In un mondo imprenditoriale sempre più dinamico e competitivo, comprendere il percorso di crescita di una startup rappresenta un elemento fondamentale per gli imprenditori.
Dall’ideazione iniziale fino alla realizzazione finale, ogni fase del viaggio di una startup è caratterizzata da specifiche esigenze di finanziamento, strategie di sviluppo e sfide da superare.
Per un approfondimento sul tema, EconomyUp ha ascoltato alcuni protagonisti dell’ecosistema delle startup e dell’innovazione in Italia: Gianluca Dettori, fondatore e presidente di Primo Ventures SGR S.p.A, Andrea Di Camillo, Fondatore e Managing Partner di P101 Sgr, Simone Maggi, Co-founder & CEO Gility e Co-founder & CEO di Lanieri, Edoardo Maria Lamacchia, Ceo e Founder di eWibe, Marco Ogliengo, CEO e Co-founder di Jet HR.
In questo approfondimento, esploreremo le diverse tappe che scandiscono la vita di una startup: dal Pre-Seed, passando per Seed, Early Growth, Growth, fino all’Exit, analizzando le strategie essenziali per prepararsi efficacemente a un round di finanziamento e gli errori da evitare per garantire il successo. E lo faremo partendo dall’esperienza di chi è passato per uno o più progetti imprenditoriali e da chi lavora da anni nel mondo del Venture Capital italiano per aiutare a trasformare idee innovative – o aziende più strutturate – in imprese di successo.
Dal Pre-Seed all’Exit: quali sono le fasi di crescita di una startup
Nel viaggio evolutivo di una startup, la traiettoria di crescita viene spesso scandita da diverse fasi di finanziamento, ognuna delle quali segna un capitolo cruciale nel suo sviluppo.
Queste fasi iniziano tipicamente con il “Pre-Seed“, il primo stadio in cui l’idea imprenditoriale prende forma e viene validata, richiedendo capitali iniziali per prototipi (MVP o minimum viable product) e ricerche di mercato.
Questo è seguito dalla fase “Seed”, in cui, dopo aver dimostrato un certo potenziale, la startup cerca finanziamenti più sostanziosi per costruire il team, sviluppare il prodotto e iniziare le operazioni.
Man mano che la startup matura, entra nella fase di “Early Growth“, durante la quale si concentra sull’acquisizione di clienti e sulla scalabilità del prodotto, richiedendo capitali più ingenti per sostenere questa crescita accelerata.
La fase successiva, “Growth”, vede la startup ben consolidata e in cerca di finanziamenti ancora maggiori per espandere ulteriormente la sua presenza di mercato e ottimizzare le operazioni.
Infine, l’Exit, che può assumere la forma di una vendita, fusione o IPO (initial public offering), rappresenta il culmine del percorso di crescita, offrendo ritorni sia per gli imprenditori che per gli investitori.
Quali sono le principali fonti di finanziamento delle startup nelle fasi Pre-Seed?
Nelle fasi iniziali del loro sviluppo, le startup si trovano di fronte alla sfida di finanziare le loro operazioni per trasformare un’idea in un prodotto o servizio commercializzabile. Durante la fase Pre-Seed, che è una delle più precoci e cruciali, le fonti di finanziamento tendono ad essere più personali e meno formali rispetto a quelle disponibili nelle fasi successive.
Queste possono includere:
- Fondi personali (bootstrapping). Molti fondatori iniziano investendo i propri risparmi per dare vita alla loro idea. Questo approccio, noto come bootstrapping, significa fare affidamento sulle proprie risorse finanziarie senza cercare capitali esterni. Questo può anche includere reinvestire i primi profitti dell’azienda per finanziare la crescita
- Amici e famiglia. Una fonte comune di finanziamento in questa fase iniziale proviene da amici e familiari che credono nell’idea e nel fondatore. Questi investimenti sono spesso forniti a condizioni più favorevoli rispetto alla finanza formale e possono offrire una certa flessibilità nella fase di avvio
- Soggetti di Angel Investing. Gli investitori Angel sono individui facoltosi che forniscono capitale per startup in cambio di equity o debito convertibile. Sono spesso imprenditori di successo o dirigenti d’azienda che, oltre al capitale, possono offrire preziose competenze, mentorato e reti di contatti
- Incubatori e acceleratori d’impresa. Queste organizzazioni supportano le startup nelle fasi iniziali fornendo una combinazione di finanziamento, spazi di lavoro, mentorato e accesso a una rete di potenziali investitori. In cambio, spesso richiedono una quota di equity. Gli acceleratori e incubatori sono particolarmente utili per aiutare le startup a definire e testare il loro modello di business
- Finanziamento tramite crowdfunding. Piattaforme di crowdfunding come Kickstarter, Indiegogo o GoFundMe permettono alle startup di raccogliere fondi presentando i loro progetti direttamente a un vasto pubblico. Questo metodo può essere un ottimo modo per validare l’interesse del mercato per un prodotto e finanziare lo sviluppo iniziale
- Grant e finanziamenti governativi. Alcuni governi e organizzazioni non profit offrono grant e finanziamenti a fondo perduto per sostenere l’innovazione e l’imprenditorialità. Questi fondi sono particolarmente attraenti poiché non richiedono di rinunciare a equity o di restituire il capitale, ma sono spesso vincolati a specifici criteri di idoneità o obiettivi di progetto.
Il ruolo dei bridge financing
Tra queste fasi, il “bridge financing“ agisce come un ponte vitale, spesso utilizzato per colmare i gap di finanziamento tra un round e l’altro. Questo tipo di finanziamento è particolarmente utile quando una startup necessita di capitale immediato per continuare le operazioni o cogliere opportunità di crescita impreviste, ma non è ancora pronta o in posizione per avviare un nuovo round di finanziamento completo.
Il bridge financing può quindi fornire il sostegno finanziario necessario per mantenere la startup in corso fino alla prossima fase significativa di investimento, assicurando che possa continuare a crescere senza interruzioni.
Questa forma di finanziamento sottolinea l’importanza della flessibilità e della strategia finanziaria nell’ecosistema dinamico delle startup, consentendo loro di navigare con successo attraverso le diverse fasi di crescita verso il successo a lungo termine.
Startup: 7 strategie essenziali per prepararsi a un round di finanziamento
Nel dinamico mondo delle startup, ottenere finanziamenti esterni è spesso un passaggio cruciale per accelerare la crescita e realizzare visioni ambiziose. Tuttavia, navigare con successo nel processo di finanziamento richiede preparazione, strategia e una comprensione profonda di ciò che gli investitori cercano.
Seppur ciascuna storia sia un caso a parte ed è bene ricordare che c’è sempre un’eccezione alla regola, è possibile rintracciare alcune linee comuni che possono portare al successo di un round di finanziamento, così come al suo fallimento.
Attraverso interviste con esponenti di rilievo del panorama del Venture Capital italiano e startupper con una o più storie di business di successo, abbiamo individuato strategie, best practices ed errori da evitare quando si approccia un round di finanziamento, soprattutto nelle fasi iniziali. Ecco alcune strategie chiave per prepararsi efficacemente a un round di finanziamento.
1. Le persone sono la chiave del successo, molto più dell’idea
Più che l’idea, sono le persone a determinare il successo o meno dell’azienda.
“Sia quello delle startup che quello del Venture Capital è un business fatto di persone. Ovviamente sono realtà dove i fondi sono importanti, ma la cosa essenziale è il network e la rete di relazioni. Quando si parla di ecosistema, non si fa riferimento a qualcosa di astratto, ma ci si riferisce a questo: sono le stratificazioni delle esperienze, delle persone, delle conoscenze. Più sono potenti e più successo si ha” spiega Gianluca Dettori, fondatore e presidente di Primo Ventures SGR S.p.A, gestore di fondi di venture capital early-stage, in tecnologie digitali e nella new space economy. Una realtà che negli ultimi 12 anni ha realizzato oltre 50 investimenti attraverso cinque fondi e che valuta oltre mille progetti l’anno.
“Si dice che le prime dieci persone determinino il successo o l’insuccesso di un’azienda e credo proprio che sia vero”, spiega Simone Maggi, Co-founder & CEO Gility e Co-founder & CEO di Lanieri, startup cresciuta grazie a un progetto di open innovation avviato con l’azienda Reda e culminato con l’acquisizione della startup da parte del partner industriale.
L’importanza del capitale umano, soprattutto in questa fase, è quindi da non sottovalutare. Ma come scegliere queste persone? E di quali figure si ha bisogno?
“Prima di tutto occorre definire un business plan dettagliato, e credibile per gli investitori e lavorare sul team, in cui, oltre alle competenze specifiche di mercato che si intende presidiare, non possono mancare quelle tecnologiche, commerciali e di marketing””, spiega Edoardo Maria Lamacchia, Ceo e Founder di eWibe, startup che ha creato la prima “borsa del vino da investimento”, una piattaforma dove comprare e vendere bottiglie con un meccanismo simile al trading finanziario.
Tuttavia, spesso proprio per esigenze economiche in questa fase occorre trovare un compromesso tra le persone con la giusta esperienza e quelle che è possibile, nella realtà, portare a bordo del progetto.
“Da un lato, assumere figure junior sicuramente permette un risparmio. Ma non solo, spesso ti permette di avere persone più adattabili a quella che sarà successivamente anche il bisogno di evoluzione del business, poiché nella fase di market validation non sempre le cose vanno come sperato e c’è bisogno di persone resilienti, ma in grado di essere flessibili. L’esperienza, d’altro canto, può portare un valore aggiunto maggiore, ma non sempre è accompagnata da una mentalità flessibile”, spiega Maggi.
E, idealmente, quanto deve essere numeroso il team iniziale?
“Normalmente non si investe in un singolo founder, sarebbe troppo rischioso”, continua Dettori. “Due o tre fondatori sono considerati ottimali, quattro va benissimo, cinque founder possono andare bene, ma un team più grande ti espone al rischio che successivamente si verifichino delle dinamiche pericolose. In circa il 30-50% dei casi si verificano degli attriti, strada facendo, tra i founder”.
2. Parlare con gli stakeholder rilevanti
Definita l’idea e il team, ancora prima di approcciare gli investitori è importante guardare agli stakeholder del mercato per capire sia il reale interesse e utilità del prodotto che si vuole proporre che per individuare, già in questa fase, eventuali partner che potrebbero non solo aiutare l’azienda attraverso investimenti, ma aprire canali importanti alla crescita del progetto.
“È importante capire che i finanziamenti sono un mezzo per arrivare all’obiettivo, che è la crescita e il successo del business, ma non sono loro stessi l’obiettivo ultimo. Parlare con gli stakeholder del settore per noi è stato fondamentale, sia per capire la reazione del mercato davanti alla nostra idea, sia per aiutarci ad ‘aggiustare il tiro’ nella definizione del business plan”, precisa Lamacchia.
Queste fasi “preparatorie” alla ricerca e l’incontro di possibili finanziatori possono richiedere tempo, ma sono indispensabili per dare credibilità all’idea che si presenterà e per non rischiare di compiere scelte avventate.
“Un consiglio che mi sento di dare è mettere bene a fuoco tutti i motivi che potrebbero invalidare l’idea. Ho passato due mesi prima di iniziare Jet HR a pormi domande potenzialmente invalidanti, tipo: ma è veramente così grande questo mercato, o ci sono dei settori che devo escludere dalle proiezioni? Per esempio, è un problema che hanno anche in agricoltura? In edilizia? In settori molto diversi da ciò che conosco? E per rispondere, ho fatto parecchie ore di interviste a imprenditori di questi settori”, spiega Marco Ogliengo, CEO e Co-founder Jet HR, una tech company – tutta italiana – che si pone l’obiettivo di disegnare un nuovo modello di gestione del personale eliminando la complessità burocratica.
“Un’azienda – se non fallisce subito – è un commitment da almeno 5-10 anni. La peggior cosa che avrei potuto fare sarebbe stato prendere una decisione affrettata, abbagliato dall’ottimismo dell’imprenditore, e poi ritrovarmi in un mercato reale molto più piccolo di quello che pensavo”, aggiunge.
3. Affinare il business plan e costruire un pitch efficace
Prepararsi adeguatamente con un business plan adeguato è un altro passo indispensabile al successo. Anche se può trattarsi di un documento non particolarmente dettagliato o lungo, alcuni fattori saranno indispensabili per aumentare le chance di successo nel confronto con gli investitori.
“Elementi come l’analisi del mercato in cui ci si vuole inserire, il problema che si vuole risolvere, come lo si vuole risolvere, come si intende monetizzare e cosa rende la startup diversa da quelle presenti sul mercato dovrebbero essere ben descritti nel business plan. Sono fattori che aiutano sia il founder ad avere più chiara la sua idea di business, che a presentarla in modo corretto agli investitori”, continua Lamacchia.
E in un business dove solo una piccola percentuale di idee vengono considerate e di quelle considerate una percentuale ancora più piccola viene effettivamente finanziata, si ha spesso un’unica possibilità con gli investitori.
Giungere preparati, con la giusta consapevolezza, idea, ricerche di mercato e persone può invece aumentare le chances di successo.
4. Identificare gli investitori giusti
Non tutti gli investitori sono adatti per ogni startup: può essere il momento sbagliato per approcciare un determinato investitore, così come il business che si vuole proporre può essere non in linea con le tematiche di investimento di quel particolare soggetto. Ed è proprio per questo che è importante fare ricerche approfondite prima di contattare possibili investitori.
“Suggerirei di prepararsi per bene, fare la due diligence, individuare una lista di investitori con cui si vuole parlare e definire le priorità. Molte delle proposte che leggiamo non sono in linea con le tematiche di cui trattiamo e questo indica un approccio già sbagliato, poiché informazioni del genere sono facilmente accessibili online”, spiega Dettori.
“Prima di contattare un investitore è utile prepararsi e studiarne il profilo ”, aggiunge Andrea Di Camillo, Fondatore e Managing Partner di P101 Sgr, uno dei principali player di venture capital in Italia con focus europeo su società technology driven, che, attraverso 5 fondi e 400 milioni di asset in gestione, in oltre dieci anni ha investito in più di 50 società con oltre 260 investimenti in Italia e all’estero.
“Ad esempio, noi investiamo in media 5 milioni di euro in realtà già strutturate, con un focus tech sia b2b che b2c, ma spesso ci capitano imprenditori che vengono a proporci iniziative in una fase ancora prematura rispetto al nostro investimento tipico (early e later stage), magari in settori in cui non investiamo, come il biotech”, continua.
Oltre agli investitori, è importante capire anche se è possibile trovare partner che aiutino l’azienda nella sua fase di crescita, mettendo a disposizione non solo fondi, ma aprendo delle opportunità che consentono all’azienda di accelerare l’evoluzione della startup.
“Bisogna studiare molto bene le tipologie di investitore e cercare di mettersi nei suoi panni. Nel nostro caso abbiamo fatto una ricerca approfondita e abbiamo trovato un investitore industriale con una consolidata esperienza nel settore, ma a cui mancava fare un passo in avanti per evolversi e quindi si è chiesto se farlo internamente o scegliere di sposare questa causa per de-risking”, spiega Maggi. “Aver scelto un progetto di open innovation ci ha permesso di accedere a opportunità che non avremmo altrimenti avuto. Reda, con la sua lunga esperienza, ci ha messo a disposizione un capitale di conoscenza del mercato che a noi mancava, mentre noi portavamo un’esperienza nel digitale che una realtà così storica e strutturata non aveva”, aggiunge.
È quindi importante ricercare e identificare gli investitori che abbiano esperienza nel settore specifico e che siano adatti alla particolare fase in cui si trova la startup. Investitori con una rete e competenze pertinenti possono offrire molto più del semplice capitale, contribuendo significativamente alla crescita della startup.
5. Affrontare il processo di valutazione con il giusto mindset
La valutazione di una startup rappresenta il processo attraverso il quale si stima il valore economico di una giovane impresa innovativa, considerando una serie di fattori chiave come il modello di business, il mercato di riferimento, la scalabilità del prodotto o servizio offerto, le competenze del team e i risultati finanziari già conseguiti o previsti.
Se quello con gli investitori è un rapporto duraturo nel tempo che deve trovare la giusta “chimica”, è la predisposizione all’ascolto e al confronto a garantire il successo nel tempo, a partire dalle prime fasi di valutazione e dalla valutazione che accompagnerà ogni round di finanziamento.
“È poi importante sfatare i falsi miti che girano intorno al processo di valutazione: si tende ad associare valutazioni elevate, spesso eccessive, al successo di una startup, e questo processo è spesso vissuto in modo conflittuale dagli imprenditori, specie se alle prime armi, quando le aspettative non sono allineate alle valutazioni degli investitori”, spiega Di Camillo.
“Ma una valutazione corretta è il primo passo di un percorso virtuoso di crescita di lungo periodo che vedrà investitori e imprenditori allineati sugli obiettivi, senza contrapposizioni.
I numeri devono essere razionali e ragionevolmente interessanti per entrambe le parti e cercare valutazioni, molto spesso totalmente ottiche, è la ricetta di un disastro quasi certo: è bene ricordare che i capitali investiti vanno non solo restituiti, ma idealmente devono generare un rendimento che diventa impossibile se le valutazioni iniziali sono eccessive. Serve poi disciplina negli investimenti: noi, per esempio, spesso forniamo liquidità in fasi successive, a supporto del programma di crescita condiviso. Anche questo approccio non sempre è apprezzato all’inizio, ma nel tempo si è sempre rivelato vincente per entrambe le parti se sono stati condivisi fin da subito tempi e obiettivi”, aggiunge Di Camillo.
6. Essere predisposti all’ascolto e al confronto costruttivo
Se, hanno sottolineato tutti gli intervistati, quello tra founder e investitori è un rapporto simile a un matrimonio, così come accade in tutte le relazioni durature la capacità di saper ascoltare l’altro, mettendosi in gioco e non restando arroccati sulle proprie convinzioni è indispensabile per poter superare divergenze di opinioni, conflittualità e momenti di difficoltà che nel percorso di qualsiasi startup, di certo, non mancano.
“Quando abbiamo iniziato il percorso con Reda, l’ostacolo più grande ha riguardato l’allineamento di linguaggi diversi: noi avevamo un approccio molto digitale, smart e questo si rifletteva anche nel linguaggio. Un partner con 150 anni di esperienza magari questo approccio non lo aveva all’inizio, ma aveva un bagaglio di conoscenza per noi essenziale. Questa difficoltà l’abbiamo superata con il tempo e con la consapevolezza di ciò che stavamo creando: noi sapevamo che avevamo un partner che poteva portarci un grande valore aggiunto, anche se non lo capivamo, e loro sapevano la stessa cosa”, racconta Maggi.
“Non ascoltare e non essere disposti al confronto è uno degli errori più gravi che può fare un imprenditore, lungo le diverse fasi di crescita di una startup. Un imprenditore senza ego non sarebbe tale, ma per avere successo è indispensabile un mindset che combini la determinazione con flessibilità e apertura al dialogo”. aggiunge Di Camillo.
7. Dimostrare trazione e prendere rischi calcolati
Una volta superate le fasi di Pre-Seed e Seed, gli investitori vorranno vedere prove concrete che la startup sta guadagnando slancio sul mercato. Queste prove possono includere la crescita del fatturato, l’acquisizione di clienti chiave, partnership strategiche o sviluppi di prodotto. Dimostrare trazione fornisce una prova tangibile del potenziale di crescita dell’azienda.
“Più si va avanti nel round e più l’aspetto di trazione diventa importante. E quindi è cruciale tenere d’occhio i KPI che si sono individuati e che sono rilevanti per la propria iniziativa e valutare i progressi svolti”, aggiunge Lamacchia.
E questi KPI sono una guida anche per gestire la fase di crescita di una startup e per assicurarsi che, quando si passa alle fasi di Early Growth e Growth, non si facciano scelte azzardate prese su sentimenti e convinzioni e non sui dati che potrebbero compromettere la crescita del business.
Tuttavia, in un contesto dove non è possibile eliminare il rischio l’importanza, per gli startupper, è quello di prendere rischi calcolati.
“Se si approcciano mercati diversi, ad esempio, è importante fare le giuste valutazioni anche quando il prodotto ha funzionato già in alcuni mercati”, spiega Maggi. “Importante è, tuttavia, prendere rischi calcolati: investire determinate risorse per un determinato tempo e non incaponirsi se i dati mostrano che non si stanno raggiungendo i risultati ottenuti”, aggiunge.
Come prepararsi a un round, gli errori da evitare
In conclusione, prepararsi per un round di finanziamento richiede tempo, impegno e una strategia ben definita. Seppur ci sono, come abbiamo visto, degli aspetti “pratici” da espletare prima di approcciare gli investitori (dalle ricerche di mercato, al contatto con gli stakeholder, allo sviluppo del MVP e così via), dalle interviste è emerso che sono i fattori “umani” a determinare il successo o meno di un round di investimento.
Avere fretta, bruciare le tappe, giungere impreparati agli incontri con gli investitori, avere un approccio non aperto all’ascolto e al confronto costruttivo – così come l’incapacità di reagire alle critiche o ai cambiamenti del mercato – sono dei fattori che, secondo tutti gli esperti ascoltati, fanno rischiare setiamente il fallimento di un’iniziativa imprenditoriale.