Ecosistema

Nascerà a Roma la prima casa italiana per innovatori e startupper

Stefano Tresca, co-founder di StartupHome, racconta perché è stata scelta la capitale per replicare in Italia l’esperimento fatto a Londra: spazi abitativi in affitto per imprenditori innovativi. Un sondaggio sui social ha premiato la Città Eterna, seguita da Milano e Torino. Quarta, a sorpresa, Modena.

Pubblicato il 06 Giu 2017

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L'interno di una delle StartupHome a Londra

Ha vinto Roma, nonostante all’inizio Milano fosse in pole position, ma Modena si è data sorprendentemente da fare e Cagliari si è battuta allo stremo: è nella capitale che aprirà il primo co-living per startup in Italia. La parola “vincere” non è usata a caso: tutto è nato da un sondaggio postato sui social da Stefano Tresca, co-founder e managing director di StartupHome, società che in alcune parti del mondo gestisce case dove startupper e professionisti possono affittare stanze, quasi una “comune dell’innovazione”.

Il 25 maggio Tresca ha scritto su alcuni gruppi Facebook: “Abbiamo raccolto fondi per aprire una StartupHome in Italia (coliving for entrepreneurs). Ci viene il dubbio su DOVE aprirla. Milano sembra scontato ma forse non lo è. Perché non decidete voi? Potete votare la città su http://startuphome.it. La casa Italiana sarà immediatamente collegata ai partner (es. MIT Boston, Philadelphia, Grenoble University, InTeahouse fondo tech Cinese, ecc.). Qui a Londra il valore immobiliare dove vivono le startup sale del 12% l’anno ed è immune alla Brexit. Condividete pure con i vostri contatti. Abbiamo le energie ed il tempo per investire in una sola città in Italia. Aiutateci a scegliere il posto giusto. Thanks!”.

È arrivata una pioggia di commenti, segnalazioni e adesioni. “All’inizio – racconta l’imprenditore – Milano era

Stefano Tresca

in netto vantaggio, poi da Roma è partita la rimonta: i residenti nella capitale hanno ri-postato la call sui vari social, hanno lavorato moltissimo per coinvolgere il maggior numero di persone, qualcuno addirittura si è fatto bannare più volte da Facebook a causa del suo iperattivismo. Alla fine ce l’hanno fatta. E noi la parola la rispettiamo: ieri abbiamo costituito la holding per aprire il co-living nella capitale”. Dovrebbe essere la prima struttura di questo tipo in Italia. Esistono già alcuni esempi di startupper e innovatori che hanno volontariamente deciso di condividere gli spazi abitativi, ma in questo caso si tratta di un building gestito da esterni. Non è ancora stato deciso in quale quartiere sorgerà la casa degli startupper: Tresca sta raccogliendo e valutando le tante indicazioni che gli stanno arrivando online. Vediamo innanzitutto che cos’è StartupHome.

LA “COMUNE” DELL’INNOVAZIONE – Avendo trascorso molti anni a contatto con startupper ed espatriati, e conoscendo bene i loro problemi, Stefano Tresca e Nicolas Steiner, due dei membri fondatori di uno dei principali acceleratori londinesi, Level 39, hanno deciso di costituire a fine 2015 una startup per gestire un co-living dedicato a startup e professionisti.

StartupHome, la startup che a Londra affitta case agli startupper o ai loro mecenati

Ad oggi StartupHome ha 4 case a Londra, con 144 membri, nei quartieri di Greenwich, White Chapel e Islinton. Gli alloggi hanno prezzi di mercato, ma è garantita la qualità delle abitazioni, le pulizie sono comprese nel prezzo e soprattutto c’è la community. Gli ospiti alloggiano in stanze singole, con o senza bagno, dove possono mantenere la propria privacy, e allo stesso tempo si ritrovano immersi in un ambiente di loro “pari”, spesso coetanei, che si dedicano ad attività analoghe. “Abbiamo pensato alla generazione dei millennial che non ha interesse a comprare la casa o l’automobile, ma vuole vivere in comunità pur mantenendo i propri spazi personali” spiega Tresca. “Inoltre un aspirante imprenditore non inglese che arriva a Londra ci mette meno tempo a capire come funziona la città se entra da subito a far parte di questa community. In più siamo un catalizzatore per le donne startupper e innovatrici: a Londra le donne nell’hi-tech sono il 9%, nelle nostre case raggiungono quota 42%. Sarà anche – si chiede l’imprenditore – grazie alla pulizia e al decoro degli ambienti che mettiamo a disposizione?”. Ogni casa finisce per diventare una sorta di laboratorio di idee e progetti innovativi. Per esempio quella di Islinton è una food tech house: ogni settimana ospita un cuoco noto a Londra che aspira a farsi conoscere e a sperimentare nuovi progetti. Le grandi aziende possono utilizzare la “home” per fare product placement: la casa di Greenwich è stata la prima in Europa ad ospitare un “bancomat” per Bitcoin. Questo si traduce in un guadagno extra per la società, che registra un tasso di occupazione degli edifici del 90%.

LA GARA TRA LE ITALIANE – Roma è risultata la vincitrice di questa originale call social con il 21,77% delle candidature, seguita da Milano (18,78%) e Torino (10,68%).

Dalla capitale si stanno preparando a emigrare alcune grandi aziende (Sky, Almaviva, Trony, Mediaset con il Tg5, forse Eni), eppure il territorio si dimostra “avido” di nuova imprenditoria, tanto che “l’orgoglio romano”, come lo definisce Tresca, ha portato la Città Eterna ad aggiudicarsi l’apertura del nuovo spazio, A sorpresa la quarta città che ha “reclamato” il co-living per startup è stata Modena, con il 10,39%. “Ci ha colpito – spiega Tresca – perché non si sente quasi mai parlare di questa città in relazione alle startup. Probabilmente in Italia ci sono tanti centri di piccola o media grandezza che ‘perdono giovani’, i quali se ne vanno per lavorare altrove, invece sarebbe opportuno per tutti se restassero sul territorio. Del resto tutte le nostre case sono collegate: un italiano ospite della home può venire a fare il pitch a Londra, trovare qualcuno che lo finanzia, e poi, per motivi di convenienza economica, assumere uno sviluppatore in Italia”. Al quinto posto Napoli.

Altra sorpresa: la tempra di Cagliari, che si è aggiudicata il sesto posto. “Poco dopo la pubblicazione del sondaggio – dice Stefano Tresca – alcuni giovani cagliaritani dell’acceleratore Hubandspoke mi hanno contattato e cinque giorni dopo erano a Londra per presentarmi di persona la loro richiesta”. Una dimostrazione concreta di grande interesse, che indurrà Tresca a chiedere ufficialmente per email ai rappresentanti dei primi 5 classificati se intendono partecipare al 50% all’apertura di un co-living nella loro città. Gli altri centri più segnalati, dal sesto al decimo, sono nell’ordine: Bologna, Palermo, Verona e Catania.

“Nel mondo – conclude Tresca – c’è interesse a globalizzare quello che è avvenuto e avviene in Silicon Valley. L’Italia è un paese di Comuni, non è pensabile che l’innovazione sia localizzata in una sola città. Ma anche gli Usa soffrono della concentrazione di startup e progetti innovativi praticamente in un unico Stato, la California. Noi invece puntiamo a creare generazioni di imprenditori, non necessariamente solo nell’hi-tech ma in qualsiasi settore, dando vita a collettività di individui a partire dalle comunità locali”.

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