Corporazioni

Sindaco Pisapia, i tassisti le stanno facendo perdere la via dell’innovazione

Da una parte una start up, Uber, che propone un servizio innovativo usando la tecnologia. Dall’altra una categoria, i tassisti, che difendono una rendita di posizione. In mezzo il Comune che sbanda cercando di non scontentare nessuno. E perdendo un’occasione per dare un chiaro segnale di cambiamento

Pubblicato il 31 Lug 2013

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Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia

Che non diventi una guerra di religione adesso. Da una parte i filo-Uber, dall’altra gli amici dei tassisti. La salomonica delibera del Comune di Milano sta riaccendendo le polemiche sul servizio della start up americana che ha già prodotto diversi scompigli e persino qualche scazzottatura. Il confronto sui regolamenti e i cavilli è semplicemente patetico e poco interessante. Lo lasciamo ai legali, al Tar e alla Corte di Giustizia europea presso il quale due autisti romani hanno presentato un ricorso per violazione del libero mercato. E poi non c’è solo Uber, perché altre società, anche italiane, stanno facendo pressappoco la stessa cosa. Dietro la guerra tra autisti in un periodo di magra c’è una questione ben più importante: la capacità di vedere e imboccare con decisione la via dell’innovazione.

Che cosa sta succedendo? Una nuova società, utilizzando le opportunità della tecnologia, ha sviluppato un servizio di qualità che rapidamente ha incontrato i favori del pubblico un po’ dappertutto nel mondo. Puoi chiamare e prenotare un autista con lo smartphone, avere in tempo reale un preventivo di costo e tutto senza parlare con nessuno. Inoltre arriva una bella auto, con autista ben vestito e un servizio di qualità. Apriti cielo! I tassisti hanno visto minacciata la loro rendita di posizione e invece di rilanciare migliorando servizio e qualità (e ci sarebbe da fare davvero molto visti gli standard medi della categoria…ma questo è un altro discorso), reagiscono invocando il rispetto delle regole nel migliore dei casi e alzando le mani nel peggiore.

Ci sono sempre stati i partigiani della resistenza all’innovazione e sempre ci saranno. Di solito combattono con armi spuntate e sbagliate, spesso finiscono per sopperire, perdendo l’occasione di “ricrearsi” e rilanciarsi. Quello che fa pensare e preoccupare è l’atteggiamento del Comune di Milano, la presunta città internazionale, che ogni tanto si immagina polo delle start up e che ospiterà l’Expo 2015. Ecco questa città, che continua a crogiolarsi quale patria degli stilisti e del design, sta perdendo un’occasione unica per presentarsi al mondo come amica dell’innovazione. Invece di cercare di stare in equilibrio tra il nuovo e il vecchio, di impegnarsi al gioco dell’oca (gli autisti non tassisti devono ogni volta tornare al punto di partenza…) e appassionarsi al dettaglio normativa per non scontentare nessuno, dovrebbe decisamente imboccare una strada. E invece abbiamo scoperto che la lobby dei tassisti non conta solo a Roma e non è serbatoio di voti per il centrodestra, come si dice di solito. Anche una giunta che non è rossa ma è arancione, con il sindaco Giuliano Pisapia che parla e straparla di futuro, quando si arriva al momento di dover toccare interessi reali, si comporta come sempre fa la politica. Preferisce non scegliere. Frena, indietreggia, manovra confusamente. Perché non sa quale strada prendere e ha paura di sbandare.

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