Intorno alle startup ci sono una serie di luoghi comuni duri a morire. Provare a fare piazza pulita di tutte le convinzioni erronee che circolano nell’ecosistema, sia in Italia che oltre confine, è il dovere di ogni buon giornalista che si occupa di questi temi. Ed è proprio questa una delle attività preferite di Emil Abirascid, “innovologo” e CEO-fondatore di Startupbusiness: smontare i falsi miti.
Lo spazio in cui Abirascid demolisce le certezze farlocche di cui si sente parlare tra esperti (e non) di nuove imprese è Fa’ la cosa giusta, una rubrica che va in onda ogni martedì sera alle 22 su Reteconomy all’interno del nostro format EconomyUp. Per l’occasione ci siamo fatti sintetizzare dal fondatore di Startupbusiness i dieci luoghi comuni più diffusi nel mondo startup. Quelli da smantellare prima possibile.
1. Tutti possono creare una startup
Uno dei luoghi comuni più bizzarri è che nell’epoca delle startup tutti possono diventare imprenditori. Il motto “Se non hai un lavoro, inventalo” non vale per tutti. Ma solo per quelli che hanno capacità, competenza, intraprendenza. Startupper sì, ma con cautela…
2. Le startup sono una cosa da giovani
Le startup sono una cosa per chi ha capito la filosofia della nuova imprenditoria. Sono certamente per una nuova generazione di imprenditori. Ma non è detto che la nuova generazione corrisponda automaticamente con i giovani dal punto di vista anagrafico. Ci sono molte startup create da gente più ‘attempata’ che crescono e fanno successo.
3. Le startup sono un affare per esperti di tecnologia
Può accadere che una persona con zero nozioni di informatica possa fondare una nuova impresa. Se si dota di uno staff in cui c’è chi ha anche quelle competenze non c’è nessun problema.
4. Avere un’idea rivoluzionaria è tutto
L’idea da sola vale zero, nulla. Diventa qualcosa soltanto se la si sa trasformare in un business. Se c’è la cosiddetta execution.
5. In Italia non ci sono abbastanza soldi a disposizione
Non ci sono sufficienti risorse per finanziare tutte le potenziali idee di business che ci sono. È vero. Questo però non significa che in Italia siamo a zero. Ci sono persone competenti e attente anche tra i finanziatori italiani. Però, l’ammontare complessivo di denaro a disposizione dell’innovazione deve crescere.
6. Le banche non servono all’ecosistema startup
Le banche, se viste come strumento di finanziamento in capitale di rischio, non posso essere utili allo scopo. Di solito operano in modo diverso: prestano soldi. Ma le startup non si fanno col debito. Se le banche ti danno dei prestiti, te li danno sulla base di garanzie. Se puoi offrirle, vai avanti. Altrimenti non ti viene erogato nessun prestito. Una startup nata con i soldi delle banche non si è mai vista. Eppure, le banche però hanno un ruolo importante nel costruire credibilità per il mondo delle nuove imprese agli occhi dei loro clienti corporate. E quindi possono lavorare per accrescere il loro valore presso il mondo industriale.
7. L’innovazione costa tanto
Mettiamola così: ci sono innovazioni che costano più delle altre. Sostenere l’innovazione di una startup attiva nel web costa molto meno che quella di un farmaco. Per quanto possa costare, il nuovo valore prodotto dall’innovazione è cosi elevato da giustificare l’investimento fatto.
8. Anche un bar può essere una startup
Tecnicamente qualsiasi nuova impresa è una startup. Quindi, anche un bar potrebbe essere una startup. Noi però ci riferiamo ad aziende di nuova generazione che sviluppano nuove cose ma che si caratterizzano perché hanno un nuovo approccio al concetto di imprenditoria. È più una questione culturale che di contenuto.
9. Se non è scalabile rapidamente, non è una startup
Tutte le startup sono imprese. Cominciamo a chiamarle così. Capaci di creare valore, fatturato, posti di lavoro, ricadute sul territorio. Le imprese ad alta scalabilità sono quelle che attirano di più l’attenzione degli investitori perché hanno la capacità di tradurre l’investimento iniziale in un ritorno di alto valore. Eppure, ci sono fondi di investimento che si concentrano su startup che hanno una scalabilità meno spiccata: si pensi al biotech. O ancora, c’è chi, in campo industriale, si interessa e investe in nuove conoscenze e nuove tecnologie, senza pensare a un ritorno finanziario immediato.
10. Fare startup è “fico”
Fare startup è divertente, entusiasmante. Ma è un grande impegno, che richiede sacrificio e lavoro. Chi decide di avviare la sua impresa deve crederci fino in fondo, dedicarcisi totalmente, sapere che per i primi 3-4 anni ci deve essere solo quello, escluso il tempo per gli affetti. Bisogna sacrificare tempo libero, vacanze, attività di altro tipo per sviluppare l’impresa nel modo migliore possibile. Sapendo, tra l’altro, che il successo non è garantito. In conclusione, fare startup è “fico” ma faticoso.