Regole

Uber fuori dalla legge sulla sharing economy (e Uber Pop resta illegale)

Il Viminale rassicura i tassisti sulla sospensione dell’app per scambiarsi passaggi: «Contrastiamo chi utilizza un mezzo privato per svolgere un servizio pubblico». E Stefano Quintarelli, tra i firmatari della proposta per regolamentare l’economia della condivisione, specifica che non riguarderà il colosso californiano

Pubblicato il 05 Mag 2016

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Il Viminale conferma la linea dura nei confronti di Uber Pop, il servizio di Uber per scambiarsi passaggi in macchina tra automobilisti dietro rimborso spese per il guidatore, che era già stato sospeso a giugno 2015.

“La linea già stabilita da diverse Prefetture di contrastare in maniera chiara chi utilizza un mezzo privato per svolgere un servizio pubblico non autorizzato – si legge in una nota – resta pienamente confermata. Non esiste nessuna circolare Alfano che consentirebbe di non sanzionare il servizio Uber Pop”.

La nota è stata diffusa in risposta alle proteste di alcuni tassisti a Milano su una circolare interpretativa del Ministero che, a loro parere, avrebbe bloccato le sanzioni emesse dalla Polizia Locale nei confronti di Uber Pop.

Ma il ministero dell’Interno si è premurato di smentire l’esistenza di una circolare con questi contenuti. “Semmai – prosegue la nota – ne esiste una del Dipartimento di pubblica sicurezza (inviata l’11 marzo 2016 ai dirigenti dei compartimenti della Stradale), che sottolinea l’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 82 del Codice della Strada confermata dal Consiglio di Stato, laddove venga accertato l’utilizzo del veicolo per una destinazione o uso diversi da quelli indicati sulla carta di circolazione, nei confronti del conducente del veicolo, utilizzato per trasporto di persone ed effettuato attraverso nuove forme di organizzazione e gestione telematica Uber e Uber Pop”. Insomma, Uber Pop resta illegale. E la multa per chi non rispetta le disposizioni di legge può arrivare a 335 euro. Per approfondire l’argomento clicca qui.

Anche l’assessore alla Sicurezza e Coesione sociale del Comune di Milano, Marco Granelli, ha ribadito, dal suo profilo Facebook, che “il Comune di Milano e la Polizia Locale di Milano continuano a sanzionare Uber Pop perché il Tribunale di Milano ci ha dato ragione con diverse sentenze e quindi procediamo. La nota del Ministero – prosegue Granelli -, non indirizzata ai Comuni, commenta una sentenza del Consiglio di Stato che chiede maggiore chiarezza normativa, ma non dice che le sanzioni sono nulle. Questo – conclude – è il risultato di un incontro interno del Comune di Milano che ha individuato anche indicazioni operative per ufficiali e agenti di Polizia Locale confermando che devono sanzionare. Quindi il problema non esiste”.

Uber Pop era stato sospeso a giugno dell’anno scorso. Un giudice di Milano aveva rigettato la richiesta di sospensiva di un’ordinanza presentata da Uber pochi giorni prima. Il colosso di San Francisco aveva presentato la richiesta dopo che, il 26 maggio, era scattato il provvedimento di inibitoria del servizio Uber Pop per “concorrenza sleale nei confronti dei taxi”.

Qui i motivi della sospensione di Uber Pop

Nel nostro Paese, così come in altri dove la sartup miliardaria guidata da Travis Kalanick sta provando ad affermarsi, la questione Uber è ancora foriera di conflitto. Oltre alla stessa Uber, gli attori in campo sono almeno quattro. Ci sono i tassisti, che hanno più volte inscenato proteste, in qualche caso anche violente, contro il tanto temuto concorrente e i suoi dirigenti locali, ma nel frattempo si sono attrezzati tecnologicamente sviluppando una propria app per chiamare le auto bianche da smartphone. Ci sono i magistrati, che hanno provveduto a bocciare prima Uber Pop, poi il “classico” UberBlack. Un terzo attore sono le Autorità (quella per la Concorrenza e quella per i Trasporti) che hanno più volte espresso il loro sostanziale via libera all’attività di Uber, chiedendo al governo l’introduzione di norme in materia. E c’è il governo che fino a questo momento non ha ancora avviato azioni concrete per sciogliere il nodo delle regole.

Qui tutte le tappe della Uberstory

In questo scenario avrebbe potuto inserirsi il parlamento. È partito il 4 maggio l’iter legislativo sulla proposta di legge “Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione“, più nota come proposta di legge sulla sharing economy. In un primo momento qualcuno aveva ipotizzato che il testo avrebbe contribuito a regolamentare anche una realtà come Uber, alla quale spesso si fa riferimento come esempio di sharing economy. In realtà diversi esperti contestano questa classificazione e preferiscono far rientrare la startup californiana tra i servizi on demand. In ogni caso la legge non si occuperà di Uber. L’ha confermato Stefano Quintarelli, deputato del Gruppo Misto e tra i firmatari della proposta di legge, come è possibile leggere in questo articolo sulla sharing economy.

“La nostra legge – ha detto Quintarelli – non riguarda Uber, poiché si occupa solo degli operatori privati occasionali (né si occupa di Uber Pop, perché è già illegale in Italia). Uber normale è invece servizio tra professionisti. Noi definiamo operatore occasionale chi ricava oltre 10 mila euro l’anno da questa attività. La nostra proposta di legge non tocca insomma le professioni, che continuano a essere regolate dalle leggi, come sempre”.

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