I giovani che votano per il domani sono penalizzati, a meno che non si crei un vuoto svuotando il vaso pieno di schemi e misure governative intrinsecamente orientate contro le nuove generazioni.
Il passaggio da un’economia del lavoro basata sulla ricerca del posto fisso a un’economia imprenditoriale focalizzata sulla ricerca di opportunità per lanciare startup con grandi aspettative di crescita è una Grande Trasformazione che richiede di combinare tassazione e spesa pubblica in modo da rendere praticabile questo salto di qualità. La combinazione deve essere tale da consentire un progresso trainato dalle opportunità piuttosto che il suo opposto di natura redistributiva in un’economia stagnante. C’è allora da disegnare un nuovo puzzle la cui soluzione richiede un minor numero di pezzi di tassazione e spesa pubblica.
Le misure governative sono il risultato di un processo creativo di policy making che inizia con la formulazione del problema e si conclude con la valutazione dei risultati conseguiti. La misura concepita va strutturata, sviluppata, implementata, mantenuta e monitorata. Tutti questi passaggi diventano ostaggio dell’alta e burocrazia dei direttori generali dei ministeri e dei capi di Gabinetto dei Ministri. Costoro, poi, sottopongono le misure adottate dal legislatore a un processo di regolamentazione progettato per complicarne l’interpretazione. Così gli alti burocrati guadagnano in potere, creano zone d’ombra d’interpretazione che incoraggiano la corruzione e il clientelismo, e non sono né imparziali né tampoco responsabili del modo in cui operano per regolare le scelte pubbliche.
L’Italia ha fatto il pieno di debito pubblico improduttivo. Il risultato è una popolazione burocratizzata e sottoposta a vessatori regolamenti pubblici.
Per quanto le circostanze siano irrimediabilmente cambiate rispetto agli anni prima della Grande Recessione, i decisori politici restano a metà del guado, non riuscendo a liberarsi della zavorra formata da un conglomerato di interessi personali e particolari in cui si trovano coinvolti. Lo stato azionista in combutta con quegli interessi è sempre propenso a proporre politiche industriali che sacrificano l’iniziativa individuale degli innovatori rivoluzionari.
In queste circostanze, creare un vuoto legislativo in cui gli alti burocrati precipitano vorrebbe dire abbattere le alte barriere regolatorie che impediscono l’ingresso nei mercati ai nuovi imprenditori che propongono soluzioni innovative rispetto a quelle già disponibili. Ciò produrrebbe risultati positivi anzitutto e soprattutto nei settori altamente protetti e regolati. Quando i fondatori di nuove imprese devono adempiere a innumerevoli pratiche burocratiche e sono costretti ad avvalersi dell’assistenza di costosi studi legali, la stessa nozione di startup suona come un ossimoro.
* Piero Formica è docente di Economia della Conoscenza a Dublino, piero.formica@gmail.com
(Estratto dal libro Piero Formica, GRAND TRANSFORMATION TOWARDS AN ENTREPRENEURIAL ECONOMY. Exploring the Void, Emerald Group Publishing, Dicembre 2015)