Correva l’anno 1994, e mentre in America Mark Zuckerberg andava ancora alle elementari e Apple rivoluzionava i suoi Macintosh adottando come processore il PowerPc, in Italia arrivavano i primi telefonini ETACS e i primissimi collegamenti internet pubblici. E a Roma tre studenti di Fisica e uno di Economia si lanciarono in un progetto pionieristico: trasformare il web in business quando ancora quasi nessuno sapeva che cosa fosse internet (la cui tecnologia era stata aperta al pubblico dal CERN solo l’anno prima) creando un’agenzia di viaggi online. Nacque così Venere.com, brand che dal 2008 fa parte del gruppo Expedia e che entro fine anno sparirà completamente.
L’idea dei fondatori Matteo Fago, Marco Bellacci e Renata Sarno (i tre fisici) e Gianandrea Strekelj (l’economista, coinvolto in un secondo tempo) nacque all’interno di un gruppo di lavoro impegnato nella realizzazione, all’interno dei laboratori della Sapienza, del prototipo del computer all’epoca più veloce del mondo. E proprio durante le loro ricerche i tre giovani scoprirono lo sconosciuto WWW: “In Italia – spiegherà anni dopo Fago a EconomyUp.it – il fenomeno era ancora agli albori, noi riuscimmo a coglierne le potenzialità. Devo ammetterlo, ci siamo trovati al posto giusto nel momento giusto. Ma abbiamo anche saputo capire che il web era in grado di creare impresa”. E i tre amici la crearono pensando “a qualcosa che fosse presente in abbondanza in Italia e quindi potesse essere facilmente venduta agli stranieri, americani in particolare, senza la necessità di essere fisicamente spedita. Perciò decidemmo: venderemo turismo”.
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Così i tre coinvolsero anche Strekelj, tornato in Italia dopo un lungo periodo di lavoro a Londra, e crearono la loro startup: un milione a testa come capitale, ottenuto
chiedendo un prestito ai genitori; la sede in uno sgabuzzino in prestito all’interno del cinema Politecnico di Roma, l’acquisto del primo server di Venere.com e tanta voglia di crescere. Nel 1995 i primi piccoli successi: “Gli albergatori romani – ricorda Fago – ci hanno dato credito, da subito ricevevamo prenotazioni online”. E poi, l’allargamento agli hotel di Firenze e a quelli di Venezia, attratti da quella novità che consentiva di trovare clienti a basso costo, risparmiando milioni rispetto alle spese necessarie per dotarsi del sistema di prenotazione in uso alle compagnie aeree il Crs, unico strumento “online” allora disponibile. “Però – ammette il founder di Venere.com – non è stato facile. All’epoca non esistevano i venture capitalist e abbiamo dovuto fare tutto da soli. Ma siamo riusciti a mantenerci in vita fino al 2000”. L’anno della svolta, quando nella compagine societaria entrò il fondo Kiwi 2 di Elserino Piol, portando nuovi investimenti per crescere anche fuori dai confini italiani nonostante un enorme errore di fondo: il business plan prevedeva infatti di realizzare i guadagni vendendo banner pubblicitari sul sito, mentre il boom arrivò con le prenotazioni alberghiere. Con una crescita così rapida da far trasformare già nel 2001 la startup in una società per azioni, con l’apertura di nuove sedi a Londra e Parigi.
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Nel 2002 una nuova intuizione: l’introduzione del feedback sul modello già sperimentato da Amazon per i libri, cioè la recensione degli alberghi da parte dei clienti che avevano prenotato attraverso il sito. E una nuova crescita: nel 2003 Venere.com raggiunge 10mila hotel, nel 2004 lo sbarco a New York, nel 2006 gli alberghi arrivano a quota 16mila. E mentre Kiwi II (che aveva il 33% del capitale) esce da Venere, contestualmente arriva il fondo di private equity Advent International, che acquisisce il 60% della società. Ancora due anni e per i quattro fondatori arriva il momento dell’exit: Expedia, colosso americano del turismo online, acquisisce il 100% delle azioni (per una quota mai resa pubblica, ma che all’epoca, sulla stampa specializzata, si diceva essere di circa 200 milioni di euro).
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“Volevamo monetizzare – ammetterà il fondatore in un’intervista del 2013 a EconomyUp.it – e le proposte che ci erano state fatte erano interessanti. Inoltre, partiti in maniera ‘casalinga’, avevamo già intrapreso un percorso notevole ma ci era difficile gestire un progetto ancora più grande. Non ci interessava diventare come Apple. Ma posso dirmi soddisfatto perché Venere.com è un’impresa che, nell’ambito del gruppo Expedia, ancora esiste e dà lavoro”. Almeno fino a fine anno. Perché la verità è che finché Venere.com ha mantenuto il controllo sugli hotel le cose sono andate abbastanza bene. Poi è iniziato un processo di assorbimento di Venere all’interno di Expedia, e da lì una serie di passaggi che hanno portato alla fine della pioniera delle startup, facendo sparire entro la fine dell’anno il brand che ha segnato un’epoca.