Da anni ormai la tossicità degli agenti chimici rappresenta una sfida per numerosi settori, dal biomedicale al cosmetico, passando per l’ambito farmaceutico e la frontiera dell’agritech. Il progetto di Nanomnia, startup innovativa di Verona, punta a risolvere il problema grazie ad uno speciale sistema di incapsulamento dei principi attivi, biodegradabile e biocompatibile, che ne migliora l’efficacia diminuendo, allo stesso tempo, la tossicità delle sostanze. Un’idea promettente, che può trovare spazio in un mercato in ampia crescita.
Per sostenersi Nanomnia punta sull’equity crowdfunding: è appena partita, infatti, la seconda campagna sulla piattaforma BackToWork, dopo il successo del primo round che nel 2019 ha permesso alla startup di raccogliere più di 200 mila euro.
Come funziona il progetto, e quali sono le prospettive future? Ne abbiamo parlato con la CEO Marta Bonaconsa.
Nanomnia, un’idea nata tra i banchi universitari
L’idea di Nanomnia prende forma nel Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, nell’ambito di un progetto di ricerca in neurobiologia. È lì infatti che Bonaconsa conosce Michele Bovi e Pietro Vaccari, che sarebbero diventati gli altri due fondatori della startup. “Abbiamo unito le nostre conoscenze, competenze ed esperienze in neuroscienze, biotecnologie e ingegneria dei materiali, e dalle comuni prospettive nel 2017 è nata la nostra azienda” racconta Bonaconsa a Economy Up.
La tecnologia di Nanomnia
Nanomnia ha sviluppato un innovativo sistema di incapsulamento per i principi attivi, capace di migliorarne l’efficacia verso i tessuti biologici. La tecnologia si ispira ai meccanismi naturali già presenti nelle cellule: “Incapsuliamo molecole di varia natura in un guscio naturale, organico, completamente privo di microplastiche, per veicolarle a destinazione in modo specifico” afferma la CEO. Grazie al processo messo a punto da Nanomnia è possibile creare nanoparticelle su misura, con proprietà e funzioni uniche: per ogni composto infatti, gli scienziati di Nanomnia individuano il materiale che meglio si adatta alle specifiche caratteristiche e proprietà chimiche. Inoltre, l’incapsulamento rilascia il principio attivo in modo controllato, rendendo possibile combinare più trattamenti in un’unica formulazione, con un risparmio in termini di tempi e costi: “Questa tecnologia ci consente di diminuire il dosaggio anche di 10 volte rispetto alle stesse sostanze non incapsulate, con benefici in termini di sovradosaggio e dispersione” spiega Bonaconsa.
L’applicazione in agricoltura
La tecnologia di Nanomnia è applicabile a diversi settori in campo life science: dalla biomedicina alla neutracetica, arrivando fino alla cosmesi.
Come racconta Bonaconsa, però, il primo ambito di interesse per Nanomnia è quello dell’agricoltura, dove è diventato ormai fondamentale riuscire a diminuire l’impatto che le varie tipologie di agrofarmaci hanno sulla salute del terreno. L’incapsulamento studiato da Nanomnia migliora la stabilità dei principi attivi o degli enzimi, rendendoli più resistenti alle temperature e ai raggi UV. Questo, a sua volta, permette di diminuire il dosaggio di agrofarmaci e il numero di applicazioni: “In questo modo si riducono drasticamente le conseguenze per la salute del suolo, delle acque, delle piante e dell’uomo” spiega la CEO. I benefici, poi, arrivano anche sul piano economico: “La riduzione del dosaggio si traduce in una riduzione dei costi delle materie prime” fa notare Bonaconsa.
Il mercato dell’agritech, inoltre, sta vivendo un momento di forte crescita anche a causa delle normative sempre più stringenti imposte sull’uso di materiali e sostanze non biodegradabili. Nel panorama internazionale degli agrofarmaci l’Italia ha tutte le carte in regola per assicurarsi una posizione di primo piano: secondo Agrofarma, infatti, il nostro Paese si colloca già al sesto posto a livello mondiale e al terzo in Europa, preceduto soltanto da Francia e Spagna.
L’equity crowdfunding: una soluzione vincente
Già nel 2019 Nanomnia ha fatto affidamento sull’equity crowdfunding, avviando una prima campagna di fundraising su BackToWork che ha permesso di raccogliere circa 210 mila euro. “Abbiamo ottenuto un risultato al di sopra delle aspettative – dice Bonaconsa – come prima esperienza di fundraising e di approccio agli investitori abbiamo avuto un considerevole successo, grazie anche all’importante supporto della piattaforma BackToWork che ci ha assistito in ogni fase”.
Con il primo round di investimenti Nanomnia ha raccolto 210.750 euro: più del 200% rispetto all’obiettivo minimo, fissato a 100 mila. Con questo secondo round la società punta al completamento dell’aumento di capitale. I nuovi fondi verranno utilizzati per consolidare le ricerche già in corso e avviare nuove attività, investendo soprattutto nella strumentazione tecnica e nell’ampliamento del team operativo.
Il futuro di Nanomnia: “Puntiamo all’eccellenza”
Riguardo al futuro della startup, Bonaconsa non ha dubbi: “Nanomnia aspira all’eccellenza tanto nella tecnologia quanto in ambito Ricerca e Sviluppo, con la prospettiva di aprirsi in molteplici settori di mercato, amplificando e moltiplicando le potenzialità di successo per diventare un’importante realtà scientifica nel panorama nazionale”. I progetti, poi, vanno oltre i confini italiani: “La partnership con un l’acceleratore israeliano Eilat Tech Hub ci consente di studiare le possibilità di sviluppo globale con partner strategici che possano dare ulteriore valore alle nostre prospettive” conclude la CEO.