Norme & sviluppo

Startup, “servono regole più elastiche”

Il senatore Alberto Orellana, primo firmatario, spiega gli emendamenti al decreto competitività per estendere le regole attuali alle imprese con sede in altri Paesi Ue, allungare la “vita” delle nuove imprese da 4 a 5 anni e modificare l’equity crowdfunding

Pubblicato il 17 Lug 2014

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Luis Alberto Orellana, senatore del Gruppo Misto (ex 5 Stelle)

Ampliare la definizione di startup innovative includendovi anche quelle residenti nei Paesi Ue, prevederne una durata standard di 5 (e non più 4) anni ed estendere la gestione dell’equity crowdfunding anche agli organismi di investimento collettivo del risparmio (e non più solo ai gestori specializzati): sono proposte contenute in due emendamenti di cui primo firmatario è Luis Alberto Orellana, senatore del Gruppo Misto già esponente del Movimento 5 Stelle. “Vogliamo contribuire a qualificare il Decreto crescita 2.0 voluto dal governo Monti con il quale per la prima volta è stata data regolamentazione alle startup innovative. In quasi due anni – spiega a EconomyUp il parlamentare – mi pare che non sia stato fatto molto sia in termini numerici (ad oggi sono solo 2221 le startup innovative), sia sul fronte dell’equity crowdfunding, che ancora stenta a decollare. Per questo serve qualcosa in più”.

Gli emendamenti in questione – che oltre ad Orellana portano la firma di De Petris (Sel), Campanella, Battista, Bocchino, Bencini e Mussini (tutti fuoriusciti dei 5 Stelle) – sono stati presentati nei giorni scorsi nell’ambito del decreto legge 91 sulla competitività. Un decreto definito dallo stesso Orellana “eterogeneo”, perché prevede una serie di disposizioni molte diverse tra loro tra cui il “rilancio e lo sviluppo delle imprese”.

I firmatari degli emendamenti ne hanno aprofittato per inserire norme a favore delle startup. Propongono dunque di riscrivere alcune parti del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (appunto il cosiddetto Decreto Crescita 2.0) considerando startup innovative, oltre a quelle con sede in Italia, anche le residenti “in uno degli Stati Membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia”. In sostanza gli emendamenti mirano a superare possibili violazioni del diritto comunitario.

“L’attuale definizione di startup innovativa – spiega Orellana – è troppo stringente. Incontro molti giovani che vogliono fondare startup e si chiedono: lo faccio in Italia o all’estero? Si sa, in Gran Bretagna davvero si può aprire un’attività imprenditoriale con una sterlina, da noi è più complicato. Così spesso cominciano in Olanda o Uk e poi aprono in Italia”.

In secondo luogo le proposte di Orellana e colleghi prevedono l’aumento da 4 a 5 anni del periodo entro cui si può essere considerate startup. “Queste imprese hanno spesso una partenza rallentata – argomenta il senatore – e per un periodo iniziale anche abbastanza lungo ci sono solo spese, per questo riteniamo opportuno allungarne i tempi di ‘vita’”.

Gli emendamenti sono due perché, pur identici in tutto, differiscono solo nella proposta di estensione al quinto anno dell’esonero dall’imposta di bollo, dai diritti di segreteria per l’iscrizione al registro imprese e dai diritti camerali. “Quest’ultima proposta potrebbe essere bocciata dalla Commissione Bilancio, incaricata di valutare la copertura finanziaria di ciascun emendamento, perciò – chiarisce Orellana – abbiamo presentato due emendamenti quasi uguali ma distinti: in uno gli esoneri non sono richiesti, nell’altro sì. Contiamo che almeno uno di questi venga approvato”.

Infine il testo suggerisce modifiche alla normativa attualmente in vigore sull’equity crowdfunding, raccolta di capitali online in base alla quale gli investitori finanziano un progetto in cambio di quote azionarie della startup che ha lanciato quel progetto. Per il momento la legge prevede che la raccolta fondi sia organizzata da gestori specializzati. Invece Orellana chiede che sia estesa anche agli organismi di investimento collettivo del risparmio e alle società di capitali che investono prevalentemente in start-up innovative”. Questo perché, spiega il senatore, “bisogna far partire seriamente il crowdfunding in Italia”.

“A quasi due anni dal Decreto Crescita – ribadisce il parlamentare – le cose non sono andate benissimo per le startup innovative, che sono poco più di 2000, un numero a nostro parere molto basso. Basti pensare che sono l’1% di tutte le srl costituite in Italia. All’estero c’è più fermento. E noi riteniamo che gli ostacoli derivino anche da una definizione troppo stringente di startup innovativa”.

Gli emendamenti passeranno al vaglio della decima commissione del Senato (industria, commercio, turismo ed energia) e della tredicesima (ambiente). Poi, come tutti gli altri presentati, finiranno sotto la lente della commissione quinta (Bilancio). Quindi è previsto il voto dell’aula e, se i senatori riuniti daranno il via libera, il Decreto passerà alla Camera per l’approvazione definitiva.

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