Di cosa parliamo quando parliamo di startup? Non tutti hanno ancora le idee chiare. A cominciare dal modo in cui si scrive. Startup, tutto attaccato, sembra la versione ormai più usata a livello internazionale. Ma resistono ancora “start up” o “start-up”. Anche se qui su EconomyUp sono state “messe al bando” da qualche anno. È opinione comune, tra i non addetti ai lavori, che il termine identifichi qualunque impresa oppure nata, oppue la fase di nascita dell’azienda.
1. LA DEFINIZIONE PIÙ DIFFUSA
Invece, la definizione di startup più riconosciuta si riferisce invece alle nuove imprese con un forte tasso di innovazione, nel prodotto o nel servizio offerto, e con un business model scalabile e ripetibile che permette una crescita rapida e una altrettanto veloce internazionalizzazione. Le forme di finanziamento che più favoriscono questo modello sono in genere gli investimenti in capitale da parte di singoli investitori o fondi di venture capital: finanziarsi a debito con le banche, in talune situazioni, potrebbe risultare un appesantimento e un rallentamento della crescita della startup.
2. LE MAGGIORI NEL MONDO E IN EUROPA
Se a livello internazionale nell’elenco delle startup più note e dalle valutazioni miliardarie figurano soprattutto aziende americane o cinesi
come Uber, Xiaomi, Airbnb e Snapchat, anche in Europa iniziano a diffondersi gli unicorni, ovvero le giovani società valutate almeno un miliardo di dollari. Nel Vecchio Continente, società come Spotify, Blablacar, Farfetch, Delivery Hero e Adyen, solo per fare qualche esempio, hanno una valutazione da unicorno e sono le startup che hanno ottenuto i maggiori finanziamenti nei loro rispettivi paesi: Svezia, Francia, Regno Unito, Germania e Olanda. In Italia, quella che ha raccolto di più – oltre 20 milioni – è DoveConviene.
3. L’EUROPA NUOVO POLO MONDIALE DELLE STARTUP
L’Europa al momento è una delle aree del mondo in cui gli ecosistemi startup stanno crescendo di più. Non a caso, secondo lo “European Accelerator Report 2015”, il Vecchio Continente batte tutti per numero di acceleratori: ce ne sono 113 contro i 111 di Stati Uniti e Canada. Nel 2015 sono stati investiti oltre 37 milioni di euro in più di duemila progetti imprenditoriali innovativi.
[La mappa degli acceleratori europei]
Ma che cos’è un acceleratore? Ecco un video per capirne di più.
4. I MIGLIORI HUB EUROPEI
Dove andare in Europa per fare impresa innovativa? Negli ultimi anni, Londra è stata il punto di riferimento per tutti gli startupper che volevano fondare una startup che riuscisse allo stesso tempo a ottenere risorse finanziarie in modo relativamente semplice, a operare sui mercati europei e a relazionarsi agevolmente con i mercati oltreoceano e del Commonwealth. Ora però la Brexit ha cambiato le carte in tavola ed è possibile che altri hub emergano e alla lunga sorpassino la capitale britannica. Negli ultimi anni, il polo che è cresciuto di più è stato certamente Berlino: non a caso, è la città che ha le maggiori chance di diventare l’hub numero uno. Ma all’ombra della capitale tedesca, c’è bagarre. E sorprese potrebbero arrivare da Stoccolma, Amsterdam, Parigi e Dublino.
[Leggi la guida alle migliori startup city e startup ecosystem emergenti su Startupbusiness]
LA SITUAZIONE IN ITALIA
E in Italia? Nel nostro paese, per agevolare la nascita e lo sviluppo dello startup, la legge legge 221/2012, conversione del “decreto Crescita 2.0” (dl 179/2012), ha introdotto la categoria della startup innovativa: un’impresa a elevata dose di innovazione costituita da non più di 5 anni che ha determinati requisiti, può godere di diversi benefici (vedi sotto).
Il 18 luglio 2016 si è arrivati a quota 6.000 startup iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese: dal 2013 a oggi il ritmo di
crescita si è però ridotto progressivamente. È anche cresciuto in questi anni il numero di occupati nell’ecosistema: nel primo trimestre del 2016 erano più di 30mila. Le startup con un volume d’affari superiore al milione di euro, a metà 2016, erano 103, quasi il doppio rispetto al 2015. Certo, al di là del rispetto formale dei requisiti, su cui è difficile avanzare dubbi, non tutte le oltre 6.000 startup del Registro sembrano avere effettivamente quelle caratteristiche di “innovatività” richieste a una startup. Un’idea la dà anche l’inchiesta che EconomyUp ha condotto sulle srls presenti nel registro.
5. LE AGEVOLAZIONI PER LE STARTUP IN ITALIA
Le startup innovative godono di varie agevolazioni in Italia. Per menzionarne alcune: possono essere costituite in modo agevolato attraverso firma digitale; hanno facilitazioni dal punto di vista burocratico; possono godere di una gestione societaria flessibile; godono di una disciplina del lavoro agevolata per cui hanno sgravi fiscali particolari nell’assunzione dei dipendenti e possono remunerarli con stock option; possono raccogliere fondi attraverso l’equity crowdfunding (vedi sotto); hanno accesso privilegiato al Fondo di Garanzia; godono di incentivi fiscali all’investimento da parte di terzi (detrazioni Irpef del 19% se compiuti da persone fisiche e detrazioni Ires del 20%se fatti da persone giuridiche).
Dal 2016 inoltre sono stati previsti nuovi vantaggi per chi investe in startup innovative: c’è la possibilità di investire somme più alte di continuare a usufruire degli incentivi anche quando la startup cresce e diventa Pmi innovativa.
6. GLI INVESTIMENTI SULLE STARTUP
Alcuni vantaggi per chi investe in startup ci sono, quindi. Ma il flusso di risorse verso le nuove imprese innovative italiane è ancora insufficiente. Nel 2015, se ci si basa sugli investimenti di cui ha notizia EconomyUp, si è andati poco oltre i 100 milioni (ma secondo le stime degli Osservatori del Politecnico di Milano si è arrivati a quota 133 milioni). Negli ultimi anni, in ogni caso, la soglia di riferimento è sempre 100 milioni: nel 2014 sono stati investiti 118 milioni, nel 2013 invece si è raggiunta quota 129 milioni (anche per effetto di alcuni fondi di fondi destinati alle nuove imprese del Sud). I risultati del primo semestre 2016 – 100 milioni secondo i calcoli di EconomyUp – fanno presagire che i 200 milioni non sono così lontani. Ma si tratta ancora di “spiccioli”, visto che anche in un ecosistema non di primo piano come la Spagna, nel 2015 sono stati investiti circa 500 milioni.
7. IL CROWDFUNDING PUÒ ESSERE UN AIUTO EFFICACE
Il crowdfunding, ovvero la possibilità di raccogliere denaro online, può essere una risorsa importante per favorire il fundraising delle
startup in Italia. La formula che può rivelarsi più efficace è quella dell’equity crowdfunding, che consiste nel comprare (o vendere) quote di una startup attraverso specifiche piattaforme online autorizzate dalla Consob. Secondo lo studio “Crowdfunding in Italia – Report 2015” dell’Università Cattolica di Milano, tutto il crowdfunding in Italia ha raccolto nel 2015 56 milioni e 782mila euro, contro i circa 30 milioni del 2014. Nella stragrande maggioranza dei casi i fondi sono stati raccolti attraverso modelli “classici” di crowdfunding, ma l’equity crowdfunding, che da quest’anno può contare su norme più vantaggiose, ha raggiunto nel 2015 1,63 milioni euro. Per ora, solo il 2,88% del totale, ma in prospettiva una fonte di finanziamento da cui molte più startup proveranno ad attingere.