermare l’evoluzione. Ibm costruiva macchine tabulatrici, poi divenne un colosso dell’informatica, adesso è una grande società di consulenza. Bisogna avere visione e il timing giusto per fare le cose.
Adesso il timing è giusto?
Quando abbiamo fatto la società con Tiscali, era troppo presto. E di solito partire troppo presto significa buttare risorse nel mercato e perderle. Adesso, invece, è il momento. La trasformazione è rapida, c’è una nuova sensibilità diffusa e non solo nel turismo. Anche altri settori dovrebbero cercare efficienza e produttività utilizzando le tecnologie.
Che cosa vi interessa in Plannify?
«Plannify è un pezzo di un progetto che adagio adagio vogliamo sviluppare sull’incoming. Sento tanto parlare di nuovi turisti da portare, ma solo parlare. Dobbiamo lavorare per dare nuovi servizi ai mercati internazionali. E Plannify è un modo per mappare il famoso ultimo miglio dei servizi. Mi auguro che questo nostro investimento serva anche a richiamare l’attenzione della comunità del turismo sulla necessità di muoversi, e anche rapidamente
Che cosa direbbe a un amico o un collega imprenditore a investire sulle startup?
«Devi stare vicino ai centri di innovazione. O tu sei capace di produrla al tuo interno oppure entrare in startup, partecipare a incubatori, investire in fondi di venture capital è decisivo. Nei prossimi 15-20 ci sarà una vera rivoluzione, nel pubblico e nel privato. E noi non possiamo rischiare di perdere la competizione».