Perchè un indice che misura la tutela della proprietà nei diversi Paesi? La risposta è semplice: verificare il legame che esiste tra la tutela della proprietà fisica ed intellettuale e l’innovazione, la crescita economica e la competitività. Dalla sua prima edizione, i dati elaborati dalla Property Rights Alliance (PRA) dimostrano che i paesi che tutelano maggiormente sono gli stessi in cima alle classifiche dell’innovazione e della competitività.
La crescita economica è un discorso a parte e più complesso, ma anche qui, tolti i paesi in via di sviluppo, tra quelli OECD, quelli che tutelano e innovano sono anche quelli che crescono più rapidamente. L’edizione IPRI 2014 – #IPRI2014 – è stata presentata ufficialmente in Venezuela, con tanto coraggio e con un preciso obiettivo. L’autore dell’incredibile sforzo di raccolta e analisi dei dati è per il secondo anno consecutivo, un italiano, Francesco Di Lorenzo, Professore presso la Copenhagen Business School. I risultati per l’anno 2013 confermano l’assunto: tutela uguale innovazione.
L’edizione di quest’anno, interamente interattiva e disponibile online, presenta anche un caso studio sull’Italia a firma del Prof. Cesare Galli, dell’Università di Parma e Senior Fellow dell’Istituto Bruno Leoni, e di chi vi scrive. E l’Italia? Il nostro paese è a due punti di distanza (venti posizioni) rispetto agli altri Paesi del G7, con un punteggio di 6.0 e ancor più staccata dai Paesi che guidano la classifica, Finlandia, prima con 8.5 e la Svezia, seconda con 8.3, entrambe in lieve calo rispetto al 2013 (-0.1). Migliora la classifica della Gran Bretagna, all’undicesimo posto assieme alla Germania (+3 posizioni), entrambe con un punteggio pari a 7.8. Gli Stati Uniti invece, restano stabili al diciassettesimo posto con 7.7 (+0.1) così come la Francia, al ventesimo con 7.3, mentre la Spagna sale al trentunesimo con 6.5. La Svizzera, cioè la regione più competitiva al mondo secondo il World Economic Forum, rimane quinta insieme a Singapore, con un punteggio di 8.2.
Cosa dobbiamo farcene dell’Indice? Come sostengo nel nostro caso studio, un Paese che è di per se un marchio, con il Made in Italy, dovrebbe stare in cima alla lista, cioè favorire la tutela della proprietà in modo organico, attraverso le regole e quindi la materia giuridica, ma anche e soprattutto attraverso un’opera di sensibilizzazione degli attori economici che sono coloro che poi creano e immettono sul mercato. Il numero dei brevetti italiani è aumentato, siamo terzi in Europa, ma sembra essere troppo poco rispetto al potenziale della nostra economia. Le nostre PMI hanno disperato bisogno di entrare nel mercato globale e competere immettendovi prodotti unici e innovativi. Troppo spesso perdono questa sfida perchè non sono in grado e addirittura non si sono preoccupate di proteggere i propri beni rispetto a quelli della concorrenza. La nostra è una vera chiamata alle armi, un invito a condividere l’Indice con imprese e istituzioni per sostenere la grande capacità produttiva italiana e favorire il ritorno alla crescita.
* Competere.eu – John Cabot University