Si fa presto a dire startup. Ma che cos’è una startup? Quante ce ne sono in Italia? Che cosa fanno? Abbiamo fatto il punto per voi.
Che cosa sono le startup?
Per startup si intende un’azienda appena nata o nata da pochi anni, fondata da uno o più imprenditori che hanno come obiettivo quello di creare e sviluppare un prodotto o servizio che possa velocemente conquistare il mercato.
Un’importante distinzione va fatta tra il termine “startup” utilizzato in senso più ampio, che può riferirsi a qualunque giovane società, e la startup innovativa, definita come una specifica categoria di imprese introdotta dalla legge 221/2012 che ha tra i requisiti la costituzione da non più di 5 anni, un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro e come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi a elevato valore tecnologico.
Spesso, tuttavia, vengono colloquialmente considerate startup innovative anche giovani società ad alto contenuto tecnologico con più di 5 anni.
Gli ingredienti essenziali di una startup innovativa sono tre: innovazione, scalabilità e replicabilità. A dirlo per primo fu Steve Blank, imprenditore seriale della Silicon Valley autore di bestseller sulle startup, in primis “The Startup Owners’ Manual”. L’innovazione può riguardare il modello di business oppure i prodotti o servizi. Il modello di business di una startup innovativa deve essere scalabile e replicabile: il termine scalabile allude alle economie di scala che la startup deve essere in grado di sfruttare per incrementare le sue dimensioni, mentre il termine replicabile si riferisce alla possibilità di impiegare il medesimo modello di business per diversi tempi e luoghi, attuando minimi adattamenti.
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Quante startup ci sono in Italia?
Secondo la “Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione e l’impatto di policy a sostegno di startup e pmi innovative” del 2022 elaborata dal Mimit (Ministero delle imprese e del made in Italy), a fine 2021 le startup innovative erano 11.938, in aumento del 17,4% rispetto all’anno precedente. Il loro tasso di crescita (Cagr) fra il 2020 e il 2022 è stato del 28,8%.
Il 38,5% delle startup innovative è attiva nei “servizi di informazione e comunicazione” (software, consulenza IT ecc.), il 23,1% nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, il 14,9% nel manifatturiero. Tali startup occupano 21.506 persone: oltre 4 mila in più rispetto al 2020. Il valore della produzione delle startup innovative è di 1,6 miliardi di euro circa.
A livello geografico, le startup innovative sono situate principalmente nell’Italia nord-occidentale, in particolare in Lombardia. Importante anche il ruolo della Campania, che ospita quasi 1.300 startup innovative. Le startup a prevalenza femminile sono a livello nazionale solo il 12,3% del totale, ossia 1.734.
Quali sono le più interessanti startup in Italia?
In Italia, negli ultimi anni, sono nate migliaia di startup innovative, spaziando tra i più svariati settori: dal banking al retail, dalla smart mobility all’automotive, dal proptech all’insurance e altro ancora. In questa lista ne abbiamo selezionate un centinaio particolarmente interessanti, tutte fondate dal 2017 in poi:
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Come si investe in una startup?
Le startup per crescere e “scalare” hanno bisogno di ingenti quantità di capitali. Investire in startup comporta inevitabilmente un certo rischio, ma può essere lucrativo quando la startup cresca abbastanza da generare profitto o, in alternativa, faccia exit (traducibile in italiano come disinvestimento), ovvero venda il suo capitale a un altro fondo, a un’altra azienda più grande o al mercato (tramite quotazione in Borsa).
Si può investire in una startup attraverso diverse modaltà: fondi di venture capital, reti di business angel e crowdfunding.
Il Venture Capital
I fondi di venture capital sono investitori istituzionali che utilizzano un fondo d’investimento per raccogliere capitali e poi investirlo in startup. Il loro obiettivo è valorizzare la partecipazione dell’impresa, farla crescere e poi venderla nel medio-lungo termine. In Usa, il venture capital è un sottoinsieme del private equity finalizzato allo sviluppo di imprese nuove o recentii, mentre in Italia il venture capital è complementare al private equity e investe unicamente nell’avvio o sviluppo di una nuova azienda.
Il Rapporto di ricerca Venture Capital Monitor – VeMTM sulle operazioni di venture capital in Italia, realizzato dall’Osservatorio Venture Capital Monitor – VeMTM della Liuc Business School con il supporto istituzionale di Cdp Venture Capital sgr, ha rilevato che il 2022 si è chiuso con 370 operazioni (contro le 317 del 2021), per un ammontare investito di poco meno di 1,9 miliardi di euro divisi su 349 round.
I business angel
I business angel investono anch’essi in startup, ma senza costituire un fondo d’investimento: agiscono come persone fisiche, attingendo dal loro patrimonio personale.
Il loro investimento è anche di tipo intellettuale: spesso conferiscono infatti alla startup il loro know-how manageriale e il loro network di contatti. I business angel hanno trovato per la prima volta una definizione a livello giuridico nel 2020, precisamente nell’articolo 38, comma 3, di uno dei decreti attuativi del Decreto Rilancio. In quell’occasione, sono stati per la prima volta riconosciuti come “investitori qualificati” e definiti come “coloro che abbiano investimenti attivi e un track record consolidato nel settore del venture capital nonché competenze, professionalità e capacità organizzative ed economiche adeguate per supportare i progetti di sviluppo delle imprese target definiti nell’ambito dell’operazioni di investimento del Fondo (Rilancio, istituito da Cdp Venture Capital sgr, ndr)”.
Secondo i dati della Survey 2022 di IBAN, l’Associazione italiana dei Business Angels, nel 2022 i Business Angel italiani hanno infatti partecipato – in autonomia o in syndication con i fondi di Venture Capital – ad operazioni di investimento per un totale di 1,62 miliardi di euro, importo che segna un più 77% rispetto al 2021.
Le campagne di crowdfunding
Il crowdfunding, che letteralmente significa “finanziamento della folla”, consiste nella raccolta di fondi online tramite una campagna su apposite piattaforme. Si tratta di una forma di finanza alternativa che sta prendendo sempre più piede per finanziare le startup. Esistono 5 tipi di crowdfunding:
- lending based: prestiti a persone o imprese;
- equity based: conferimento di denaro dietro partecipazione al capitale sociale dell’impresa, diventandone così soci;
- reward based: raccolta di fondi che prevede una ricompensa, come un riconoscimento pubblico o il prodotto della startup;
- donation based: raccolta di fondi a titolo di donazione, senza ottenere nulla in cambio e solitamente impiegata per finanziare iniziative senza scopo di lucro;
- ibride: basate su più modalità di finanziamento.
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