Sono qui al Web Summit 2016 di Lisbona come senior advisor di LVenture Group. La prima cosa che mi ha colpito è l’aver saputo come questa mega-conferenza si è spostata da Dublino alla capitale del Portogallo. Sembra che il fondatore Paddy Cosgrave già da un paio d’anni stesse discutendo con il governo irlandese per farsi dare più risorse e nel frattempo avesse iniziato a girare tutta Europa per capire dove portare Web Summit. Da quel che si dice, è passato anche in Italia.
Guardiamo ai numeri di quest’edizione: oltre 50mila persone, che sono importanti anche sotto il profilo turistico, perché calcolando una media di 1000 euro a persona spese corrispondono a un incasso di 50 milioni. Poi c’è l’aspetto soft, non tangibile: un piccolo Paese che organizza un evento del genere si mette sotto la luce dei riflettori e fa capire che capacità ha di essere un polo di innovazione. Pensiamo all’impatto che ha sulla Spagna l’organizzazione del Mobile World Congress. A questo punto mi chiedo: perché l’Italia – magari con una città come Milano – non ha colto quest’occasione visto che il fondatore di Web Summit è passato – pare – anche da noi?
Ma veniamo all’evento in sé. È la prima volta che seguo il Web Summit, anche se ho partecipato a numerose conferenze internazionali e una, ScaleIT, l’ho anche ideata. Mi ha subito fatto una buona impressione l’incontro pre-conferenza Venture, il giorno prima dell’inaugurazione, dedicato solo agli investitori. I contenuti non sono stati così scoppiettanti ma il fatto di aver riunito circa 500 persone che si occupano di investimenti nello stesso ambiente è una splendida occasione di networking che, indirettamente, è utile per la crescita di tutti gli ecosistemi. E mi fa piacere che ci sia stata, e ci sia, una buona presenza dell’Italia anche per quanto riguarda gli investitori. Ci sono alcuni dei nomi più importanti del venture capital del nostro Paese.
Non so fino a che punto il Web Summit sia uno strumento utile per le startup. Se fossi un imprenditore non so quanto punterei su questo evento come strumento per farmi conoscere. Le startup sono troppe, c’è troppa gente ed è difficile attrarre l’attenzione.
Mi hanno colpito invece positivamente i contenuti delle conferenze. Fuori dai denti, non si tratta delle solite chiacchiere. In particolare sono stato stimolato da una conferenza sull’intelligenza artificiale applicata ai robot. Si parlava di come si potranno creare robot più intelligenti degli umani. È una riflessione molto profonda. Noi tutti operiamo nel settore delle tecnologie. E tutti, o quasi, siamo convinti che la tecnologia possa migliorare la qualità della vita. Ma quando si pensa a cosa potrà diventare la robotica e quanti lavori potranno essere sostituiti, compresi alcuni di quelli creativi, i dubbi e le inquietudini che sorgono sono numerosi.
In genere, bot e intelligenza artificiale mi sembrano anche il tema più pervasivo di tutto il Web Summit. Questi temi, ovviamente, vengono poi declinati in vario modo. E uno degli argomenti più caldi legati all’artificial intelligence è naturalmente la driverless car. Uno dei punti interrogativi del prossimo futuro è capire come funzionerà l’interazione tra i grandi player hi tech e i car manufacturer: qui se ne discute molto, e ci sono anche molte delle aziende protagoniste del mercato. Interessante sentire che molti prevedono che ci sarà sempre più bisogno di ingegneri dell’automotive, diversi dagli ingegneri meccanici e molto più esperti di software. In questo caso, si dice, alle grandi compagnie servirà molto acqui-hiring. È un’opportunità per le startup, anche in un Paese come il nostro, che ha una tradizione industriale forte in questo settore e che può dire la sua.
N.B. il testo è stato scritto e inviato alla redazione di EconomyUp prima della proclamazione del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. È per questo che non c’è nessun accenno alla vittoria di Donald Trump, evento che probabilmente condiziona i dibattiti anche durante il Web Summit.
*Lorenzo Franchini è senior advisor di LVenture Group e founder di ScaleIT