Anticipare i bisogni delle persone con i big data: così si crea una smart city

Per John Tolva, guru dell’innovazione civica, “i dati, sia delle amministrazioni locali che dei cittadini, aiutano a rispondere alle esigenze delle persone velocemente e su larga scala. E questo circolo virtuoso crea business”

Pubblicato il 02 Apr 2014

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John Tolva, guru dell'innovazione civica

“Non si può accertare la salute di un paziente senza averne i dati. È la stessa cosa per le città”. John Tolva, ex-Chief Technology Officer di Chicago e presidente della società PositivEnergy Practice, è stato il medico che ha fatto la diagnosi e reso la città più sana e consapevole. Una “cura” partita dal basso, dai cittadini. Perché secondo Tolva, 41 anni, nominato nel 2012 dalla Casa Bianca tra i 13 “Innovation Champions of Change”, è l’innovazione civica, ovvero l’uso creativo dei dati nato all’esterno delle amministrazioni, a rendere il luogo in cui si vive una smart city. È questo il modello Chicago, e Tolva spiega come metterlo in atto.

“Le uniche cose che nelle città continuano ad aumentare sono i dati”, spiega Tolva. Quelli resi ormai sempre più disponibili dalle amministrazioni locali (ecco il portale di Chicago), ma anche le segnalazioni che arrivano dai singoli cittadini. Senza contare che il 20 per cento del traffico internet non video è generato da sensori, dispositivi e mezzi di trasporto. Come il bikesharing: ”Per tutti è un modo per spostarsi, per me è un raccoglitore di dati sulla città”, continua il guru, che nei due anni e mezzo da Chief Technology Officer ha puntato su banda larga, wifi in vari luoghi pubblici di Chicago e sull’app Open311, che permette ai cittadini di mandare al comune richieste e segnalazioni, anche in foto. Ecco la sfida di Tolva: raccogliere le informazioni e metterle in relazione, così da capire i bisogni delle persone e anticiparli. Come nel caso dell’app Sweeparound.us, che ricorda ai Chicagoans con una mail o un sms di spostare l’auto per evitare di ricevere una multa durante la pulizia della strada dove si è parcheggiato. O del portale Chicago Shovels, che connette i cittadini tra di loro e con le attrezzature invernali della città così da fronteggiare al meglio il cattivo tempo.

E proprio la predizione degli eventi grazie ai Big Data è il prossimo obiettivo dell’amministrazione Rahm Emanuel. A marzo 2013 infatti la città ha vinto 1 milione di dollari dall’associazione Bloomberg Philanthropies per costruire Windy Grid, la prima piattaforma al mondo, ancora in rodaggio, che analizza e connette in tempo reale tutte le informazioni passate e presenti di una città. “I dati servono per rispondere alle esigenze delle persone più velocemente e su più larga scala”, aggiunge Tolva e danno vita a un circolo virtuoso che ha riscontri anche economici: “Trasparenza e responsabilità creano fiducia, l’analisi di nuovi processi e gli Open Data danno vita a un business”. Che per la città ventosa si tradurranno in 2000 posto di lavoro in più entro il 2015.

Un modello di sviluppo subito più raggiungibile se si pensa che i Big Data diventano una priorità solo nel 2011, a partire dagli impulsi lanciati dalla cittadinanza. Perché a Chicago come a Milano, che nella classifica 2013 delle 445 città più smart al mondo occupa il 46esimo posto, la politica serve a far germogliare idee che partono dalla comunità e il governo deve essere un facilitatore.

Expo 2015 sarà una quindi grande opportunità e un banco di prova: “Arriveranno milioni di persone che non conoscono Milano- conclude Tolva- e avranno bisogno di leggere in fretta l’ambiente che li circonda. L’esposizione deve diventare il laboratorio per quello che succederà nelle altre città del mondo ”.

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