Avete mai provato a domandare ad un imprenditore quale sia la strategia della sua startup?
Le risposte potrebbero essere tra le più disparate: tra quelle che ho ricevuto negli ultimi anni, potrei citarne alcune molto generiche, come “diventare leader di mercato”, oppure estremamente specifiche, come “farmi acquistare da una grande azienda del mio settore entro 3 anni”.
Un aspetto, però, mi ha colpito particolarmente in questi anni di ricerca: a fronte di questa domanda, molti startupper rispondono con sufficienza, sostenendo che la loro strategia è “navigare a vista” nelle complessità del mercato; per la strategia “non hanno tempo”, dato che le loro energie, risorsa estremamente scarsa, sono meglio spese nel parlare con clienti, fornitori e investitori.
Messi alle strette, alcuni dei “renitenti alla strategia” si rifugiano in un escamotage tanto elegante quanto ancora parziale: sfoderano un business model canvas ed orgogliosamente esclamano “questa è la mia strategia!”. Anche in questo caso, seppur il modello di business – ed il canvas come costrutto atto alla sua rappresentazione – costituisca un elemento strategico fondamentale, esso non tiene conto della strategia nel suo insieme.
Questo approccio parziale o addirittura avverso, frutto della volontà – spesso in buona fede – di concentrarsi su aspetti urgenti del business a fronte di oggettive condizioni di criticità strutturale che caratterizzano le startup, porta le stesse a sottoporsi ad una criticità ancora maggiore: aumentare il rischio di impresa, acuendo tali criticità a causa di una limitata percezione del valore di un processo di formulazione strategica seppur in un contesto critico ed incerto.
In ottica di servizio all’ecosistema è invece essenziale sottolineare come affrontare la formulazione della strategia in maniera sistematica e strutturata possa aumentare significativamente le possibilità di sopravvivenza e successo delle nuove iniziative imprenditoriali. Se gli imprenditori tipicamente eccellono in visione strategica è necessario che traslino tale visione in una missione che sia lungimirante, motivante, ma al tempo stesso ancorata ad obiettivi strategici chiari, quantificabili e misurabili.
La fase successiva, quella di analisi strategica del contesto esterno e interno, rappresenta il processo che tutti gli imprenditori tendono a sottovalutare o a bypassare, a fronte della sua complicatezza e onerosità. L’analisi strategica rappresenta tuttavia il cuore del processo, in quanto una valutazione dettagliata (e dinamica) degli elementi costitutivi del contesto può portare alla formulazione di opzioni strategiche sostanziate da una maggior mole informativa, e pertanto più robuste; questo, anche in contesti mutevoli per definizione.
Ciò che gli startupper devono rammentare è che, anche in un processo strutturato di formulazione strategica, vi sarà spazio per l’acume e la creatività imprenditoriale: queste caratteristiche guideranno infatti la formulazione delle opzioni, la selezione delle stesse e la loro implementazione originale all’interno di un modello di business.
Il processo tradizionale di formulazione strategica può quindi essere reso ancor più vicino alle dinamiche proprie di una startup attraverso l’esplicita inclusione di approcci strategici innovativi, quali il Lean Startup Approach e il Customer Development, a testimonianza del fatto che il modello di business generato dalle fasi di analisi non è da interpretarsi come una struttura rigida, ma deve necessariamente essere iterativamente testato rispetto al mercato – e soprattutto ai clienti – di riferimento.
Cogliere l’importanza di strutturare un processo strategico sistematico – seppur aperto a modifiche che considerino le specificità delle startup, quali l’inclusione degli approcci lean e agile –, colmando il falso gap basato sull’erronea percezione della strategia come freno all’imprenditorialità, può fare la differenza non solo tra successo e insuccesso, ma soprattutto tra sopravvivenza e fallimento delle nuove iniziative imprenditoriali fin nel loro early stage.