New York City è oggi il secondo hub tecnologico al mondo dopo la Silicon Valley secondo il Global Startup Ecosystem Report.
New York, secondo hub tecnologico al mondo
Il comparto tech della città ha registrato una crescita notevole, con oltre 25mila startup tecnologiche (tra cui 5500 scaleup) che hanno contribuito a un ecosistema valutato 694 miliardi di dollari tra luglio 2021 e dicembre 2023.
Il fatto che stupisce è la vorticosa crescita che negli ultimi anni la Grande Mela ha registrato. Tra i quattro ecosistemi che sono nel Supernova stage della Innovation Ecosystems Life Cycle Curve è quello che ha effettuato il passaggio nel minore tempo: due anni contro i tre di Londra e Pechino.
Un altro dato supporta questa tesi. Nel 2010 New York e Boston avevano lo stesso numero di scaleup. Oggi New York ne ha 5479 mentre Boston (che pure è cresciuta tanto) è ferma a 1880. Tre volte tanto in meno di 15 anni. Non può essere un caso, ma è il risultato di politiche mirate che hanno messo l’innovazione e le nuove tecnologie al centro del villaggio (ring a bell?).
Che cosa ha abilitato la crescita veloce di New York?
L’ho chiesto a Simone Tarantino, che da oltre 20 fa base a New York, dove ha guidato il Mind the Bridge Innovation Outpost (di cui resta advisor), che ora è COO di Jotto oltre che parte dei promotori di I³/NYC (Italian Innovators Initiative).
“Negli ultimi anni, New York City ha effettuato investimenti significativi per promuovere imprenditorialità e tecnologie. Mi limito solo ad alcuni esempi.
L’iniziativa LifeSci NYC, un investimento pubblico da 1 miliardo di dollari, mira a creare 40mila posti di lavoro e a rendere la città leader mondiale nelle scienze della vita. Sono stati stanziati 450 milioni di dollari per stimolare la nuova ricerca, 530 milioni di dollari per la costruzione di nuovi laboratori e spazi per incubatori oltre a 20 milioni di dollari per costruire una pipeline diversificata di progetti innovativi nel campo delle scienze della vita”.
L’impegno della città in questo ambito è ulteriormente esemplificato dallo sviluppo dello Science Park and Research Campus (SPARC) Kips Bay. Questo isolato di cinque acri (!!) a Manhattan ospiterà oltre 1,5 milioni di piedi quadrati di spazi accademici, di sanità pubblica e di scienze della vita. Il progetto, una partnership tra la città, lo Stato e la City University of New York (CUNY), è destinato a generare 25 miliardi di dollari di impatto economico nei prossimi 30 anni e creare 10mila posti di lavoro.
Nel campo dell’intelligenza artificiale, il settore AI di New York City ha raccolto 484 milioni di dollari in investimenti di venture capital nel 2022. La città ha presentato un’iniziativa globale per creare un quadro di regole e un chatbot per regolamentare l’uso dell’IA all’interno del governo cittadino, dimostrando il suo approccio proattivo all’integrazione delle tecnologie di IA.
L’ecosistema tecnologico della città è ulteriormente rafforzato dal programma Venture Access NYC, progettato per costruire un ecosistema tecnologico più inclusivo e rappresentativo per i fondatori e i finanziatori (New York è al primo posto tra 50 città globali per la sua capacità di attrarre e sostenere le donne imprenditrici). Nel 2021, gli investimenti di venture capital nelle startup con sede a New York hanno superato i 50 miliardi di dollari, la cifra più alta mai registrata.”
Che differenza c’è con la Silicon Valley?
“Tanta. In effetti i due ecosistemi non potrebbero essere più diversi, e direi assolutamente complementari: sognatori contro pragmatici, sviluppatori contro business people, eccetera.
La Silicon Valley ha più una mentalità tecnologica dove la tecnologia disruptive viene prima di tutto così come l’idea di un futuro diverso e spettacolare. Ma c’è meno enfasi sul potenziale indotto e sul ritorno.
A New York invece si tende molto di più a guardare agli economics e alla stabilità di crescita che possa portare un ritorno solido agli investitori.
Ci vogliono entrambi, semplicemente perché ci sono, e ci saranno sempre, imprenditori sognatori con l’idea che può davvero rivoluzionare una industry e imprenditori pragmatici che passo dopo passo creano aziende che diventano parte della nostra economia.”
Come ricorda Alessandro Piol, investitore di base nella Grande Mela: “New York consente continuamente l’impollinazione incrociata, poiché è l’epicentro di diversi e numerosi settori”. Proprio la molteplicità e l’eterogeneità dei settori della città offrono alle startup l’accesso a una base di clienti ampia e variegata, in contrasto con l’attenzione ossessiva sulla tecnologia della Silicon Valley.
È quello che trovato, ad esempio, Andrea Calcagno, CEO di Cloud4Wi, che si è spostato dall’Italia prima a San Francisco e successivamente a New York. “La Silicon Valley è cambiata con la pandemia. Cercavamo qualcosa di più. A New York ho scoperto una piattaforma più ampia, essenziale per la crescita.”
Che cosa può trovare l’Italia a New York
Che cosa vi proponete di fare con I³/NYC? Risponde Tarantino: “Lo scorso 5 dicembre 2024, il Consolato Generale d’Italia a New York City ha ospitato il lancio di I³/NYC (Italian Innovators Initiative), un’organizzazione no-profit (fondata da me insieme ad altri italiani come Gianluca Galletto, Alessandro Piol, Andrea Calcagno e Dario Calogero) dedicata a creare un ponte tra le startup italiane e gli investitori, gli imprenditori e gli scienziati statunitensi. L’obiettivo è di connettere l’Italia con il mercato statunitense favorendo le connessioni all’interno del dinamico ecosistema di New York, e di supportare la crescita di startup, scaleup e imprese che dall’Italia vogliono guardare agli Stati Uniti come modello”
Per approfondimenti rimando alla puntata di Innovation Weekly di settimana scorsa con ospite proprio Simone. Qui il link per rivederla.