I finanziamenti dell’ecosistema startup italiano sono molto sottodimensionati se li confrontiamo a Paesi europei a noi vicini, come Spagna, Francia e Germania. In questi Paesi si è compreso prima e meglio quanto le startup siano un asset rilevante per l’economia. Sono innanzitutto fonte di Ricerca e Sviluppo, attività alla quale le startup dedicano tutta la prima fase della loro vita anche senza ritorni economici o fatturato. Anche in questo l’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa con un 1,5% del Pil investito contro un obiettivo europeo del 3%. Le startup sono anche fonte di occupazione, soprattutto quella rivolta a profili pregiati, giovani laureati e dottorati in ricerca, e possono quindi essere elemento di contrasto alla fuga di cervelli dal nostro Paese.
Durante il 2020 le startup nazionali hanno dimostrato una prodigiosa capacità di reazione e resilienza rispetto alla pandemia. Con l’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano ne abbiamo censite più di 250 che sono scese in campo con propri prodotti e servizi, quasi sempre in forma gratuita, per contrastare gli effetti della pandemia, spesso collaborando con imprese private e pubblica amministrazione. Gli esempi sono tanti e in tutti i settori dell’economia: Isinnova, ufirst, Soldo, WeSchool, Frescofrigo, Uala, Wonderflow, solo per citare alcune.
Per stimolare la crescita di questo importante ecosistema imprenditoriale serve un’iniezione di fiducia. Questa può venire in primis dalla Stato, così come abbiamo visto negli ultimi due anni con il Fondo Nazionale per l’Innovazione, l’iniziativa Smart&Startup di Invitalia e i fondi messi a disposizione con il decreto rilancio nel maggio 2020. Non abbiamo osservato la stessa spinta nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il PNRR, il documento che contiene l’attuazione al programma Next Generation EU di cui l’Italia è la prima beneficiaria in Europa, dove alle startup sono dedicate 20 righe su oltre 260 pagine di documento con interventi molto leggeri e senza alcuna azione strutturale.
L’azione dello Stato può attivare un volano positivo sugli altri attori dell’ecosistema, gli investitori professionali, i Venture Capital, e gli investitori informali come Business Angel e Club Deal. E infine anche le imprese private, in termini di creazione di hub per l’innovazione, incubatori e acceleratori, call4ideas e fondi di Corporate Venture Capital, possono fornire un contributo rilevante nella crescita di consapevolezza del ruolo delle startup innovative.
In questo quadro si inseriscono le tante iniziative che il Politecnico di Milano sta mettendo in campo in questi anni: il Polihub, l’innovation park e startup accelerator, fulcro del nuovo parco per l’innovazione del Campus Bovisa; gli oltre 250 laboratori tra cui Polifactory, il makerspace per l’incubazione di talenti; il fondo Poli360, fondo di venture capital da 60 milioni di euro espressamente dedicato al trasferimento tecnologico dall’università all’impresa con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo di progetti e startup ad alto contenuto tecnologico; l’Osservatorio Startup Intelligence degli Osservatori Digital Innovation che, giunto alla sua ottava edizione, favorisce la diffusione della cultura dell’innovazione aperta e dell’imprenditorialità in impresa attraverso la contaminazione con il mondo delle startup e la community degli Innovatori, di cui il 28 giugno si terrà il kickoff della prossima edizione.