In campo imprenditoriale, spesso, replicare un modello di business di successo può essere una strategia vincente. Nel gergo di settore questa metodologia viene definita Copycat, che definisce la capacità di copiare o imitare qualcosa. Nel campo delle imprenditoria digitale, la maggior parte delle startup sono copycat: Rocket Internet, ad esempio, ha costruito un impero seguendo questa strada, senza dimenticare la Cina, considerata la patria delle “riproduzione”.
Eppure, la percezione del copycat non è sempre positiva: in esso sembra mancare quella tensione creativa, l’intuizione, il coraggio che contraddistingue i first mover. Esistono strategie per difendersi da chi copia come i brevetti o gli IP difendibili per vie legali. Tuttavia in ambito digiatale non è sempre possibile seguire questa strada.
Come ha raccontato Startupbusiness, un esempio in tal senso è la startup newyorkese Lemonade. Lo scorso settembre Daniel Schreiber, uno dei fondatori, ha scritto un post intitolato ‘Who’s The #1 Lemonade Copycat?” sul blog della società, ridicolizzando con esempi specifici i tentativi d’imitazione di tre grandi compagnie: Geico, Liberty Mutual e State Farm.
Tutte e tre queste compagnie hanno promosso attività indirizzate a conquistare il cuore dei millennial, un target di clientela per loro difficile da ingaggiare e che rappresenta invece per Lemonade il principale segmento di riferimento.
Ciò che hanno fatto è stato cercare di copiare lo ‘stile’ Lemonade, facendo leva sul suo stesso nome, provando a ridicolizzarli, a mettersi in competizione, con effetti anche controproducenti.
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