Andrà avanti comunque, nonostante gli stop parlamentari, l’emendamento al decreto legge Irpef contenente #StartupNOtax, la proposta di EconomyUp per ridurre la tassazione sul capital gain delle startup. Bocciato al Senato, è stato riproposto in identica forma alla Commissione Bilancio della Camera dei deputati da Antonio Palmieri (Fi) e Stefano Quintarelli (Scelta Civica). Ma anche a Montecitorio l’esito è stato lo stesso: respinto. “Era altamente improbabile che, non avendocela fatta al Senato, venisse approvato alla Camera – premette Quintarelli – ma, anche dopo questa seconda bocciatura, intendo comunque procedere sulla mia strada e presentare una mozione o un ordine del giorno al governo. Lo ritengo un provvedimento importante, che probabilmente non è stato compreso nei suoi termini strettamente tecnici da parte di chi è stato incaricato di valutarlo. Il senso della norma si può sintetizzare, a mio parere, in una frase: stiamo concimando i campi per far crescere i nostri frutti, ovvero le startup, ma ci stiamo dimenticando che occorre che funzioni il mercato ortofrutticolo”.
La proposta, lanciata da EconomyUp il 25 marzo scorso con un intervento di Pierluigi Paracchi, ceo di Medixea Capital, è diventata presto una campagna per chiedere al governo Renzi di riconsiderare l’idea di aumentare indiscretamente la tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26%, come lui stesso aveva annunciato, e di fare un’eccezione per le startup innovative.
Presentato al Senato il 13 maggio, con primo firmatario Maurizio Rossi, già in Scelta Civica per l’Italia e ora nel Gruppo Misto, l’emendamento non è passato. “Penso che, nell’aumento generale dell’imposta sul capital gain, non prevedere un’eccezione a favore delle exit da startup sia una svista con effetti gravi” dice il deputato di Scelta Civica. “Capisco che nella situazione attuale e con il clima che c’è nel Paese, si voglia andare a toccare la speculazione finanziaria, ma questo ha a che vedere con chi compra e rivende, tenendo titoli per brevi periodi di tempo. Nulla ha a che vedere – sottolinea – con le startup per cui, chi investe, fa investimenti di altissimo rischio con bassa probabilità di successo, dando fiducia a giovani imprenditori”.
Il problema, ribadisce Quintarelli, è che, se aumenterà l’imposta sul capital gain frutto di exit da startup innovative, “le aziende potranno anche nascere in Italia ma quando arriva il momento della crescita, quando il seme sta per produrre frutti, continueranno a trasferirsi all’estero, per cui l’Italia si beccherà gli oneri ma non gli onori, un po’ come i costi di preparazione universitaria nella fuga dei cervelli”.
Secondo il parlamentare la non approvazione dell’emendamento al Senato e alla Camera è stata una vera e propria “svista del governo”. “Forse non hanno capito bene di cosa stavamo parlando e, del resto, anche in Parlamento il numero delle persone che si occupano di startup è molto ridotto”. D’altra parte la proposta, sostenuta in particolare da Quintarelli, Antonio Palmieri e Paolo Coppola (Pd), ha suscitato approvazione e sostegno da parte di diversi componenti dell’Intergruppo Parlamentare Innovazione, nato a marzo e composto da una ventina di esponenti di tutti gli schieramenti.
Quintarelli è convinto che gli ostacoli al cammino dell’emendamento a StartupNoTax non derivino da questioni di copertura finanziaria. “È stato calcolato che allo Stato verrebbero a mancare solo 10,8 milioni di euro di extra tasse, stiamo parlando di spiccioli per un bilancio statale. Eppoi i funzionari che si occupano di bilancio ragionano come se la transazione avvenisse sempre e comunque, e quindi ci fosse automaticamente una perdita di gettito, invece, come spiegavo prima, c’è il rischio che, al momento dell’exit, la startup si trasferisca e non ci sia alcun gettito fiscale per lo Stato italiano”.
Gli emendamenti bocciati dalla Commissione Bilancio della Camera sono due perché, spiega Quintarelli, “le regole procedurali rendono complicato cofirmare emendamenti identici, se proposti da appartenenti a gruppi diversi”, ma assicura che sono una “fotocopia” l’uno dell’altro. E anche se non sono passati, ribadisce, il deputato si attiverà per proporre un ordine del giorno che, se approvato, impegnerà il governo a prendere una decisione in materia.