Ho sempre guardato al Registro delle Startup Innovative introdotto nel 2012 con gli occhi attoniti di chi vede affrontare un tema strategico in ritardo e con l’approccio sbagliato.
Registro delle Startup Innovative: le sensazioni
La mia reazione era dovuta a diversi motivi, tra cui, in primis:
- la pretesa di introdurre l’innovazione attraverso decreti e registri (lo stesso peraltro è stato fatto anche per l’Open Innovation, con il famigerato elenco cui era possibile iscriversi);
- l’utilizzo del termine “Startup Innovativa” (SUI) che è un non-sense (concettualmente non esistono startup che non siano innovative);
- la sua estensione alle PMI (“Piccola e Media Impresa Innovative” o PMII) che, per loro natura, non possono essere assimilate alle startup in quanto non ne condividono l’ambizione alla crescita (forte e rapida) e i modelli operativi/finanziari sottostanti.
Pertanto quando il Prof. Enrico Cotta Ramusino, amico e collega dell’Università di Pavia, mi ha proposto di fare uno studio e incrociarne i dati con quelli delle scaleup analizzate da Mind the Bridge la mia prima reazione è stata alquanto tiepida in quanto avevo l’impressione che tra le circa 14mila imprese iscritte nel registro ci fosse di tutto tranne che startup (in gran parte aziende di servizi).
Ma, visto che non è possibile dire di no al proprio Maestro accademico, alla fine ho accettato. E ho scoperto molti aspetti interessanti che mi hanno fatto (significativamente) ricredere.
Spoiler: per quanto sia umano avere sensazioni, sempre meglio avvalorarle con dati prima di esprimere opinioni.
Registro delle Startup Innovative: i dati
Abbiamo quindi incrociato i dati delle SUI e PMII iscritte nelle sezioni speciali del Registro delle Imprese con le “scaleup” incluse nel database proprietario di Mind the Bridge.
Vi riassumo le tre evidenze principali:
- delle 557 scaleup censite a fine 2022, 86 (0,6%) del totale delle startup iscritte al Registro) si ritrovano tra le SUI e 231 (8,5% di quelle dell’albo) tra le PMII
- ne risulta, che il 15,4% delle scaleup sono SUI e il 41,5% sono PMII. Quindi possiamo concludere che circa il 57% delle scaleup sono imprese attualmente iscritte nelle due sezioni speciali del Registro delle Imprese
- la correlazione potrebbe essere anche più forte, considerato che vi possono essere delle scaleup non più iscritte nel registro delle SUI per il limite dei 5 anni, ma che lo sono state in passato. Per considerare il vincolo temporale cui le SUI sono soggette, riscontriamo che le scaleup fondate dopo il 2018 sono 138. Le 86 SUI che appartengono all’insieme delle scaleup e che risultano ancora iscritte alla sezione speciale rappresentano quindi il 62,3% di questo sottoinsieme.
Le considerazioni dopo avere analizzato i dati
L’analisi dei dati suggerisce le considerazioni che seguono.
Gli incentivi dello Startup Act hanno funzionano e vanno estesi
In primo luogo, sebbene il progressivo stratificarsi di norme abbia prodotto un quadro normativo completo ma al contempo poco omogeneo, suscitando di volta in volta legittime criticità e incertezze tra gli operatori direttamente coinvolti, l’impostazione assunta nella disciplina del 2012 (il DL 212) ha consentito di diffondere nel sistema economico italiano pratiche virtuose, quali gli investimenti in ricerca e sviluppo, l’assunzione di personale qualificato da titoli di studio e il possesso di brevetti.
Quindi, al di là delle fuorvianti terminologie usate dal legislatore per riferirsi alle startup, la disciplina ha favorito meccanismi incentivanti, subordinati al possesso, da parte delle imprese, di alcuni specifici elementi di innovatività concorrendo così al miglioramento qualitativo della loro attività economica. Per questo si ritiene che gli attuali incentivi dovrebbero essere non solo confermati, ma anche estesi a beneficio dello sviluppo complessivo del Sistema Paese.
Il Registro delle Startup Innovative intercetta le scaleup
In secondo luogo, non dobbiamo dimenticare che esistono alcune sostanziali differenze tra le SUI italiane ex lege e le startup che osserviamo negli ecosistemi leader a livello mondiale. Queste ultime sono imprese che si propongono di realizzare rilevanti processi di crescita attraverso innovazioni significative, destinate a creare discontinuità, facendo leva su investimenti ingenti, sostenuti da investitori specializzati. Esse rappresentano iniziative imprenditoriali che si concludono frequentemente con il fallimento ma che, in alcuni limitati casi, portano alla creazione di campioni.
La tipologia di SUI prevista dal nostro ordinamento si caratterizza per un grado di innovatività che può anche essere limitato al rispetto di uno solo dei tre indicatori menzionati in precedenza. Ne consegue che queste imprese non sono destinate, in media, a generare rilevanti processi di crescita. Al contrario, la normativa italiana determina l’accoglimento, nella popolazione delle SUI, una vasta numerosità di imprese (tra cui aziende di servizi) e molte delle quali, la stragrande maggioranza, è destinata a rimanere di dimensione piccola o media.
Dalle evidenze raccolta in tema di PMII si vede come il grado di innovatività tenda ad aumentare, come testimoniato dal possesso, da parte della maggioranza di queste ultime, di due o tre requisiti. Da questa ampia base di partenza, oltre 16 mila imprese, sono peraltro uscite 317 delle 557 scaleup oggi presenti nel nostro Paese.
Sebbene il tasso di trasformazione “in uscita” appaia basso, nel mondo delle startup è assolutamente normale che da una base ampia escano poche imprese di successo e, comunque, leggendo i numeri dalla prospettiva dell’ecosistema delle “scaleup”, si può affermare che il Registro sia in grado di intercettarne la maggior parte, come indica la percentuale del 57% da calcolata, un dato che, per le ragioni suesposte, appare probabilmente sottostimato.
Scaleup, quali interventi per superare il ritardo italiano
In merito alle scaleup, emerge come in Italia la situazione attuali mostri due evidenze di segno opposto. Da un lato, i principali indicatori segnalano ancora un ritardo ingente dell’Italia rispetto a sistemi economici comparabili al nostro in ambito europeo. Dall’alto si riscontrano una crescita rilevante nel corso degli ultimi anni e il prevalere di previsioni di crescita ulteriore nei prossimi. Il fenomeno merita pertanto un monitoraggio attento, anche al fine di comprendere se interventi ulteriori possono agevolare questa linea di sviluppo del sistema economico italiano.
n questa prospettiva il lavoro che InnovUp sta portando avanti con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy per la revisione del corpus normativo più di dieci anni dopo (il cosiddetto Startup Act 2.0) è fondamentale per sanare le incertezze presenti nella disciplina vigente, superare le oggettive difficoltà di attuazione e armonizzare le politiche in materia di startup (e magari rinfrescare la terminologia).