Pochi brevetti depositati, investimenti rari o solo pubblici, siti web quasi assenti, livelli di innovativà discutibili. Tra le 6.000 e passa startup iscritte agli speciali registri di Infocamere oramai si trova un po’ di tutto. E sicuramente ci saranno molte sorprese nel prossimo settembre, quando dovrebbe essere pubblicato il report su #StartupSurvey, il lavoro di verifica affidato dal Ministero dello Sviluppo economico all’Istat.
Quante corrispondono davvero, pur avendo magari le caratteristiche richieste dalla legge, a quelle che possono essere definite “startup innovative” secondo l’accezione minima riconosciuta ormai universalmente? Quante sono nuove imprese che presentano una forte innovazione di prodotto, servizio o modello di business e che hanno la possibilità di crescere rapidamente facendo leva, almeno in parte, su economie di scala favorite dal digitale? Non sono domande irrilevati visto che le startup innovative godono di diversi vantaggi.
Dalla lista pubblicata da Infocamere il 18 luglio, il giorno in cui è stata superata la fatidica quota 6.000, Economyup ha estratto le 75 srls “a 1 euro” per andare a vedere che cosa si può trovare dentro l’universo “startup innovative” Potremmo chiamarla una “prova del cocomero”, quella che i fruttivendoli d’estate fanno tagliando un tassello della cucurbitacea per verificare che il frutto, dentro, sia buono e dolce. Insomma, l’esame di una parte per farsi un’idea del tutto in maniera empirica e non certo statistica.
Ecco il sapore che si sente, aggiungendo alla lettura del Registro l’osservazione dei siti web delle società e la lettura di altre fonti online.
I BREVETTI: SOLO 11 SOCIETÀ NE HANNO DEPOSITATI
Partiamo da alcuni numeri. Tra queste 75 società, solo 11 hanno depositato brevetti o hanno registrato software proprietari. La legge – lo ricordiamo – prevede che le startup, per provare il proprio carattere innovativo, devono avere come “oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico” e possedere uno di questi tre requisiti: essere depositari o licenziatari di privative industriali, il 15% del maggiore tra costi e fatturato investito in ricerca e sviluppo, avere un team formato per 2/3 da laureati magistrali (o per 1/3 da dottorandi, dottori o laureati con 3 anni di ricerca alle spalle). Evidentemente le altre 64 srls che hanno puntato sui laureati e, cosa meno probabile, sugli investimenti in R&D.
GLI INVESTIMENTI: IL TRIONFO DEI BANDI PUBBLICI
Stando agli investimenti degli ultimi anni di cui EconomyUp ha notizia, solo due realtà hanno ottenuto risorse da soggetti privati: Tooteko, che ha ottenuto 65mila euro da Edison in quanto vincitrice del concorso Pulse nel 2016 e un investimento seed dall’importo non noto nel 2015 da parte dell’acceleratore berlinese EyeFocus, e Globaleaks, che ha ricevuto nel 2012 tramite l’associazione no-profit collegata Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights 108mila dollari da parte dell’Open Technology Fund nell’ambito del programma Freedom2Connect. Altre startup che hanno ricevuto fondi ci sono, ma si contano sulle dita di una mano – quattro – e hanno avuto accesso al denaro per aver vinto bandi regionali o europei o per aver chiuso piccole campagne di raccolte fondi online. Essere nel registro non è quindi una certificazione riconosciuta dagli investitori.
SITI WEB: INUTILI O ASSENTI
Una questione già nota è quella dei siti web, visto che era già stata segnalata nell’aprile 2016 da Instilla: la società che si occupa di marketing digitale aveva rilevato che solo una startup su tre aveva un sito funzionante. Tra le 75 prese in considerazione in questo approfondimento, la situazione sembra leggermente migliore: 54 hanno un sito (11 dei quali non segnalati sul Registro), ma almeno 17 non sono attivi oppure non contengono informazioni anche minimamente utili: in alcuni casi c’è soltanto il nome della società e qualche immagine. Come possa dichiararsi innovativa una startup che ha scarsa confidenza con la Rete e non si preoccupa della sua presenza digitale resta un enigma.
SÌ, MA CHE COSA FANNO?
17 delle 75 srls sono un vero oggetto del mistero: facendo ricerche online, non si riesce a capire cosa facciano. A parte le categorie Ateco presenti sul Registro e generici riferimenti a “innovazione in ambito ricerca”, “prodotti innovativi” o “servizi digitali”, nulla. Abbiamo contato almeno nove società che fanno consulenza in ambito digitale e IT e almeno otto realtà che si qualificano come web agency o software house. Basta fornire servizi legati al digitale per essere considerati altamente innovativi e hi-tech?
LE CASE HISTORY DI UN UNIVERSO MISTERIOSO
C’è la web agency La Mantide che al 5 agosto 2016 ha cinguettato dal proprio account Twitter solo una volta, nel 2015. C’è Smartycharge, che ha solo una pagina web in cui si definisce “a great invention for everyone”, ma che cosa sia questa invenzione vai a saperlo: bisogna inviare un’e-mail o telefonare a uno dei due numeri cellulari indicati in home page per capirne di più. N-Zero è probabilmente una software house. Probabilmente diciamo, perché nel “chi siamo” appare solo un tautologico “startup innovativa con sede in Toscana” e tra i progetti solo una campagna di crowdfunding su Indiegogo che non ha raccolto nulla relativa a Webkan, un prodotto che riconoscerebbe età, sesso e altri dati dei clienti attraverso un sistema che processa le immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso all’interno dei negozi. La società di “ICT consulting” ManufacturICT descrive sul proprio sito un solo prodotto, “SmartEat”, definito come “dispositivo intelligente indossabile in grado di comunicare all’utente, in modo preventivo, mediante segnali audio/visivi, la presenza nel cibo che intende mangiare di uno o più allergeni rispetto ai quali risulta essere intollerante”: potenzialmente interessante, ma sulla Rete non si trova altro.
“STARTUP” CON 30 ANNI DI VITA?
Un caso curioso è quello della De Bartolo srls, azienda che produce caldaie. Sul web c’è il sito di un’impresa omonima, una sas, che ha sede nella stessa via della medesima città (ma in un civico diverso) e in cui il titolare ha lo stesso cognome (ma non il nome): qui, la ditta vanta un’esperienza più che trentennale (dal 1983) nella realizzazione di termocamini. Si tratterà solo di una coincidenza, evidentemente, visto che le regole prevedono che le imprese costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo d’azienda non possono essere iscritte nella sezione speciale. E, come è noto, l’esame agli sportelli delle Camere di Commercio è molto attento. Sarà, ma il caso si ripete per la Glomex engineering, startup con 2 dipendenti, che sembra essere la divisione di ricerca e sviluppo di un’azienda, Glomex, che fa antenne hi tech per imbarcazioni e ha 15 dipendenti. Nulla di male, solo che la casa madre è stata fondata nel 1984 e l’amministratore delle due aziende è il medesimo. E sicuramente avrà trovato il modo di rispettare le regole.
L’INNOVAZIONE? LAVORARE GRATIS
La startup Artemis New Media al Registro ha indicato come sito di riferimento la piattaforma online thebloggest.eu, che si occupa, stando alle categorie del portale, della cronaca relativa a tre province liguri (Genova, Savona, Imperia) ma anche di eventi, cultura, società, cucina, shopping, salute, attualità e astrologia. Che cosa fa di innovativo? Una possibile risposta arriva curiosando nella sezione “Editori”, dove si leggono cose come “Vuoi pubblicare i tuoi articoli su TheBloggest.it? Contattaci! Ti offriremo la nostra visibilità e potrai scrivere editando personalmente articoli” e ancora “Collaborare è il miglior modo nel quale un blogger può promuovere se stesso e il proprio lavoro” e infine, per sgombrare il campo da ogni dubbio, “Gli editori (qui ‘editore’ è forse un’italianizzazione dell’inglese editor, quindi si intende probabilmente “redattori”, “autori di testi”, ndr), salvo diverso accordo scritto, non percepiscono nessun trattamento economico”. Chiarissimo, ma poco innovativo.
I FANTASMI DEL REGISTRO
Contabi, società che ha lanciato il progetto turistico Ruralsardinia è in liquidazione: ne dà notizia lo stesso Registro, per carità. Ma non suona benaugurante trovare in un elenco di realtà innovative un’impresa prossima alla chiusura. Non mancano comunque i fantasmi ufficiosi e casualmente si agitano tutti nel settore turistico. Su Etalianlife, portale di prenotazione di esperienze di viaggio, non è possibile prenotare nessuna esperienza di viaggio. L’utente che premesse sul tasto “book now” (prenota adesso) di una destinazione proposta rimarrebbe frustrato: non succede nulla. YuTurist, annunciata come app per il turismo disponibile su iOS e Android, non è scaricabile sullo store Google Play. L’unico segnale di vita digitale, mentre scriviamo, di MyHoming, piattaforma per far incontrare turisti internazionali con negozianti del posto, sono i canali Twitter e Facebook i cui ultimi aggiornamenti però risalgono al maggio e al luglio 2015. A onor del vero, MyHoming ha anche portato a termine con successo una campagna di crowdfunding su Eppela di 10mila euro. Questa era solo una prova estiva del cocomero. Non ci resta che attendere i risultati autunnali dell’Istat.