Vuoi acquistare una startup? Lo puoi fare solo se i suoi criteri corrispondono al test dello spazzolino. Il suggerimento, che solo a primo vista può apparire bizzarro, è stato lanciato da Larry Page, co-founder di Google. In pratica, dice lui, prima di procedere a un’acquisizione bisogna chiedersi: “È qualcosa che userai una o due volte al giorno e che renderà la tua vita migliore?”. Proprio come lo spazzolino. Se la risposta è sì, è fatta.
Una mossa che è stata letta da alcuni analisti come l’addio ai tradizionali criteri per valutare un gruppo, quali ricavi e vendite. Mountain View – scrive il New York Times – mostrerebbe in questo modo di prediligere l’utilità alla redditività, il potenziale sul lungo termine rispetto che alla crescita nel breve periodo. Un’analisi probabilmente azzardata, perché la redditività resta essenziale per qualsiasi azienda. Ma resta comunque un suggerimento significativo.
Inoltre il test dello spazzolino lanciato da Page mette in luce un altro grande cambiamento: i gruppi della Silicon Valley stanno sempre più diventando autonomi dalla banche di investimento in tema di acquisizioni e fusioni. Gli esempi sono moltissimi. Google, Facebook e Cisco puntano sempre più su team interni per stabilire gli obiettivi, condurre due diligence e stabilire i termini degli accordi, lasciando Wall Street fuori dalla porta.
“Larry guarderà ai potenziali accordi nelle prime fasi – ha detto al New York Times, Donald Harrison vicepresidente dello sviluppo aziendale di Google – le banche possono essere utili, ma non sono il punto centrale della discussione”. La tendenza a lasciare fuori dalla questione Wall Street sta crescendo in modo rapido.
Nel 2014 il 69% delle acquisizioni tecnologiche in America (per un valore di 100 milioni di dollari) hanno fatto a meno delle banche. Solo dieci anni fa il numero era del 27%, secondo i dati di Dealogic citati dal quotidiano di New York. Alcuni esempi? Quando Apple ha comprato per 3 miliardi di dollari Beats Electronics non ha voluto alcun aiuto da parte di professionisti di banche. La stessa cosa ha fatto Facebook quando a marzo ha acquisito Oculus per 2,3 miliardi di dollari. E ancora Google nel 2013 per portarsi a casa (con 1 miliardo di dollari) Waze non ha voluto alcuna intermediazione da parte di Wall Street. Il risultato finale è che nessuna banca si è presa parcella.
Il tutto avviene mentre le acquisizioni dei gruppi tecnologici stanno vivendo un boom. Più di 100 miliardi di dollari in accordi sono stati annunciati nel 2014, un numero che non si vedeva dal 2000, sempre secondo i dati Dealogic. Ma quali sono i motivi di questo scollamento? Secondo i grandi guru della Silicon Valley gli analisti delle banche non sanno cosa i gruppi tech cercano e vogliono veramente.