La nascita di un corporate venture capital, il lancio a settembre di una piattaforma di crowdfunding e l’apertura a startupper internazionali: sono le principali novità per il 2014 di Working Capital, acceleratore di startup di Telecom Italia, che ieri 27 marzo, con l’Opening WCap 2014, ha aperto la nuova edizione del programma di accelerazione rivolto a startup innovative pronte a lanciare progetti in ambito Internet, digital life, mobile evolution e green. Una giornata all’insegna del talento, dell’imprenditorialità e della passione per l’innovazione, con ospiti provenienti dal mondo dell’industria, della politica e della pubblica amministrazione tra cui la presidente della Camera Laura Boldrini. In particolare è stata aperta la Call for Ideas che ha dato l’avvio alla selezione delle startup destinate a ricevere i grant da 25mila euro ciascuno ed accedere al programma di accelerazione di quest’anno. Alcune tra le migliori startup che hanno partecipato al programma nelle edizioni precedenti hanno poi raccontato le loro storie. EconomyUp ha intervistato Salvo Mizzi, responsabile del Working Capital Accelerator di Telecom Italia, per capire meglio quali nuove opportunità potranno ricavarne gli aspiranti startupper.
Tante novità per l’edizione di questo anno di Working Capital. Ce le spiega in dettaglio?
La prima riguarda Seed, il nuovo corporate venture capital: abbiamo già impegnato 4 milioni e mezzo di euro, che saranno la base sulla quale costruire un fondo eventualmente anche con altri partner. Il nostro mandato è quello di portarlo da 4 a 9 milioni di euro, trovando per esempio un grande partner istituzionale: soldi da investire nella fase di seed con tagli da 100 a 500mila euro per le startup che decideremo di accompagnare nel periodo di crescita più avanzata.
Quali tempistiche?
Siamo già partiti. Stiamo valutando 5 o 6 dossier per fare subito investimenti che rientrino nell’anno fiscale 2014.Questa catena di seed è di grandissima urgenza perché incubatori, acceleratori e simili nascondono un rischio: che non ci siano risorse per coprire la fase successiva. Tutte le volte che non riusciamo a farlo in qualche modo veniamo meno a una promessa, perché stiamo testimoniando e sostenendo l’innovazione, ma l’innovazione senza risorse non va da nessuna parte.
Chi sarà il responsabile di questo progetto?
La nuova struttura sarà gestita da Luca Casaburra che viene da Finanza Strategica di Telecom Italia e che gestirà la parte di seed e di venture. Poi c’è una parte di laboratorio di Big Data, gestita da un talento interno di TI, Mariano Tredicini.
Perché Big Data?
Perché buona parte delle startup che abbiamo scoperto e supportato in questi anni – il caso più clamoroso è Ecce Customer di Cosimo Palmisano – sono in ambito Big Data.
Come deciderete su quali realtà finanziarie investire il corporate venture capital?
È iniziata la raccolta di tutti i progetti. Lo scorso anno ne abbiamo ricevuti oltre 2000. Dopo la selezione, 40 startup andranno a vivere nei nostri acceleratori fornite del grant da 25mila euro ciascuna e del percorso di accelerazione che durerà 4 mesi. All’interno di queste 40 è presumibile che troveremo i campioni su cui investire tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo.
L’altro nuovo progetto è una piattaforma di crowdfunding targata Working Capital. Come funzionerà?
Sarà una piattaforma di equity crowdfunding (a chi contribuisce al finanziamento di un’iniziativa viene offerta la possibilità di ottenere in cambio quote di capitale della società su cui ha investito, ndr) e partirà da settembre. Siamo la prima large corporation a integrare tutti questi strumenti. Il crowdfunding è un tema di innovazione vera che sta dilagando nel mondo e noi abbiamo scelto di farlo perché crediamo che sia uno stimolo per i soggetti che vogliono accompagnarci in quest’opera di investimento. Sul sito di WCap verranno lanciate campagne ad hoc sui progetti per i quali noi riteniamo sia il caso di scommettere tutti insieme.
Ma siete convinti delle regole dell’equity crowdfunding?
Il regolamento attuale ha bisogno di essere un po’ alleggerito. Tutti gli operatori, sia quelli come noi all’interno di corporation sia gli operatori più finanziari, concordano che in qualche modo bisogna metterci mano. Però intanto c’è e non è comune che un Paese come il nostro sia riuscito ad anticipare gli Stati Uniti nell’introduzione di uno strumento così innovativo.
Qualcuno sostiene che altri Paesi ci usano come cavia per elaborare regolamenti sull’equity evitando i nostri errori.
No, non credo che sia così. Penso che sia una bella scommessa: bisogna provarci fino in fondo.
Altra novità: quest’anno la call per i 40 grant sarà internazionale. Come vi organizzerete?
Utilizzeremo lo strumento dello Startup Visa, introdotto per legge attraverso il Destinazione Italia (il ddl n 1299 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n.145, recante interventi per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, ndr) per attrarre non solo investitori ma anche innovatori da tutti i Paesi del mondo. All’articolo 5, infatti, prevede “Misure per favorire l’internazionalizzazione delle imprese ed in materia di facilitazione dell’ingresso e del soggiorno in Italia per startup innovative, ricerca e studio”. In pratica gli startupper stranieri potranno ottenere facilmente i visti. È la prima volta in Italia che si fa un’operazione del genere e ci si garantisce la possibilità di attrarre lavoratori altamente qualificati. E noi, che stiamo dialogando e collaborando con il Mise, saremo i primi a testare lo StartupVisa.
Quanto vi stanno aiutando le leggi emanate di recente, come questa o come la normativa per le agevolazioni fiscali a chi investe in startup innovative?
Noi non siamo un incubatore certificato ma lo saremo presto. Potremmo sicuramente trarre vantaggio dal Decreto Sviluppo, ma il punto chiave è la possibilità di agire sul tessuto dell’innovazione utilizzando leve diverse. Quindi noi riconosciamo e giudichiamo in maniera molto positiva il lavoro fatto dal Mise da 2 anni a questa parte. Adesso la grande sfida sarà riportare i grandi investimenti internazionali verso l’Italia.