Il venture capital in Italia cresce con il vantaggio di operare in un mercato dell’innovazione e delle startup ancora piccolo e relativamente isolato rispetto al resto del mondo, come hanno rilevato tutti gli intervenuti alla presentazione del Rapporto di ricerca 2022 del Venture Capital Monitor – VeM, realizzato dall’Osservatorio attivo presso Liuc Business School con il supporto istituzionale di CDP Venture Capital SGR e IBAN.
Sappiamo già che il 2022 è stato l’anno del grande balzo, con il superamento della soglia psicologica di 2 miliardi di investimenti e sappiamo già che CDP Venture Capital, il Fondo Nazionale Innovazione alla cui opera è dovuta parte significativa del risultato, entro il prossimo anno conta di passare da 1,8 miliardi di capitali gestiti a 5,3 con un ulteriore boost per tutto l’ecosistema. L’analisi proposta da Aifi con il VeM entra nei dettagli, permettendo di comprendere alcune dinamiche dei flussi di investimenti, punti di forza e di debolezza della filiera.
Venture capital in Italia, 370 operazioni nel 2022
Il 2022 si è chiuso con 370 operazioni (initial e follow on); erano 317 lo scorso anno (+17%). Se si guarda solo ai nuovi investimenti, initial, questi sono stati 310 rispetto ai 285 del 2021. Per quanto riguarda l’ammontare investito sia da operatori domestici che esteri in startup italiane, il valore si attesta poco meno di 1,9 miliardi di euro distribuiti su 349 round, in aumento rispetto ai 992 milioni per 291 operazioni del 2021.
Al contrario, diminuisce l’ammontare investito in realtà estere fondate da imprenditori italiani che passa da 919 milioni a 302 milioni di euro e da 26 a 21 operazioni. Sommando queste due componenti, il totale complessivo si attesta a 2,2 miliardi di euro (erano 1,9 miliardi nel 2021).
I trend e il ruolo delle corporate
Circa un quarto degli investimenti arriva dal Corporate Venture Capital, ma con un calo di sei punti percentuali rispetto al 2021. Un dato che bisognerebbe analizzare nel dettaglio, visto che nel frattempo le aziende che hanno fatto questa scelta di investimento sono aumentate ma alcuni fondi sono stati solo annunciati e non hanno ancora messo nulla in portafoglio. Si potrebbe però ipotizzare un rallentamento dei fondi esistenti da più tempo, così come una riduzione della taglia media delle operazioni.
La discesa degli investimenti sulle società estere fondate da italiane è un segnale del grande freddo del venture capital a livello internazionale che finora si è sentito poco in Italia, proprio perché il mercato è indietro, piccolo e relativamente marginale. Ma potrebbe essere solo questione di tempo e già quest’anno si potrebbero sentire gli effetti anche in Italia.
Difficile dirlo, anche perché, osserva correttamente il direttore generale di AIFI Anna Gervasoni, il mercato è talmente piccolo ancora che bastano pochi round importanti per qualche scaleup a cambiare l’andamento generale. Abbiamo ancora molti mesi davanti per vederlo, anche perché non mancano le startup rpnte a scalare e ad attirare investimenti da decine di milioni.
“A livello settoriale notiamo ancora un grande focus sul comparto dell’ICT”. Afferma Anna Gervasoni, professoressa Liuc-Università Cattaneo, “Una novità interessante riguarda la distribuzione geografica degli investimenti: oltre alla consueta concentrazione delle operazioni nell’area del Nord Ovest, nel 2022 si assiste a una copertura nazionale degli investimenti, segno della sempre maggiore presenza e capillarità degli investitori sul nostro territorio”.
Che cosa serve adesso per il venture capital in Italia
“Abbiamo compreso il ruolo fondamentale dell’innovazione per la crescita del Paese, serve ora moltiplicare il numero gestori di fondi domestici. Oggi sono circa 40 rispetto a una media europea di 150″, osserva Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI. “Così si potrebbe creare un motore di sviluppo sistemico che permetta a questo mercato di diventare un vero e proprio pilastro per la crescita delle imprese”.
CDP Venture Capital continuerà a giocare un ruolo fondamentale, con gli investimenti diretti e indiretti e l’effetto leva che producono, ma non può fare tutto. L’augurio è che il 2023 sia l’anno della discesa in campo dei grandi investitori istituzionali, dai fondi pensione alle assicurazioni e alle fondazioni, che con una piccola percentuale delle loro disponibilità potrebbero cambiare lo scenario del venture capital in Italia.