Make in South. Non solo si può fare, ma al Sud si fa già. È stato il leitmotiv della re-inaugurazione dell’acceleratore WorkingCapital di Catania, che a un anno dall’apertura si allarga raggiungendo la superficie di 1100 metri quadrati. Una conferma che la voglia d’impresa cresce anche nelle aree in cui tradizionalmente non è stato facile essere o diventare imprenditori. “Non ci sono più confini geografici ma solo culturali”, dice Salvo Mizzi, responsabile digital markets e founder del programma Working Capital di Telecom Italia, che ha accolto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio e il sindaco di Catania, Enzo Bianco. “Siamo impegnati in prima persona in un percorso di profondo cambiamento e spazi come questo ci dicono che la strada giusta è sostenere le startup”, ha detto Delrio, ricordando l’importanza dei fondi europei e di un loro corretto utilizzo. “Seguirò direttamente questo fronte perché ritengo che possa darci importanti opportunità di sviluppo”, ha assicurato Delrio.
WorkingCapital fu presentato per la prima volta, il 30 aprile 2009, a Catania e da allora si è evoluto: da progetto di sostegno alle startup a brand dell’innovazione diffusa sul territorio con quattro acceleratori (oltre quello di Catania, a Roma, Milano e Bologna). In Sicilia ha svolto una funzione di catalizzatore delle numerose esperienze imprenditoriali con una forte valenza innovativa. Il loro racconto è stato il contenuto straordinario di #makeinsouth. Dalle startup come Flazio, Orange Fiber, EdisonWeb all’esperienza di innovazione sociale Farm Cultural Park, che ha cambiato il centro storico di Favara, provincia di Caltanissetta, grazie all’imp
egno imprenditoriale di Andrea Bartoli, notaio prestato alla causa del cambiamento o all’esperienza di Abadir, scuola di design creata dove sembrava che il design non dovesse trovare spazio. “Sta emergendo una ricchezza enorme che dobbiamo adesso valorizzare”, dice Antonio Perdichizzi, mentor di WorkingCapital e presidente dei Giovani di Confindustria di Catania.
Fare startup in un territorio difficile come la Sicilia significa anche fare argine alla criminalità organizzata. Ricoscere il merito e sostenere le idee è il migliore antidoto contro le filiere legali e illegali del demerito, ha ricordato la professoressa Elita Schillaci, autrice del libro “Meritofobia”. Anche per questo, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, che cade proprio in concidenza con l’evento, Salvo Mizzi ha presentato la sua personale proposta, elaborata su sollecitazione del figlio Alessandro, 17 anni e lanciata con l’hashtag #22annidopo: la costituzione di un Fondo per le imprese innovative nel Mezzogiorno alimentato con i beni equestrati alla mafia. Si tratta di una cifra enorme, circa 30 miliardi di euro, che se solo in oarte venissero impegnati potrebbero davvero rappresentare una svolta. La proposta prevede subito l’impiego di 1 miliardo da investire in spazi di coworking e fablab, ha già ricevuto il sostegno di deputati di partiti diversi (da Stefano Quintarelli a Paolo Coppola del Pd) ed è stata consegnata oggi al sottosegretario Delrio perchè, sottolinea Mizzi, questa è materia della Presidenza del Consiglio.
Se si semina bene, anche nei terreni piu duri possono sbocciare fiori imprevedibili. Lo dicono i 150 partecipanti che affollanno l’acceleratore per l’apertura dello startup weekend. Al Sud, e in Sicilia in particolare, non era mai accaduto.