Lo sviluppo degli ecosistemi digitali e innovativi ha dato un’enorme accelerata alla mobilità dei nuovi imprenditori e alla crescita di iniziative che favoriscono l’aggregazione. I cosiddetti “nomadi digitali” vivono il mondo senza confini e utilizzano la “mappa di opportunità” come unica bussola dei loro spostamenti. Qualunque sia l’oggetto della loro ricerca – partner, investitori, programmatori o datori di lavoro – hanno sempre bisogno di un tetto per dormire. Trovarlo è una delle prime sfide da affrontare. A Londra, ad esempio, la ricerca della casa è segnalata dalle community online come una delle imprese più difficili per chi vuole trasferirsi nella “Silicon Valley” d’Europa.
Avendo trascorso molti anni a contatto con startupper ed espatriati e conoscendo bene i loro problemi, Stefano Tresca e Nicolas Steiner, due dei membri fondatori di uno dei principali acceleratori londinesi, Level 39, hanno deciso di fondare una startup a metà strada tra uno spazio di co-living, co-working e accelerazione. Startup Home è figlia della cultura dello sharing ma affonda le sue radici anche nella tradizione romana del patronato. Il modello di business della startup prevede non soltanto l’affitto di alloggi dedicati a startupper o imprenditori con una vocazione tech, ma promuove anche una specie di mecenatismo 2.0, offrendo, a chiunque voglia sostenere un team promettente (banca, investitore, università), la possibilità di pagargli l’affitto di una stanza. “Invece di buttare soldi in pubblicità tradizionali che nessuno legge più – spiega Stefano Tresca, avvocato, mentor e consulente business per molte imprese innovative – una grande azienda può aiutare un imprenditore/imprenditrice pagandogli l’affitto. Oltre al ritorno pubblicitario, c’è sempre la speranza di poter dire un giorno di aver spianato la strada al nuovo Mark Zuckerberg”.
Il suo è un progetto ambizioso – condiviso con altri partner, quali Damian O’ Toole, investitore immobiliare internazionale e John Corey che fa da advisor con un passato in NeXT con Steve Jobs – che parte Londra, dove è stata inaugurata la prima casa lo scorso novembre, e ambisce ad espandersi in tutto il mondo, con Bruxelles, Amsterdam, Manchester, Toronto e Berlino in cima alla lista. Dopo una ricerca durata quasi un anno, la scelta del primo appartamento è ricaduta su un’abitazione georgiana a Greenwich, una zona attraente dal punto di vista turistico ma soprattutto ben collegata a uno dei centri nevralgici della Tech City, Canary Wharf. La filosofia di base di Startup Home è, infatti, poter offrire agli imprenditori tech il massimo delle agevolazioni durante il loro soggiorno, dalla facilità degli spostamenti ai comfort previsti dalle smart home. Sono state, infatti, coinvolte come sponsor o come partner altre startup, dando loro la possibilità di mostrare e testare i prodotti innovativi nelle case di Startup Home. SatoshiPoint, ad esempio, ha installato un punto Atm Bitcoin nell’abitazione di Londra.
La condivisione di spazi fisici si arricchisce di valore grazie alle relazioni interpersonali che si possono creare all’interno dello stesso appartamento, davanti a una bottiglia di birra in salotto. Per incentivare l’aspetto dello “sharing di idee ed esperienze” oltre che di stanze, i fondatori hanno pensato di riservare circa il 50 per cento degli spazi ai tour di startup: le Camere di Commercio di diversi Paesi, come Svizzera, Turchia e Sud Africa, l’hanno già utilizzata per i loro ragazzi. Tra gli ospiti di Startup Home di Londra ci sono stati anche sei partecipanti al master della Grenoble University, oltre che imprenditori provenienti da nove Paesi, tra i quali Messico, Germania, Spagna, Ecuador, India, Portogallo, Olanda, Italia, Norvegia. Per i prossimi progetti, la startup vorrebbe realizzare un appartamento per far incontrare le donne imprenditrici di tutto il mondo e un altro per riunire i maker, dando loro la possibilità di avere un laboratorio di stampa 3D all’interno della casa.
Dando ragione ai sostenitori della sicurezza dell’investimento sul mattone, Startup Home ha generato un ritorno sull’investimento per il 2015 pari al 28,84 per cento, dei qQuali Il 7,06 per cento derivante dal business degli affitti e il 21,78 per cento dalla compra-vendita di immobili che la startup ristruttura in una logica di smart home e rivende nella community di Millennial (la generazione del nuovo millennio) e startupper.
Stefano Tresca preferisce parlare di “investimento sul cambio generazionale” piuttosto che immobiliare. “Per la prima volta nella storia, dalla rivoluzione industriale – continua – abbiamo una generazione di giovani che non è interessata a comprare casa o l’automobile, ma vuole lavorare viaggiando e vivendo insieme. Nulla a che vedere con le comuni degli hippy. I Millennial sono per il business e la proprietà privata della loro azienda, ma condividono i mezzi accessori come casa e macchina. Per cavalcare questo cambio generazionale, Google produce auto senza pilota che si potranno condividere con Uber. Noi offriamo Startup Home. Il business è diverso ma ha le stesse fondamenta”.