OPEN WORLD

L’Italia delle startup è cresciuta tanto ma…: ecco qualche numero

I dati del rapporto Tech Scaleup Italy 2023 dicono che l’ecosistema è esploso: il numero delle scaleup è raddoppiato e l’open innovation è una pratica sempre più diffusa nelle aziende. Ma il resto del mondo non è fermo. I numeri da cui partire per capire il lavoro che resta da fare

Pubblicato il 27 Set 2023

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Startup e scaleup Italia 2023, a che punto siamo? qual è lo stato degli investimenti di venture capital e delle corporate in open innovation?

Come tutti gli anni sono stato invitato a partecipare a due momenti importanti per l’ecosistema startup in Italia: l’Italian Tech Week e SMAU. Per entrambi il compito che mi è stato affidato è quello di dare una valutazione (la più oggettiva possibile), da un lato, su quanto sia cresciuto l’ecosistema italiano delle startup e, dall’altro, su quale sia il reale coinvolgimento da parte delle imprese esistenti (quello che, in gergo, chiamiamo open innovation).

Al di là della mia opinione (che vi anticipo, dato che oggi lo spoiling è diventato un’esigenza: “tanto ma non abbastanza”), ci vengono in soccorso i dati del rapporto Tech Scaleup Italy 2023, realizzato da Mind the Bridge con il supporto di TIM Enterprise e presentato all’ITW all’interno della sessione “Accelerating business opportunities with TIM Enterprise and Google Cloud”. Nel report che vi invito a leggere (qui il link per il download) ci sono tantissime evidenze interessanti. Mi limito a riassumere un po’ di highlight.

Startup Italia 2023, l’ecosistema è esploso

Startup Italia 2023: possiamo dire che l’ecosistema è letteralmente esploso. Guardando alla punta dell’iceberg rappresentata dalle scaleup, il loro numero è più che raddoppiato (siamo vicini a 600, nel 2018 eravamo sotto quota 300) così come il capitale investito in queste negli ultimi quattro anni è più del doppio di quanto investito nei precedenti dieci.

Lato imprese, mentre solo qualche anno fa l’open innovation era prevalentemente uno slogan di marketing ed era realmente praticata da pochi, oggi quasi tutte le principali aziende italiane (Enel ed Eni in primis, ma anche quasi tutte le grandi – da A2A a Iren e Acea, da Terna a Snam, da Stellantis a Iveco – e molte medie imprese – Pelliconi, Lu-Ve e altre) stanno concretamente dandosi da fare per collaborare con le startup e i risultati si iniziano a vedere.

Le sperimentazioni territoriali in atto per coinvolgere anche le PMI (vedasi quanto fatto con ORA! a Ravenna insieme a Joule e con Kilometro Rosso a Bergamo/Brescia) sembrano essere promettenti.

Il Venture Capital Reset ha colpito anche l’Italia

Checché se ne dicesse, l’inverno delle startup ha colpito, sia pure con qualche mese di ritardo, anche il Bel Paese. Il 2022 è stato (ovunque, non solo in Italia) un anno eccezionale (sia pure, dettaglio non trascurabile, dei 2.2 miliardi, circa uno venisse da quattro mega round: NewCleo, Satispay, Scalapay e Casavo).

Il 2023 riporterà l’Italia all’incirca ai livelli del 2019-2020. Una buona base da cui muoversi, ma numeri non straordinari.

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Da startup a scaleup in quattro anni, ma la crescita del PIL passa da loro

Il profilo della scaleup “tipo” italiana ci dice che sono aziende nate otto anni fa e che ne hanno impiegato 4 per raccogliere il primo milione (anche se di recente aumentano i casi di startup che raccolgono tanto in breve tempo come Epicode, che ha raccolto 10 milioni a poco più di un anno dalla fondazione).

Mediamente le startup raccolgono una dozzina di milioni, occupano tra 10 e 50 dipendenti e fatturano poco meno di cinque milioni. Sembrerebbero tratti da PMI ma non lo sono. Perché? Perché crescono in modo non lineare (negli ultimi 2 anni il loro fatturato è cresciuto del 50% anno su anno nonostante la pandemia e un quadro economico connotato da profonda incertezza). E inoltre hanno un impatto fondamentale sullo spirito e sulla cultura imprenditoriale del paese, che, dalla fine degli anni Settanta e Ottanta, sono andati via via scemando.

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La geografia delle scaleup è “Milano-centrica”

Premessa: le scaleup sono la punta dell’iceberg e quindi la loro distribuzione non rappresenta in pieno gli ecosistemi delle startup che sono estremamente dinamici.

Però poco meno di una scaleup su due fa base a Milano. Roma ne ha un quinto, Torino un decimo. Il resto del paese non mostra ancora aggregazioni significative.

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Il mondo corporate si è destato

Anche sul fronte del CVC si ravvisano segnali di “attivazione”. Se guardiamo ai fondi di CVC lanciati in Italia negli ultimi 5 anni i valori delle dotazioni (la cosiddetta “dry powder”) sono cresciuti di quasi dieci volte.

Ragioni? Sono cresciuti sia il numero dei fondi (sempre più aziende sono attive negli investimenti in startup) che la loro taglia (i capitali allocati sono cresciuti significativamente, sotto l’analisi che abbiamo fatto, con i nomi delle aziende anonimizzati).

Ma c’è un ma, anzi due:

  • per il 2024 ci attendiamo un raffreddamento anche sul fronte dell’open innovation (leggasi ridimensionamenti di budget);
  • le taglie dei nostri fondi di CVC non sono (minimamente) comparabili con quelle delle aziende degli altri paesi.
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Il resto del mondo non sta a guardare

L’Italia delle startup oggi è un pianeta radicalmente diverso e migliore rispetto a solo pochi anni fa. Il nostro ecosistema è cresciuto tantissimo ma il mondo non è stato nel frattempo a guardare.

Anzi: il mondo dell’innovazione, oltre a essere partito molto prima, si è mosso a velocità molto più elevate, che il nostro paese non ha ancora raggiunto. Non sto parlando di Silicon Valley o Israele che sono su un altro pianeta. Parlo dei paesi a noi vicini.

I numeri dell’Italia di oggi sono quelli della Francia di dieci anni fa (la Francia di Holland, non quella di Macron). Lo scorso anno, il nostro “best year ever”, abbiamo investito 2,2 miliardi di dollari. La Spagna 4,7, la Francia 10,8, la Germania 14,4 e il Regno Unito 40,5. Il treno dell’innovazione purtroppo non aspetta.

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Quindi?

Apprezziamo i progressi fatti ma continuiamo a lavorare. Il meglio resta ancora davanti a noi.

Da Torino è tutto. Ci vediamo a SMAU (o a San Francisco per chi venisse la settimana prossima allo Scaleup Summit Silicon Valley).

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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