Tommasi (Enel Lab): “Ecco come sono le startup a cui vogliamo dare 1 milione”

Il project manager dell’incubatore Enel annuncia una call per 10 nuove società cleantech e spiega quali caratteristiche devono avere per ricevere il finanziamento: “Devono saper bilanciare tecnologia e business e avere già un’esperienza di lavoro insieme”

Pubblicato il 15 Mag 2014

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Le prime sette startup ecologiche coltivate da Enel Lab hanno compiuto un anno di incubazione: è il momento del primo pilota, del test. Sono sei progetti italiani e uno spagnolo dedicati alle tecnologie pulite. Vanno dalle smart grid al public lighting: Smart-I,che ha realizzato un lampione intelligente che consuma meno energia e dà servizi ai cittadini, i-EM, che ha sviluppato un sistema di simulazione e supporto alle decisioni per l’energy management, Green Lab, che ha progettato una soluzione che consente una gestione proattiva della rete a bassa tensione, Calbatt, che ha messo a punto un sistema per massimizzare la vita delle batterie, Athonet, che ha creato una rete di traffico dati dedicata per le smart grid, Atea, che ha realizzato le turbine eoliche che generano energia dallo spostamento dei veicoli in autostrada e, dalla Spagna, Mirubee, che ha sviluppato un sistema smart per ridurre i consumi energetici in casa. A luglio verrà lanciato il nuovo bando, aperto a un massimo di dieci nuove startup, questa volta di tutto il mondo, sempre nel settore del clean tech con una particolare all’applicazione dei big data nelle energie rinnovabili. Abbiamo incontrato durante la U-Start Conference di Milano Luciano Tommasi, project manager di Enel Lab.

In estate selezionerete dieci nuovi progetti: cosa cercate in una startup?

“Quello che vogliamo sono idee chiare e imprenditori già formati. Non ci accontentiamo di un pitch, di un bel discorso sulla carta, l’azienda deve essere già incorporata e con una sua struttura. Ma non guardiamo solo alla tecnologia. L’anno scorso abbiamo selezionato 7 progetti su 250 mirando anche alle giuste personalità”.

Che caratterische deve avere il vostro startupper?

“Deve sapere chiaramente cosa e quanto gli serve, e deve capire che gli imprenditori sono e rimangono loro, non noi. E poi abbiamo bisogno che nel team ci sia il giusto bilanciamento di tecnologia e business. E che le persone abbiano già lavorato tra loro. Sembra banale ma non si possono fare startup tra persone che non si sopportano tra loro””.

Cosa prevede il vostro programma?

“A ogni startup diamo un milione di euro, 650mila euro in equity (un primo finanziamento di 250mila euro, a cui si può aggiungere dopo un anno un ulteriore finanziamento di 400mila euro, ndr), il resto in servizi, come il supporto legale, il commercialista e la location. Ci stiamo spostando da Pisa a Roma, dove stiamo valutando diversi spazi per il nostro incubatore ma non abbiamo ancora deciso”.

Cosa manca alle startup italiane?

“Niente, alle startup, agli imprenditori e ai loro progetti non manca assolutamente nulla. Bisogna capire cosa non va nell’ecosistema intorno a loro, e i problemi principali sono una burocrazia soffocante e la difficoltà di accedere ai finanziamenti”.

Perché vi siete aperti a startup di tutto il mondo?

“Enel è in 40 Paesi, ci sembrava uno sviluppo naturale cercare idee e progetti in tutti i paese che rappresentano i nostri mercati. In particolare, guardiamo con moltissima attenzione alla scena delle start up in Sud America”.

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