C’è anche lo zampino di una piattaforma online made in Italy nella storica vittoria, in Premier League, del Leicester City di Claudio Ranieri. Il riferimento è Wyscout, uno strumento utilizzato da centinaia di allenatori di calcio, club professionistici e agenzie sportive per la ricerca e lo studio dei calciatori di quasi ogni campionato del mondo. Una piattaforma, quella creata da Matteo Campodonico, 38 anni, Simone Falzetti (35) e Pier Saltamacchia (32) capace di andare a sostituire i dvd e le vhs che, fino a qualche anno fa, rappresentavano l’unico modo per esaminare un giocatore senza inviare uno scout a seguirlo. Grazie a Wyscout, infatti, qualsiasi direttore sportivo può visionare un giocatore in un centinaio di nazioni e poi decidere se è il caso di trattare il suo acquisto oppure inviare un osservatore a seguirlo di persona. Ma, a parte la funzione scouting, la piattaforma offre anche quella di coaching. “Uno strumento determinante, che mister Ranieri ha sperimentato in prima persona, con risultati notevoli”, spiega Campodonico, ceo di Wyscout, a EconomyUp. E con la memoria torna all’incipit dell’idea. “Nel 2004, quando ero un calciatore, avevo un allenatore che ci faceva vedere i video per insegnarci a giocare. Ed è stato proprio in quel momento che ho capito della loro importanza come strumento di formazione”.
Nel frattempo, Campodonico proseguiva nel suo percorso, laureandosi in economia e iniziando a lavorare; prima, analista di una società di informatica e dopo in banca. “In particolare mi occupavo di analisi di bilanci di società e startup. Mi sono tornati in mente i video del mister e ho pensato di applicare una mia idea ricorrendo a strumenti più moderni”. I primi finanziamenti da privati sono arrivati a fine 2007; quindi l’incontro con Antonio Gozzi, imprenditore e presidente di Federacciai e della squadra di calcio di serie B Virtus Entella, che fin da subito ha sposato l’idea. “Ci ha dato circa 250mila euro, con i quali abbiamo iniziato a sviluppare la piattaforma, siamo diventati una Srl e tutto è diventato vero lavoro”, riprende Campodonico. Così oggi Wyscout, che a luglio lancerà la nuova app, è un database enorme, al quale ricorrono – tra gli altri – club blasonati come Paris Saint Germain, Juventus, Arsenal, Bayern Monaco, Milan, Atletico Madrid coinvolgendo numerosi addetti ai lavori.
“Il servizio è rivolto ad allenatori, direttori sportivi, scout, presidenti, giocatori e arbitri”, riprende Campodonico, sottolineando: “Sulla piattaforma abbiamo circa 300mila giocatori. Gran parte è sui video, analizziamo più o meno 1.000 partite a settimana”. Con base a Chiavari, in Liguria (ma ci sono anche altre due sedi, in Bulgaria e in Senegal), la società conta 80 dipendenti in Italia, 300 nel mondo, e fattura 7 milioni di euro l’anno. In merito ai prezzi del prodotto sul mercato, il ceo di Wyscout spiega: “Partiamo da 10 euro al mese che spende un giovane per studiare i campioni, fino ai 5.000 euro al mese dei grandi club, che utilizzano la piattaforma per metterla al servizio delle squadre”.
Già, perché il concetto alla base di Wyscout è quello di non offrire una serie di servizi appannaggio esclusivo delle società sportive più note. Con la stessa ottica, Campodonico, Falzetti e Saltamacchia hanno deciso di investire nei giovani. “Oggi la parola chiave è innovazione e perseguire un modello di open innovation risulta imprescindibile. Ce ne siamo resi conto in prima persona, sbattendoci la testa. Tanti ragazzi ci scrivono che vogliono fare impresa legata al calcio. Così abbiamo deciso di condividere la nostra esperienza e aprire a Chiaviari un incubatore e spazio di coworking”. Il riferimento del ceo di Wyscout è a Wylab – Sport & Tech Business incubator, “che è stato realizzato grazie a un fondo che consente di finanziare 5-6 seed l’anno”, evidenzia. L’intento, dunque, è quello di supportare il lavoro di giovani talenti per rispondere alle esigenze del mercato sia con attività di tutoring sia con aiuti finanziari, per trasformare le loro idee in imprese di successo. Il primo step prevede quattro mesi di accelerazione, uso gratuito degli spazi, tutorship e accesso alle attrezzature; la seconda fase: 12 mesi di incubazione, fino a 100k di investimento, tutorship, accesso alle attrezzature e “demo day”, il momento in cui il percorso di crescita di una startup si concretizza. “Nel corso del primo pitch, su 60 idee che ci hanno sottoposto, ne abbiamo selezionate una decina adesso in fase di approfondimento”, riprende Campodonico, che insiste: “Oggi l’incidenza del sistema paese, per un’impresa che sta nascendo, non è rilevante. Ciò che conta è il connubio tra idea e business. Ed è fondamentale conoscere l’inglese”.