La storia

Watly, la startup che vuole risolvere il problema dell’acqua nel mondo

Fondata nel 2013 da Marco Attisani, ha realizzato un sistema termodinamico che fornisce acqua, energia e connettività alle comunità più povere del pianeta. Ha lanciato una campagna su Indiegogo ma «non sta andando bene: il crowdfunding è diventato un ecommerce, la gente non dona senza ricevere nulla in cambio»

Pubblicato il 26 Apr 2016

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Marco Attisani, founder di Watly

“Nel mondo un miliardo di persone non ha accesso all’acqua. Strano visto che il nostro pianeta è composto al 70% d’acqua. Ogni giorno 5mila persone muoiono a causa dell’acqua contaminata. Com’è possibile che nessuno abbia fatto nulla finora? E come si fa a non porsi delle domande?”. Marco Attisani le domande se le è fatte. E si è dato anche delle risposte passando dalla teoria alla pratica: Attisani, infatti, è il founder di Watly, startup che ha ideato un computer termodinamico che fornisce contemporaneamente acqua, energia e connettività alle comunità più povere del pianeta. La macchina Watly, utilizzando l’energia solare, infatti, può purificare fino a 500 litri d’acqua al giorno. Un progetto per il quale l’imprenditore ha lanciato una campagna di crowdfunding su Indiegogo per consentire ai suoi sostenitori di diventare parte integrante di un sogno ambizioso: risolvere i problemi relativi alla scarsità di acqua, energia e connettività. “L’obiettivo è raggiungere 75mila euro, ma siamo ancora lontani dalla meta: purtroppo il crowdfunding sta diventando un ecommerce, si fa una donazione per avere qualcosa in cambio non solo per partecipare alla realizzazione di un progetto, per quanto nobile possa essere” dice Attisani. “Poco tempo fa una giacca con tasche multiuso ha raccolto in corwdfunding 10 milioni di dollari. Noi stentiamo ad arrivare ai 10 mila euro” continua. La campagna, lanciata il 7 aprile e che terminerà a fine mese, prevede per i donatori più generosi la possibilità di unirsi al team di Watly in Africa e partecipare al documentario di Discovery Channel che seguirà il processo di messa in funzione della tecnologia.

Forse, però, per capire il significato di Watly è bene affidarsi più alla coscienza e alla sensibilità di ciascuno piuttosto che a quello che può venire in cambio dal crowdfunding. “Qui non si tratta di diventare ricchi, ma di provare a cambiare il mondo” dice Attisani. Una sensibilità, la sua, che deriva dalla sua infanzia particolare. Figlio di un domatore di leoni del circo Orfei e di una veterinaria brasiliana, da piccolo viene abbandonato in un orfanotrofio. A 11 anni viene adottato da una coppia milanese e inizia il suo riscatto nella vita. Si laurea in economia, consegue un master, inizia a lavorare prima per Deloitte, poi per una multinazionale americana e per un’azienda israeliana, viaggia tra Parigi e Madrid, fonda startup, si avvicina al mondo delle energie rinnovabili.

A 41 anni, in Spagna, inizia a pensare al progetto di Watly: “L’idea è nata dalla volontà di trovare una soluzione ad alcuni dei fondamentali bisogni umani: l’accesso all’acqua

Il sistema realizzato da Watly

potabile e ai servizi igienici, la disponibilità di energia elettrica e della connettività. La missione della startup è quella di migliorare la qualità di vita della persone in tutto il mondo” dice Attisani. “La macchina Watly si prefigge di fornire i tre pilastri base per favorire il progresso dei popoli. Una singola Watly è una macchina a sé stante, ma due o più macchine Watly possono diventare una rete auto-alimentata, auto-sostenuta e multifunzionale. Un numero crescente di moduli Watly presenti in tutto il mondo contribuirà a formare ‘Energynet’, la smart-grid globale in cui l’acqua e l’elettricità si combinano con le tecnologie dell’informazione”.

La risposta alla scarsità di acqua nel mondo, dunque, potrà arrivare anche da una macchina capace di funzionare in completa autonomia sfruttando l’energia solare che le consente nel contempo di generare elettricità – sfruttabile tramite prese elettriche – e di connettersi in rete con gli altri dispositivi simili creando una rete di scambio informativo.

Un progetto nel quale l’imprenditore investe tutti i risparmi e nel 2013 fonda la startup: si uniscono a lui Stefano Buiani che segue la parte tecnologica, e Matteo Squizzato, allora studente dell’Università di Udine. In due anni e mezzo, Watly diventa un prototipo funzionante, una macchina capace di purificare acqua contaminata di qualunque tipo (marina, inquinata o addirittura radioattiva) senza utilizzare filtri o membrane.

Una startup che vince numerose competition: Startup Bootcamp, European Pioneers, il Premio Corporate Gaetano Marzotto, il premio Horizon 2020 e un finanziamento dall’Unione Europea di circa 2 milioni di euro con il quale è stato costruito il modello pre-industriale Watly 2.0.

La raccolta fondi servirà alla produzione di Watly 3.0, il primo modello operativo che, combinando le tre funzionalità chiave di acqua, energia e connettività, è in grado di produrre risorse di prima necessità per 3mila persone ogni giorno per almeno 15 anni. A seguito del successo del prototipo precedente, dove gli abitanti del villaggio di Abenta in Ghana hanno potuto bere l’acqua potabile prodotta dalla macchina, Watly sta attualmente costruendo la versione definitiva (40 metri di lunghezza per 15 tonnellate di peso) che nei suoi 15 anni di servizio può ridurre la quantità di emissioni di gas serra fino a mille tonnellate, pari a 2.500 barili di petrolio.

“Il nostro obiettivo è migliorare lo standard di vita per il maggior numero di gente bisognosa nel mondo. A differenze della donazioni, che hanno un carattere per lo più estemporaneo, la nostra vuole essere una soluzione definitiva ai problemi che affliggono le comunità più deboli” conclude Attisani.

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