Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il PNRR, ha due pilastri: transizione digitale e transizione ecologica. Ci dovrebbe essere quindi molto spazio all’innovazione e alla tecnologia. Ma non ce n’è di significativo per le startup. Nelle 273 pagine del PNRR, o Recovery Fund, alle startup sono dedicate solo poche righe. Eccole:
Le startup nel PNRR, ecco dove trovarle
Investimento 3.2: Finanziamento di start-up. La misura è finalizzata ad integrare le risorse del Fondo Nazionale per l’Innovazione, lo strumento gestito da Cassa Depositi e Prestiti per sostenere lo sviluppo del Venture Capital in Italia. Attraverso questa iniziativa, implementata dal MiSE, sarà possibile ampliare la platea di imprese innovative beneficiarie del Fondo, finanziando investimenti privati in grado di generare impatti positivi e valore aggiunto sia nel campo della ricerca sia sull’economia nazionale. L’investimento consentirà di sostenere 250 piccole e medie imprese innovative che attiveranno investimenti per 700 milioni di euro (partecipazione media pari a 1.2 mln euro).
Startup e PNRR, 300milioni per 150 startup di successo
In sostanza si prevede di finanziare ciascuna delle 250 startup con ben 1,2 milioni di euro in media, per un importo complessivo di 300 €/mln con i fondi del PNRR tramite CDP. Con i fondi degli investitori privati (700 €/mln) la somma arriverebbe a ben 1 €/miliardo.
Siccome grosso modo metà delle startup falliscono nei primi 5 anni dalla nascita si spenderebbero ben 300€/mln per finanziare meno di 150 startup di successo. Si tratta di un risultato piuttosto marginale se si pensa che con somme di quell’ordine di grandezza si potrebbero attivare finanziamenti, grosso modo, per ben 2.000 startup. Naturalmente per far questo sarebbe necessario mettere a punto una stabile struttura organizzativa che promuova e gestisca il sistema di promozione e supporto delle startup. Questo peraltro consentirebbe di proiettare nel tempo una stabile organizzazione mirata allo scopo.
Startup e PNRR, la proposta dell’UCID
Non a caso l’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) a fine marzo ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una proposta in merito, alla cui redazione ho partecipato, che prevede una modalità organica di finanziamento a oltre 3.500 startup, nei 6 anni del PNRR, con un impegno di 500 €/mln (tale somma è più alta di quella del PNRR ma altri fondi sono già disponibili a CDP).
Storicamente l’importo medio dei fondi per avviare una startup è sui 400.000 € nel primo anno di vita, cioè nella cosiddetta fase seed, in cui viene messo a punto il prototipo di prodotto/servizio e si valuta anche il mercato potenziale definendo i contenuti e le modalità delle campagne di marketing e pubblicitarie da lanciare.
È in questa fase iniziale che i finanziatori corrono il maggior rischio. Considerando che i fondi venture capital in Italia non mancano, la proposta UCID ipotizza che iI contributo di CDP potrebbe essere intorno a 140.000 euro in cambio della possibilità di valutare l’operato dei singoli Venture Capitalist che partecipano al finanziamento e la loro capacità di promuovere startup che offrano crescita il più possibile diffusa secondo i principi dell’Economia civile.
Dopo la fase seed, per le startup positivamente valutate, i finanziamenti vengono fatti dai Venture Capitalist che normalmente acquisiscono quote delle startup per poi rivenderle quando i loro ritorni economici sono significativi.
Il modello del NVCA, National Venture Capital Association
Questo approccio favorirebbe anche l’affermazione di una struttura come quella che esiste negli Stati Uniti: la NVCA (National Venture Capital Association), un’organizzazione che coinvolge tutte le principali aziende statunitensi e che genera, tramite le startup di successo, quasi tre milioni di posti di lavoro all’anno che sono circa la metà di quelli creati complessivamente. I partecipanti alle startup non di successo vengono comunque assunti dalle aziende aderenti all’NVCA e vanno a ruba perché sono quelli con la migliore formazione sul campo.
In conclusione, la proposta attuale sul PNRR andrebbe focalizzata, come suggerito nella proposta UCID, proprio nell’ottica strategica di una crescita della Next Generation EU che vada anche ben oltre i sei anni del Recovery Plan.
Il problema, in generale, sarà quello di assegnare l’attuazione dei singoli progetti a persone/organizzazioni competenti in modo specifico sulle singole tematiche, mettendo da parte i burocrati estensori del PNRR. Per questo le riforme annunciate saranno fondamentali, ma dovranno includere anche questi aspetti.