Incentivi possibili

#startupNOtax, la proposta di EconomyUp diventa un emendamento

L’intergruppo per l’innovazione, formato da vari parlamentari tra cui Quintarelli (Sc) e Palmieri (Fi), proporrà di modificare il decreto legge sulla Spending review, dove è stabilito che l’aliquota sul capital gain salga al 26%, e di introdurne una al 12,5%, cioè allo stesso livello dei rendite sui Bot

Pubblicato il 23 Apr 2014

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Stefano Quintarelli, esperto di web, senatore di Scelta Civica

La proposta di EconomyUp di ridurre la tassazione sul capital gain delle startup, ribattezzata #StartupNOtax, diventerà un emendamento al decreto legge sulla Spending review, che presto arriverà in Parlamento. Sono appena giunte infatti le prese di posizione via Twitter a sostegno della nostra iniziativa da parte di Stefano Quintarelli, deputato di Scelta Civica (che ha twittato: “Intendo presentare un emendamento in tale senso, assieme a colleghi dell’intergruppo. Stavamo preparando mozione ma abbiamo optato per emendamento”), e Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia (“Ho proposto emendamento. Aspettiamo testo governo e poi di sapere se parte da Camera”), entrambi parte dell’Intergruppo parlamentare per l’innovazione tecnologica.

L’intergruppo parlamentare è nato da un mese grazie all’idea dello stesso Quintarelli di aggregare e far lavorare insieme parlamentari dei vari schieramenti sensibili alle questioni dell’innovazione e dell’agenda digitale in Italia. Oltre a Quintarelli e Palmieri, nell’intergruppo ci sono anche Lorenza Bonaccorsi e Paolo Coppola (Partito Democratico), Irene Tinagli (Scelta Civica), Lucio Malan (Forza Italia). Quella dell’intergruppo può essere considerata l’adesione più rilevante al tema di #StartupNoTax, perché si tratta delle persone che hanno la maggiore possibilità di incidere sulle decisioni del Parlamento e del governo.

In questi ultimi giorni il supporto all’iniziativa, lanciata all’incirca un mese attraverso un post di Pierluigi Paracchi, è arrivato da tantissimi protagonisti dell’ecosistema startup e del made in Italy: Salvo Mizzi (Working Capital), Enrico Gasperini (Digital Magics), Carlo Bonomi (Assolombarda), Massimo Sideri (Corriere della Sera), Federico Barilli (Italia Startup), solo per citarne alcuni. E poco importa se alcuni hanno sostenuto questa idea prima ancora di sapere che EconomyUp ne aveva fatto un cavallo di battaglia. L’importante è che oggi, grazie allo sforzo di tutti, ci sia la concreta possibilità di evitare un aumento della tassazione sulle rendite dall’innovazione.

La prima iniziativa di #StartupNoTax prevedeva una mozione sul Def (Documento di economia e finanza) approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 8 aprile, dove tra l’altro non si parlava neanche esplicitamente di un’aliquota al 26%. Trattandosi di un documento e non di un testo di legge, solo l’approvazione di una mozione/risoluzione poteva impegnare l’esecutivo a rivedere l’intenzione di aumentare indiscriminatamente l’imposta sulle rendite finanziarie. Ora invece lo strumento a cui hanno pensato i parlamentari dell’intergruppo è quello dell’emendamento, da proporre nell’ambito di un atto legislativo a tutti gli effetti, il decreto legge sulla Spending review, quando questo sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale e passerà all’esame delle Camere per la conversione in legge.

Lo scopo dell’emendamento è di evitare che l’innalzamento delle tasse sulle rendite finanziarie (dal 20% al 26%) colpisca anche chi investe i propri capitali in innovazione o sulle startup, perché in questo modo si penalizzerebbe anche la crescita del venture capital italiano. In più, sarebbe contraddittorio rispetto alle agevolazioni fiscali introdotte dai governi precedenti Monti e Letta a favore di chi sceglie di investire in startup. La posizione di #StartupNoTax è invece che le tasse per chi investe nelle startup non solo non debbano essere alzate ma addirittura vadano abbassate, al 12,5%, cioè allo stesso livello dei rendite sui Bot. Se si individua un regime fiscale ad hoc per i titoli di Stato, non si capisce infatti perché non se ne possa varare uno specifico per le nuove imprese che rappresentano il futuro dell’economia italiana.

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