L’immagine della sperimentazione in corso è in quella foto che vede insieme il console italiano a San Francisco, la responsabile di ITA-Italian Trade Agency (ex ICE) in California, la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura e il direttore di Innovit: Sergio Strozzi, felice neopapà, Alessandra Rainaldi, che fa base a Los Angeles, Annamaria Di Giorgio e Alberto Acito si ritrovano per l’apertura prima edizione di SMAU San Francisco, che il presidente Pierantonio Macola e l’amministratore delegato Valentina Sorgato hanno voluto per aggiungere una vetrina prestigiosa all’attività internazionale di promozione dell’innovazione italiana all’estero. A San Francisco è arrivata una delegazione di 154 rappresentanti dell’innovazione Made in Italy fra Regioni, università, startup e aziende. Obiettivo: avvicinare l’ecosistema italiano alle opportunità della Silicon Valley.
Innovit, una startup istituzionale a San Francisco
Perché parliamo di sperimentazione? Innovit – Italian Innovation and Culture Hub,Innovit – Italian Innovation and Culture Hub, operativo dall’ottobre 2022, è in qualche modo una startup istituzionale perché nasce dalla collaborazione di soggetti governativi che si sono ritrovati sul tema dell’innovazione e hanno poi delegato a privati, Entopan Innovazione con Fondazione Brodolini, la gestione operativa dell’ hub.
Un modello che, nella visione di Alberto Acito, manager di lunga esperienza (è stato country manager di BlackBerry in Italia) diventato promoter dell’innovazione italiana in Silicon Valley, potrebbe essere replicato altrove e che ha già attirato l’attenzione del altri Paesi europei. La sfida adesso è svilupparlo con successo nei prossimi quattro anni. Intanto questa settimana viene inaugurato nell’ hub un ufficio di Italgas che alza così la sua antenna in Silicon Valley.
”La combinazione e la sintonia di pubblico e privato è fondamentale anche per realizzare progetti come Smau San Francisco”, aggiunge Macola. “Noi abbiamo qui le Regioni che stanno valorizzando i loro ecosistemi di startup ma abbiamo anche le corporate che lavorano sull’open innovation e trovano nel network numerose opportunità”.
San Francisco, la crisi e l’innovazione
San Francisco appare spenta, specie nel Financial District, provata dagli effetti lunghi della pandemia che si sono combinati con la fuga post IPO di tanti investitori verso Stati con politiche fiscali più attraenti e con la più recente tornata di licenziamenti nelle big tech, che qui hanno coinvolto migliaia di persone.
Ma, dice chi vive qui da tempo, proprio da questi nuovi disoccupati si ripartirà, perché si tratta di persone competenti, spesso con storie importanti, che stanno creando nuove imprese per le quali ci sono le risorse importanti di fondi di venture capital che hanno tanta polvere da sparo in canna (qui la chiamano dry power). L’innovazione, quindi, non si ferma anche perché non si identifica certo con la città di San Francisco ma insiste in un’area assai più ampia.
Il segreto della Silicon Valley
Il segreto della Silicon Valley? Risponde il console Sergio Strozzi: “La coesistenza di alcuni soggetti: il venture capital e le startup, non solo americani, ma anche le big tech e poi le università con la ricerca e il trasferimento tecnologico che ne consegue. Se vogliamo ispirarci a questo modello, anche in Italia dobbiamo puntare su questi ingredienti e sulla loro capacità di interagire. Qui c’è un metodo che ha funzionato e funziona. I segnali positivi dall’Italia non mancano, ma c’è ancora molto da fare”.
A Innovit per un’intera giornata, divisi in panel tematici (dallo smart manufacturing a health & wellness, dall’’energy alla smart mobility), le startup italiane si sono presentate alla community della SiliconValley. Poi due giorni di tour da Stanford a Cupertino, dalle unbiversità dell’eco sistema – come diceva il console – alle big tech come Apple.
“Qui le opportunità sono enormi ma per coglierle c’è molto da imparare”, dicono all’unisono gli italiani che in Silicon Valley ha fatto una exit e poi ci sono rimasti: alcuni hanno creato nuove startup, altri fanno i business angel, molti si impegnano a fare da mentor a startup italiane che vogliono internazionalizzarsi.
“Bisogna conoscere il contesto, capire il mercato, sapere quel che interessa agli investitori americani che sono diversi da quelli europei e ancor di più italiani”, dice uno di loro. Non basta quindi parlare bene l’inglese. E quindi iniziative come Smau San Francisco diventano importanti opportunità per farsi un’idea di quel che c’è da fare domani e poi dopodomani e ancora dopo.