Salvo Mizzi, responsabile Digital Market Development di Telecom Italia e fondatore di Working Capitl, sarà con Stefano Firpo, capo della segreteria tecnica del Ministero dello sviluppo economico, reporteur del workshop Startup Europe in programma l’8 luglio, durante Digital Venice, il meeting dedicato all’innovazione in Europa. Insomma a Mizzi toccherà tirare le somme dei lavori su un fronte al quale finalmente l’Unione sembra aver deciso di guardare con maggiore determinazione.
Mizzi, che cosa ti auguri di poter scrivere nel report?
Le startup sono uno dei modi più efficaci con cui un sistema produce innovazione. L’innovazione (come sostiene con forza l’economista Enrico Moretti) non è un mantra generico, ma una nuova industry. Quella che definisce la capacità di competere di nazioni e continenti, oltre che il loro destino produttivo. Si tratta dell’unica filiera in grado oggi di creare sviluppo, crescita e lavoro “buono”, cioè lavoro con moltiplicatore 5: ogni impiego in Innovazione genera 5 addetti nei servizi. Per questo il WS3 si intitola “StartUp Europe” in coerenza con l’iniziativa della Commissione UE: dovremo discutere e confrontarci su cosa vogliamo e dobbiamo fare perché Italia ed Europa siano il giusto ecosistema per produrre Innovazione in modo competitivo. Oggi non è così, dunque mi auguro che dal WS esca una shortlist di 5/6 azioni rapide, concrete e profonde da proporre a Matteo Renzi, alla Commissione e ai governi UE – per “cambiare verso”. E con estrema chiarezza sul “chi fa cosa”. Il primo obiettivo, se dovessi definire una precondizione, è semplice: tutti gli investimenti in Innovazione vanno portati fuori dai vincoli di bilancio UE, da subito. Diversamente, ci apprestiamo a gestire il declino creando il parco giochi turistico del pianeta. Alcuni opinion leader italiani sostengono che con le mance si guadagna molto bene. Un selfie con tramonto, in pratica. Chissà quanti like.
Qualcuno avanza dubbi sulla possibilità che si riesca ad avere una politica comunitaria sulle startup. Ci sono ancora troppe differenze normative, mercati differenti, scenari tecnologici diversi. Come è pensabile un nuovo mercato unico per la nuova imprenditoria?
L’inizio del percorso Europa è stato proprio il Mercato Comune. Sembriamo averlo dimenticato. Il nostro continente ha una speranza, nel quadro che abbiamo esaminato, solo se si muove in modo sincrono. Oggi rappresentiamo il 16% del PIL globale, in discesa costante da decenni: ma fino al 1990 eravamo l’area più sviluppata del pianeta. Non cresciamo più come blocco unico, figuriamoci come singola nazione. Siamo già stati raggiunti dalla Cina, lo saremo a breve dai BRICS, al 15%. Gli USA dominano la scena mondiale con il 19% del PIL globale. Non solo: spostando lo sguardo verso il mondo consumer, in appena otto anni scarsi, i sistemi operativi di smartphone made in America sono passati dal 5% al 97%, grazie a IOS e Android. L’Europa, che nel 2005 era leader di mercato, è stata spazzata via e Nokia è stata acquisita e inglobata da Microsoft, il più debole dei player americani. Insomma, in un mercato dove eravamo leader mondiali oggi non esistiamo più, nel giro di otto anni. Questo dovrebbe dare il senso della sfida in atto e della terrificante urgenza con cui dovremmo affrontare il tema. Si parla molto di Horizon 2020 e dei grandissimi investimenti previsti. Ma mentre Roma discute, Sagunto viene espugnata. Produciamo molti convegni e paper sulle smart cities, mentre gli Usa creano Nest e Uber a partire dai bisogni dei cittadini, non delle burocrazie. Dunque, rovescio la domanda: cosa intendiamo fare e che lavoro vogliamo faccia l’Europa (e l’Italia) da qui al 2020?
Tra le ragioni che secondo alcuni osservatori frenano l’innovazione in Europa c’è la frammentazione del mercato delle tlc. Come si fa a immaginare prodotti o servizi per clienti cosi diversi?
Il mercato tlc non esiste più in modo isolato. È parte integrante della nuova industry dell’Innovazione che ha assorbito anche il mondo ICT, trasformandolo dalle fondamenta. Internet e il digitale sono qui per restare a lungo e cambieranno in profondità tutti i mercati, spazzando via i player che non sapranno adeguarsi. La direzione di un mercato unico vale anche qui, ma comprende tutta la filiera Innovazione. Device, sistemi operativi, piattaforme da una parte. Cittadini, consumatori e imprese dall’altra. Le grandi tlc company sono l’ultimo baluardo europeo – per base produttiva e capacità di investimento e innovazione – in grado di lavorare alla migliore comunicazione possibile tra questi due mondi. A partire dal ruolo di grandi incubatori continentali di prodotti e servizi innovativi su scala globale. Non è una partita facile, come è noto, ma non ci sono alternative. Una Agenda Digitale europea pensata in questa chiave può essere decisiva.
Uno studio di Sep sottolinea che quando una startup europea raccoglie più di un milione di dollari di finanziamenti, molto spesso si trasferisce negli Usa. Europa è destinata a restare una sorta di incubatore? Non avremo mai un Google o un Facebook europei?
Ho visto i dati pubblicati da Alberto Onetti, nella classifica delle prima 30 startup mondiali per entreprise value, ne contiamo solo 3 europee, tra cui Spotify. C’è da aggiungere che la classifica è guidata da Uber, unicorno con oltre 18 billion di valorizzazione, una startup che ha fatto dell’innovazione senza permesso la propria missione. E che qui in Europa e Italia è stata accolta da una decisa ostilità, non solo dai competitor ma anche dalle istituzioni. In poche parole: Apple, Google e Facebook, o Uber oggi – nell’Europa che abbiamo conosciuto e spesso subito fino a oggi – se anche fossero nate, qui non sarebbero sopravvissute. Ora, bisogna lavorare tutti uniti perché questo paradosso sia un ricordo del passato. Un impegno che la ormai vicina Digital Venice deve assumere nel suo Manifesto fondativo.