Fashion

Pitti Uomo, le scarpe di carta riciclata camminano con il crowdfunding

A Firenze StarsUp lancia la raccolta fondi per la startup Cartina. “L’equity crowdfunding? È l’antidoto ai mali dell’imprenditoria italiana: nonnismo, dipendenza dalle banche e family governance” dice Matteo Piras, presidente del portale autorizzato da Consob

Pubblicato il 13 Gen 2015

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Matteo Piras, presidente di StarsUp

StarsUp, prima piattaforma autorizzata da Consob per l’equity crowdfunding, non poteva che scegliere l’apertura di Pitti Uomo per lanciare la prima raccolta su una startup del settore fashion. “Si tratta di Cartina, startup innovativa che ha brevettato un sistema per la realizzazione di calzature partendo dalla carta riciclata” spiega Matteo Piras, presidente di StarsUp. Che non nasconde il proprio entusiasmo visto che questa iniziativa segue il completamento della campagna da 250mila euro di Nova Somor Srl, la startup innovativa riminese che sta lanciando il progetto della Eliopompa NS1, e il funding da 380mila euro di Cantiere Savona Srl, impresa sarda che progetta e realizza imbarcazioni di lusso ad energia solare.

“Abbiamo deciso di puntare sul fashion perché è il fiore all’occhiello del gradimento del made in Italy nel contesto internazionale” continua Piras. “Se negli anni ’40 artigiani come Ferragamo potevano contare sulle capacità manuali per emergere, oggi le aziende che si occupano di moda hanno bisogno di originalità e di innovazione. E che cos’è StarsUp se non un modo innovativo per contribuire alla crescita economica del nostro Paese?” continua il presidente.

L’equity crowdfunding è l’antidoto ai mali dell’imprenditoria italiana: nonnismo imprenditoriale e dipendenza dalle banche in primis, con la conseguenza che un imprenditore riesce a ricevere investimenti soltanto se conosce l’amico di; e poi c’è la family governance, per cui nel consiglio d’amministrazione aziendale finiscono la moglie e il cugino pur senza avere particolari competenze. Non solo. L’economia internazionale sta andando oltre il mattone, bene caro agli italiani, per guardare con interesse agli investimenti aziendali. Se non vogliamo restare fuori dal mercato dobbiamo cambiare mentalità e intraprendere questa strada.” spiega.

Eppure in Italia questo strumento fatica a decollare, nonostante StarsUp abbia chiuso il 2014 con dati significativi: “L’importo complessivo raccolto è di circa 700mila euro; 90 il numero degli investitori” continua Piras. “Questo a fronte di 6 offerte che hanno spaziato dalla green economy ai portali web, dal biotech alle smart cities. Il tasso di successo, escludendo le offerte in corso, si è attestato al 40% ma la qualità dei progetti lanciati ha fatto sì che tutto il portafoglio di startup proposte abbia comunque avuto una grande considerazione da parte del mercato. Certo, le startup che hanno ricevuto maggiori investimenti sono quelle che propongono prodotti tangibili, come nel caso delle pompe e della nautica. Conseguenza, questa, della old economy che ci fa apparire come più interessanti i settori tradizionali legati al made in Italy. Se parliamo invece di new economy le cose sono diverse: basta pensare al biotech o a internet, noi italiani facciamo fatica a investire sul non tangibile. È anche vero, però, che alcune startup, pur non ricevendo molti finanziamenti, riescono comunque ad avere grande visibilità sul mercato: è il caso di Face4job, il portale che aiuta a trovare lavoro basandosi sui video talent, che non ha ricevuto grossi investimenti, ma ha vinto il Premio Best Practices di Confindustria e ha rappresentato l’Italia in importanti competition a livello europeo”.

E mentre il Ministero per lo Sviluppo Economico annuncia nuove misure per l’equity crowdfunding, Piras risponde agli esperti intervistati da EconomyUp.it per il sondaggio di fine anno che hanno identificato nell’equity crowdfunding il bluff dell’anno. “Il fatto che il regolamento sia limitato alle startup innovative e non a tutte le nuove aziende che aprono in Italia, e il fatto che il regolamento prevede che una parte dell’offerta (non inferiore al 5% del capitale richiesto) debba essere sottoscritta da un investitore professionale sono sicuramente aspetti che vanno rivisti e migliorati. Ma non sono i problemi principali che limitano l’ascesa dell’equity crowdfunding in Italia: come spiegate l’assenza di operatori dell’ecosistema nella lista di investitori? C’è scarsa attenzione da parte dei diretti interessati a questo strumento. E, probabilmente non ne hanno capito la grandezza e le potenzialità. Ripeto, la cosa fondamentale è un cambio di mentalità. Prima cambiamo la testa, poi le leggi”.

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