Norme

Pmi innovative, serve chiarezza sulla disciplina Ue

Una raccomandazione dell’Unione, recepita dal nostro ordinamento, stabilisce che una piccola o media impresa debba essere “autonoma”. Nel 2015 nel nostro Paese è nata la nuova categoria delle Pmi innovative: per legge i loro dati possono essere sommati a società a esse “associate” o “collegate”. Stiamo rispettando le regole europee?

Pubblicato il 20 Apr 2017

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Nel nostro Paese è stata introdotta nel 2015 la categoria imprenditoriale delle Pmi (piccole e medie imprese) innovative. Le Pmi innovative, nate con la conversione in legge del Decreto Investment Compact, sono società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che rispettano i limiti dimensionali delle piccole e medie imprese e i parametri riguardanti l’innovazione tecnologica.

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Ma una Pmi innovativa deve essere una Pmi ai sensi della disciplina Ue? Per l’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese dedicata alle Pmi innovative, occorre verificare che le imprese siano “Pmi” «come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE». Tuttavia l’interpretazione letterale dell’art.4, comma 1 del dl 24 gennaio 2015, n.3 (appunto il cosiddetto Investment Compact) pone dei possibili conflitti con la ratio della normativa che mira, tra l’altro, a internazionalizzare l’ecosistema italiano dell’imprenditoria innovativa rendendolo più attrattivo per i flussi internazionali di capitale e a moltiplicare i legami tra imprese tradizionali e nuove imprese innovative.

In base alla Raccomandazione 6 maggio 2003, n.2003/361/CE, recepita dal nostro ordinamento dal decreto del Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) 18 aprile 2005, rientrano nella categoria delle Pmi, le imprese con (i) numero degli occupati inferiore a 250; (ii) un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.

Tuttavia la definizione di Pmi prevede anche che l’impresa debba essere “autonoma” nell’accezione specificata dall’art.3 della Raccomandazione, potendo qualificarsi tale l’impresa non identificabile come “associata” o “collegata” (cfr.: Tabella).

L’art.3 del decreto chiarisce che – nel caso in cui l’impresa sia associata ad una o più imprese – ai dati degli occupati e del fatturato o dell’attivo patrimoniale dell’impresa si sommino, in proporzione alla percentuale di partecipazione al capitale o alla percentuale di diritti di voto detenuti, i dati dell’impresa o delle imprese situate immediatamente a monte o a valle dell’impresa medesima. Lo stesso articolo aggiunge «ai fini della determinazione dei dati delle imprese associate all’impresa richiedente, devono inoltre essere interamente aggiunti i dati relativi alle imprese che sono collegate a tali imprese associate».

Nel caso in cui l’impresa sia collegata ad una o più imprese, ai dati dell’impresa si sommano interamente i dati degli occupati e del fatturato o del totale di bilancio desunti dal bilancio di esercizio di tali imprese. L’art.3, comma 6 del decreto, inoltre prevede che «devono essere aggiunti, in misura proporzionale, i dati delle eventuali imprese associate alle imprese collegate – situate immediatamente a monte o a valle di queste ultime – a meno che tali dati non siano stati già ripresi tramite i conti consolidati in proporzione almeno equivalente alle percentuali di cui al comma 4».

Agli uffici delle Camere di Commercio, anche alla luce dei chiarimenti espressi dal Mise nella recente circolare del 14 febbraio 2017, n.3696/C, non compete tale ordine di verifiche.

Sarebbe opportuno, però, che sul punto venissero resi dei chiarimenti ufficiali. Se fosse confermata la rigida interpretazione letterale, infatti, anche l’investimento di corporate venture capital in una Pmi innovativa, ad esempio, potrebbe determinare la perdita della qualifica di Pmi dell’impresa target, disincentivando, nei fatti, l’afflusso di capitali, anche stranieri, verso le imprese innovative, in aperto contrasto con la finalità della norma.

Chiarimenti, inoltre, sono opportuni per i legali rappresentanti delle imprese innovative che, per iscriversi (e mantenere l’iscrizione) nella sezione speciale del Registro delle imprese, hanno reso dichiarazioni passibili delle sanzioni penali previste dall’art.76 del dpr 28 dicembre 2000, n.445, oltre che per scongiurare, in sede di verifica, il disconoscimento dei benefici conseguenti al provvedimento eventualmente emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (ai sensi degli art.46 e 47 del dpr n.445 cit.).

Imprese Associate

(cfr.: art.3, comma 2 della Raccomandazione)

Imprese Collegate

(cfr.: art.3, comma 3 della Raccomandazione)

Tutte le imprese tra le quali esiste una relazione tale per cui una impresa detiene (da sola oppure insieme a una o più imprese collegate) almeno il 25 per cento del capitale o dei diritti di voto di un’altra impresa

Tutte le imprese tra le quali esiste una delle seguenti relazioni:

a) l’impresa in cui un’altra impresa dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

b) l’impresa in cui un’altra impresa dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

c) l’impresa su cui un’altra impresa ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un’influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;

d) le imprese in cui un’altra, in base ad accordi con altri soci, controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto.

*Flavio Notari, Legalitax Studio Legale e Tributario, Roma

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