“Tutto nasce due anni fa: stavo cercando di capire come sviluppare in Italia un modello di acceleratore verticale che avesse un respiro internazionale, cercavo di creare un acceleratore con un saldo posizionamento internazionale. Ed ecco Startupbootcamp” ricorda Peter Kruger fra una tirata al sigaro, una telefonata e un rapido scambio di intesa con Davide Umilio, operation manager, e Gianmarco Fratangeli, marketing manager, i due ragazzi che dividono la stanza con lui. Lui, Peter, è Ceo e fondatore di Startupbootcamp Foodtech, il primo acceleratore globale del Food Tech con sede a Roma, che ha da poco lanciato la sua prima call per selezionare le dieci startup da ospitare e accelerare nel complesso a poche decine di metri dalla Basilica di San Giovanni. “Siamo su un piano di un grandissimo palazzo che ospita diverse startup e attività. I lavori per sistemare Startupbootcamp non sono ancora finiti, ma contiamo di essere pronti per l’estate” spiega Kruger aprendo porte che danno su pareti multicolor. Siamo nei locali di Spazio M3, l’hub creato da Matteo Fago, l’imprenditore-investitore-editore che qui ha anche le sue testate Left e Il Test e la società editrice L’Asino d’oro. Da un corridoio all’altro decine di porte si aprono su altrettante startup, come Mperience, produttrice di vvvvid, una tv on-line partecipativa, o Atomicmedia che con Viravox ha inaugurato la stagione dei marketplace per le campagne su Twitter. Già aprile 2015 EconomyUp aveva aveva anticipato che Matteo Fago, uno dei primi startupper italiani di successo ed ex editore de L’Unità, aveva aperto un suo incubatore, che al momento funzionava come spazio di co-working, nel quartiere San Giovanni a Roma e che erano in corso trattative per partnership con importanti soggetti impegnati in programmi di accelerazione.
►Apre a Roma l’incubatore di startup dell’ex editore de L’Unità
Molto probabilmente sarà nell’ala dell’edificio dedicata a Startupbootcamp, che dal 20 al 22 ottobre si terranno i selection days per incoronare i vincitori della call. “La nostra è una call globale che cerca di portare a Roma le startup più interessanti nel Food Tech. – spiega Kruger – Startupbootcamp nasce in Europa per investire laddove i Paesi membri sono in grado di esprimere una domanda di innovazione qualificata. E il settore del Food è perfetto per l’Italia”. Cosa si intenda per Food Tech è un discorso molto ampio: “Qualsiasi tecnologia che entra nel ciclo di vita del prodotto alimentare, nella filiera che va dal seme piantato in terra a quello che finisce nel nostro intestino. Anzi, forse anche dopo che non è più nel nostro intestino” dice Kruger. Nella sezione del sito di Startupbootcamp dedicata al Food Tech c’è uno schema a sintetizzare di cosa si stia parlando: una spiga di grano che genera salute, cucina, ristoranti, agricoltura, vendita al dettaglio e riciclo. “Il capitale e avere partner industriali che investendo validano il prodotto sono due requisiti essenziali. Da un lato ci sono moltissime aziende che vedono, annusano le possibilità di investimenti ma sono un po’ lente nel fare innovazione. Dall’altro ci sono un sacco di team che hanno queste competenze e un disperato bisogno di incontrare queste aziende. Qui entriamo noi” continua Kruger.
La call aperta il 12 maggio scorso si chiuderà il prossimo 19 settembre e dopo un mese saranno selezionate le 10 startup. A loro spetteranno tre mesi di accelerazione negli spazi romani, 15mila euro iniziali e altri 400mila in partner service più altri sei mesi di lavoro negli spazi liberi dell’acceleratore per aiutare il ricollocamento. In cambio Startupbootcamp riceve il 6% di equity per ogni startup: “Noi non vogliamo insegnare ai team come fare il loro lavoro, sanno meglio di noi cosa stanno facendo. Piuttosto gli diamo supporto per sviluppare il piano di business, trovare investitori ecc. Il vero scopo è accelerare il processo di crescita delle nostre startup. Per chiudere un seed ci vogliono in media dai 18 ai 24 mesi. Il nostro obiettivo è portarle a sei mesi”.
Come Economyup ha già scritto, Startupbootcamp Foodtech di Roma ha grossi nomi alle spalle, sia per quanto riguarda i mentor e i coach che per gli investimenti, avendo imbarcato importanti aziende del settore del Food, dal Gambero Rosso all’olio Monini. Ma il fundraising non è finito: “Puntiamo ai due milioni di dollari per i primi tre anni di vita. – annuncia Kruger – Devo comunque dire che ci ha stupito la risposta degli investitori sia in Italia che all’estero. Ci stanno chiamando multinazionali e companies un po’ da tutto il mondo, è una risposta fantastica”. Sarà contenta la casa madre di Startupbootcamp che dal suo ufficio di Londra controlla le filiali mondiali, lasciate libere di crescere e svilupparsi ma sempre all’interno dei loro format comuni, che adesso hanno messo piede anche in Italia.