“Nel mondo della tecnologia e dell’innovazione le ragazze hanno le stesse possibilità dei ragazzi, ma devono superare una barriera all’ingresso, che non è di competenze ma di cultura: barriera secondo la quale le donne non sono portate per le materie scientifiche oppure è un lavoro da uomini”. Lo dice a EconomyUp Claudia Parzani, avvocatessa con esperienze in importanti studi legali internazionali (dal 2007 è partner dello studio Linklaters), inserita qualche anno fa dal Financial Times tra le 10 legali più innovative d’Europa e presidente di ValoreD, prima associazione di grandi imprese creata in Italia per sostenere la leadership femminile in azienda. Intervenuta all’edizione milanese del TIMgirlsHackathon, maratona di coding dedicata alle studentesse delle scuole superiori che si è svolta giorni fa presso il TIM #WCap Accelerator, Parzani ha sottolineato l’importanza del cambio di mentalità: “Serve maggiore informazione, serve far capire nelle scuole e alle maestre che effettivamente le bambine hanno esattamente le stesse opportunità dei loro coetanei maschi. Mi vengono in mente certi libri di testo: non raffigurano mai scienziate, ma più spesso donne in ambienti domestici. Invece ognuna di noi può essere un’innovatrice”.
Chi sono oggi le donne innovatrici?
Ce ne sono tantissime: sono tutte quelle che stanno portando un cambiamento culturale. Ognuna può innovare nel proprio ambiente, perché tutte noi abbiamo questa responsabilità. Per esempio nel modo in cui educhiamo i figli maschi o li aiutiamo a capire che c’è un’altra ‘parte’ che ha i loro stessi diritti.
Però nelle aziende italiane la stragrande maggioranza dei Ceo e dei top manager è uomo. Come superare il gap?
Io sono del 1971 e ho letto che in quell’anno alle donne è stato concesso di fare il vigile urbano. Obbiettivamente in pochi decenni abbiamo già sfondato tantissimi muri e stiamo facendo tanto. Certo, non possiamo pensare di essere in tutti quei posti dove gli uomini stanno da secoli o da millenni. Ma le conquiste fatte sono numerose, importanti e soprattutto sono visibili. È vero, nel team dei consigli di amministrazione mancano le donne che fanno gli amministratori delegati, abbiamo forse poche donne che fanno le presidenti, ma ce ne sono che siedono nei Cda. Faccio l’esempio più recente, quello di Laura Cioli: era un consigliere indipendente in Rcs, cercavano un Ad, hanno preso lei. L’importante è cominciare ad esserci, per poi progredire.
L’Italia ha bisogno di leggi per promuovere la presenza femminile nelle aziende?
Le leggi servono e sono servite come grimaldello, ci hanno aiutato a fare passi avanti e a chiudere un gap. Sulla cultura scientifica serve però più informazione. Anche perché, come è noto, in questo campo ci sono maggiori possibilità di occupazione.
Un’occasione in più per le giovani esperte di tecnologia?
L’occupazione nelle materia scientifiche è per tutti. L’Italia è un Paese fortemente manifatturiero, ha bisogno di più ingegneri, periti, scuole tecniche, matematici, fisici…Il vero punto è che una squadra mista funziona meglio di una squadra monocolore. E nella squadra mista le ragazze hanno un’opportunità ulteriore: sono talmente poche quelle che studiano materie scientifiche che, quando qualcuno deve dar vita alla formazione primavera della squadra, effettivamente ci sono poche candidate, quindi le aziende sono fortemente acquisitive nei loro confronti.
Quale consiglio darebbe alle giovani alla prima esperienza di lavoro?
Siate ambiziose. Ci insegnano a essere molto educate e spesso a chiedere troppo poco. Sicuramente non siamo abituate a chiedere quello che ci spetta. I giovani uomini, ai colloqui di lavoro, chiedono il 30% in più. Quindi passate i vostri limiti: chiedete sempre il 30% in più. Non solo di retribuzione. In ogni cosa.