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Siae, recepita la direttiva Barnier ma si ignorano le startup (per ora)

Il Senato approva il testo europeo sulla liberalizzazione del mercato dei diritti d’autore ma prende in considerazione solo gli “organismi di gestione collettiva”, non gli “enti di gestione indipendenti” come Soundreef o Patamu. Il monopolio quindi sembra intatto. In attesa dei dettagli dei prossimi decreti attuativi

Pubblicato il 28 Lug 2016

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L’Europa doveva contribuire a mettere fine al monopolio Siae in Italia, ma non è stato così. Almeno non ancora. Oggi è stata recepita la direttiva europea Barnier, quella sulla gestione collettiva dei diritti d’autore in grado di introdurre nel nostro Paese la liberalizzazione di questo mercato e, di conseguenza, di mettere fine al monopolio della Società italiana degli autori ed editori. Ma la Siae è ancora monopolista. Suona vagamente paradossale eppure è così. È quanto si deduce dalla lettura della legge delega votata questa mattina in via definitiva dal Senato con 141 sì, 35 no e 42 astenuti. (Qui la legge che delega al governo il recepimento della direttiva europea sui diritti d’autore) Di fatto la questione resta ambigua: “ambigua, paludosa e di natura anche politica” la definisce un addetto ai lavori che preferisce non essere citato. In ogni caso è ancora lontana dall’essere definitivamente risolta. Alla legge delega dovranno necessariamente seguire i decreti attuativi, dove con tutta probabilità si giocherà la vera partita. Per il momento è prevalsa la “linea Franceschini”, quella indicata dal ministro della Cultura: procedere a una riforma della Società degli Autori ed Editori senza però liberalizzare il mercato, quindi senza lasciare spazio a un competitor quale Soundreef, startup che si occupa di copyright musicale e che ha ingaggiato un testa a testa con la Siae. Anche se Soundreef ha trovato comunque il modo di operare in Italia attraverso una controllata inglese.

Tutto quello che bisogna sapere per capire lo scandalo Siae

La vicenda – È da tempo che la Società italiana degli autori ed editori, ente costituito oltre 130 anni fa, è

Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini

al centro di critiche che vanno dalla modalità di gestione dei diritti d’autore, ai bilanci in rosso, al suo ruolo da monopolista nel mercato italiano che gli è riconosciuto per legge, una legge che risale al secolo scorso. A mettere in discussione questo ruolo è arrivata la Direttiva 2014/26/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulla gestione collettiva dei diritti d’autore. Entrata in vigore il 9 aprile 2014, prevedeva come termine per il recepimento da parte degli Stati membri il 10 aprile 2016. L’Italia ha tardato, un ritardo che ha fatto un certo rumore. In quell’arco di tempo il ministro Dario Franceschini ha avuto modo di far conoscere il suo pensiero sulla Siae: “non scomporre la parte nazionale” ma piuttosto “avviare un lavoro urgente di profonda riforma” della Società.

Cosa contiene la delega – La legge delega approvata oggi sembra proprio procedere su questa linea. Perché? Basta leggere le prime righe che recitano: “Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (…) il Governo si attiene (..) anche ai seguenti princìpi e criteri direttivi specifici: assicurare che la Società italiana degli autori ed editori e gli altri organismi di gestione collettiva garantiscano idonei requisiti di trasparenza, efficienza e rappresentatività, comunque adeguati a fornire ai titolari dei diritti una puntuale rendicontazione dell’attività svolta nel loro interesse”. Per chi non conosce la direttiva Barnier potrebbe sembrare che menzionando sia la Siae sia gli organismi di gestione collettiva si stabilisca un’apertura del mercato a soggetti plurimi. Non è così. Nella direttiva Barnier si legge: “I titolari dei diritti dovrebbero essere liberi di poter affidare la gestione dei propri diritti a entità di gestione indipendenti. Tali entità di gestione indipendenti differiscono dagli organismi di gestione collettiva, tra le altre cose perché non sono detenute o controllate dai titolari dei diritti. Tuttavia, nella misura in cui tali entità di gestione indipendenti svolgono le stesse attività degli organismi di gestione collettiva, esse dovrebbero essere tenute a fornire determinate informazioni ai titolari dei diritti che rappresentano, agli organismi di gestione collettiva, agli utilizzatori e al pubblico”. Qui la direttiva europea sul diritto d’autore.

Davide D'Atri, Ceo di Soundreef

Insomma, nella legge delega italiana non si citano gli enti di gestione indipendenti. E Soundreef, per esempio, è un ente di gestione indipendente. Così come lo è Patamu, startup che offre un servizio online di certificazione della paternità delle opere. Ergo: la legge delega si riferisce solo alla Siae. Che resta, almeno per il momento, monopolista. Il provvedimento indica comunque una serie di principi e criteri che la Siae, d’ora in poi, dovrà rispettare: dovrà diventare più trasparente, efficiente e rappresentativa, garantire una migliore distribuzione dei ricavi agli artisti, offrire loro un rendiconto puntuale dei diritti sulle canzoni, pubblicare tutti i dati online e molto altro.

La reazione – La prima reazione ufficiale arriva proprio da Soundreef, che in una nota scrive: “Certamente il testo della legge che detta i principi al Governo per il recepimento della direttiva Barnier non prevede la liberalizzazione, ma neanche la esclude. Né era la legge di delegazione la sede per decretare la fine formale dell’esclusiva SIAE. I fan del monopolio potrebbero cantare vittoria a una “vittoria di Pirro”. L’appuntamento, col mercato è infatti ineluttabile. Anche perché non è pensabile che, dovendosi comunque consentire l’attività in Italia di altre Società di Gestione di Collettiva dei Compensi ed Enti di Gestione Indipendenti stabilite in altri paesi dell’UE, per non incorrere in violazione del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, si arrivi al paradosso che solo alle società italiane sia precluso il mercato Italiano. Su questo c’è stata la mobilitazione dell’Authority per la Concorrenza e il Mercato, di migliaia di autori, di moltissimi gruppi d’interesse e di un gruppo trasversale di molte forze politiche, dai Cinque Stelle alla destra allo stesso Pd, che chiedono il rispetto della Direttiva Barnier e del mercato”.

Cosa succederà in seguito – La vicenda in ogni caso non si chiude qui. Dovranno essere emanati i decreti attuativi: bisognerà vedere cosa conterranno, se confermeranno l’impianto della delega o introdurranno novità. Dopodiché sarà la Commissione europea a verificare che i decreti attuativi siano stati redatti in conformità con la direttiva, altrimenti parte la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Tutto o quasi potrebbe ancora succedere lungo il cammino.

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