POLITICA & innovazione

Startup, digitale e novità legislative: ricostruiamo il puzzle. Che cosa bolle in pentola, a che punto siamo



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DDL Concorrenza, PdL Centemero, Legge finanziaria: tra norme ed emendamenti c’è una certa confusione su quel che si sta preparando per startup, innovazione e società digitali. Ecco il punto sulla situazione e lo stato dei diversi provvedimenti di legge

Pubblicato il 4 nov 2024

Giorgio Ciron

Direttore InnovUp



scouting di startup concept
Immagine di Cloud Yew da Shutterstock

A causa dell’affastellarsi di Leggi, Decreti Legge, norme ed emendamenti regna una gran confusione circa le recenti novità legislative per la filiera italiana dell’innovazione. Proviamo a fare chiarezza, andando in ordine cronologico.

DDL Concorrrenza, frammenti di Startup Act 2.0

1. DDL Concorrenza – Approvato il 26 luglio 24, è ora in discussione alla Camera per la conversione in Legge.

Avrebbe dovuto recepire il grande lavoro svolto dalle Associazioni nella predisposizione del cosiddetto, Startup Act 2.0 – oltre 20 proposte e 50 pagine di articolato -, ma, almeno per ora, si è risolto in 6 articoli dedicati al settore.

  • Art. 24/25: oltre ad alcune modifiche secondarie (es. previsione che una startup innovativa debba essere per forza una MPMI per garantire compatibilità con la normativa EU sulla deroga agli aiuti di Stato o che il brevetto attraverso il quale una startup si registra come innovativa non sia più solo “direttamente afferente all’oggetto sociale” ma sia anche “utilizzato dall’impresa”) introduce il requisito di almeno 20k di capitale sociale e di almeno 1 dipendente, dopo 2 anni dalla registrazione come startup innovativa, per la permanenza nel registro delle stesse. Requisiti che si applicano anche alle startup attualmente iscritte che devono adeguarsi entro 2 anni.
  • Art. 26: amplia la platea dei soggetti che possono essere “certificati” non solo agli incubatori strettamente detti ma anche a soggetti che svolgono attività di “supporto e accelerazione di startup innovative” e introduce una nuova sezione speciale del registro delle imprese dove sono censiti questi ultimi. Sarà da monitorare con attenzione il decreto del MIMIT – da emanarsi entro 60 giorni – che indicherà i requisiti per la certificazione. Tuttavia, al terzo comma dell’articolo, si esentano questi nuovi soggetti da tutti i benefici fiscali previsti per gli “incubatori certificati”.
  • Art. 27: introduce un credito d’imposta dell’8% – fino ad un massimo di investimento agevolabile di 500k – per gli “incubatori certificati” che investono direttamente in startup innovative o per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in startup innovative. L’investimento per essere agevolabile deve essere mantenuto per 3 anni (anche cessioni parziali fanno decadere il beneficio). Il contributo è concesso nel limite complessivo di spesa di 1.800.000€ annuo per ciascun incubatore e il contributo è concesso nei limiti della normativa “de minimis”.
  • Art. 28: abbassa dal 10% all’8% la percentuale di attivo patrimoniale che può essere dedicato ad investimenti qualificati da casse di previdenza e fondi pensione e prevede che qualora un fondo o una cassa volesse tornare al 10%, il 2% rimanente debba essere necessariamente investito nell’asset class del VC.
  • Art. 29: estende l'”investor VISA” a chi investe almeno 500k in fondi di VC italiani.

A fronte dell’insoddisfazione del settore per il mancato recepimento di molte proposte e per la scarsa ambizione del provvedimento il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha aperto a modifiche in sede di conversione – dove sono stati presentati molti emendamenti – e all’introduzione di nuove misure in prossimi veicoli normativi per uno Startup Act 2.0 veramente compiuto.

N.B. Colgo l’occasione per ricordare che, le suddette misure, non saranno applicabili sino a che il provvedimento non avrà terminato il proprio iter parlamentare e sarà convertito in Legge.

PdL Centemero per lo sviluppo di startup e PMI innovative

PdL di Giulio Centemero contenente “Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle startup e delle PMI innovative” approvata, dopo un lungo percorso, iniziato più di due anni fa, lo scorso 23 ottobre.

Un testo molto positivo, cui abbiamo contribuito sin dagli inizi, che prevede:

  • La possibilità di tradurre in credito d’imposta la detrazione “de minimis” del 50% in caso di incapienza fiscale del contribuente (ovvero qualora la detrazione superi l’imposta lorda del contribuente).
  • L’innalzamento da 25 a 50 milioni del limite di patrimonio per le SIS (Società di Investimento Semplici).
  • L’esenzione dei “capital gain” percepiti dalle persone fisiche, che derivano dalla partecipazione a fondi o OICR che investono prevalentemente in una o più startup o PMI innovative.
  • Una revisione delle esenzioni su “capital gain” per le persone fisiche che cedono partecipazioni al capitale di startup e PMI innovative, nonché le plusvalenze reinvestite in startup e PMI innovative per rendere la norma coerente con la normativa europea sugli aiuti di stato.
  • L’introduzione di un Fondo di Fondi, a valere sulle risorse del patrimonio destinato, volto a rafforzare gli investimenti in economia reale.
  • La possibilità per i laboratori di ricerca pubblici e privati di iscriversi in apposita sezione dell’Anagrafe nazionale delle ricerche.

Legge di Bilancio 2025: web tap e tetto alle detrazioni

Anche in questo caso si tratta del primo testo licenziato dal Consiglio dei Ministri, lo scorso 16 ottobre che, ora, sarà sottoposto al consueto iter parlamentare per diventare effettivamente Legge e, quindi, ci sono ampi margini di manovra per intervenire.

In questo contesto, vi sono tre misure che hanno destato preoccupazione tra gli attori della filiera dell’innovazione:

  • Web tax: prevede l’estensione della tassazione sul 3% del fatturato prodotto dall’azienda ad una platea più ampia di soggetti eliminando le soglie dimensionali (750 milioni di ricavi globali e 5,5 milioni di fatturato in Italia) precedentemente previste.

    N.B. Per chiarezza non si tratta, di tutte le aziende digitali o di chi ha un e-commerce – come ho letto in vari articoli – ma “solo” di alcune chiare fattispecie: a) chi veicola pubblicità digitale sulla sua stessa interfaccia (cfr. editori); b) chi mette a disposizione interfacce digitali multilaterali che consentono agli utenti di essere messi in contatto tra loro al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi (cfr. tutti i modelli di business a “platform”); c) chi trasmette dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di interfaccia digitale.
  • Tetto alle detrazioni: misura trasversale che, purtroppo, ricomprende anche gli investimenti in startup (oggi agevolati al 30% o 50%) nel nuovo plafond (8k per chi ha un IRPEF > 100k e, quindi, la saturazione del plafond con soli 24k euro di investimento e l’agevolazione del 30%) con il rischio di compromettere significativamente la filiera del “business angeling”. Si tratta di circa 8.000 persone che ogni anno investono, anche grazie a queste agevolazioni, per un totale di circa 200M di investimenti (circa il 20% del mercato italiano) e 90M di detrazioni.
  • Criptovalute: aumento della tassazione dal 26% al 42%.

Pare evidente come si tratti di tematiche importanti per il futuro del settore rispetto alle quali, tuttavia, mi sento di rassicurarvi poichè è in atto una fitta interlocuzione istituzionale per trovare possibili soluzioni!

Le incertezze del quadro normativo

Insomma, un quadro a tinte “chiaro-scure” caratterizzato, purtroppo, dalla consueta incertezza del framework normativo che rende particolarmente difficile fare impresa in Italia – soprattutto se nuova e innovativa – ma dove si rilevano anche dei significativi passi avanti.

Tuttavia, non basta più “camminare” se vogliamo partecipare da protagonisti alla competizione globale che passa, sempre più, dall’innovazione, ma serve uno “scatto” deciso ,anche nelle “regole del gioco”, che metta i nostri imprenditori nelle condizioni di vincere questa sfida.

Uno “scatto” che consenta di passare dallo 0,06% del PIL investito in Venture Capital allo 0,30% come da media europea, che ci permetta di avere 10, 20, 100 unicorni e non 3 o 4 (a seconda delle stime), che metta la nostra filiera dell’innovazione nella condizione di creare non “solo” 210.000 nuovi posti di lavoro dal 2012 ad oggi – pari al 25% dei nuovi posti creati – ma almeno il doppio come accade negli ecosistemi maturi e che ci riporti, come nel 2012, ad avere una delle legislazioni sulle startup più avanzate a livello europeo.

Europa che può e deve avere un ruolo in questo scenario. In queste ore, grazie alle pressioni delle Associazioni – si sta discutendo del cosiddetto “28esimo regime”, il framework normativo unico per le nuove imprese innovativema anche in questo caso non basta, perchè non possiamo più permetterci che, nel solo 2021, Wall Street abbia registrato più quotazioni di aziende tecnologiche che l’Europa nell’intero periodo tra 2015 e 2023 o che, come successo negli ultimi 10 anni, vi sia la migrazione di oltre 400 miliardi di capitalizzazione di startup sulla borsa americana.

Citando il Prof. Draghi e il suo recente report sulla competitività europea: “EU lacks focus: we proclaimed that innovation was at the center of our action and then we basically did everything we could to sort of keep it at a low level. Regular barriers, constrain growth in several ways. The EU’s regulatory stance towards tech companies hampers innovation.”

Se l’Europa e l’Italia vogliono guardare al futuro – per la sostenibilità dei nostri Paesi e delle nostre economie – l’innovazione deve tornare veramente al centro delle nostre politiche industriali e deve farlo con l’ambizione necessaria per affrontare una sfida così alta!

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