La finale del premio Lazio Innovatore è l’occasione per tutto l’ecosistema regionale di guardarsi allo specchio e capire a che punto è arrivato. Perché se è vero, come ha detto il presidente della Regione Nicola Zingaretti nel premiare i quattro vincitori del contest, che “quando abbiamo capito che il modello di sviluppo della nostra regione era morto abbiamo deciso di generarne uno nuovo”, è interessante capirne i risultati raggiunti. Soprattutto in vista della novità che lo stesso Zingaretti ha annunciato dal palco: il taglio dell’Irap per le startup innovative: “Non un vero e proprio taglio, perché purtroppo la Regione Lazio è ancora commissariata a causa della sanità – ha spiegato il presidente – piuttosto si tratta di un rimborso”. Dal primo al 15 settembre, si legge nel sito della Regione, le startup iscritte nell’apposito registro del Mise, che abbiano almeno una sede operativa nel Lazio e che abbiano già versato l’Irap per i primi due esercizi fiscali, potranno chiederne il rimborso. A questo link tutti i dettagli sul rimborso dell’Irap per le startup.
È stata questa la traccia che ha accompagnato l’evento del 14 giugno nella sede di Lazio Innovatore, a due passi dal Colosseo. Mentre i 24 imprenditori finalisti si sfidavano a colpi di pitch di tre minuti, gli interventi di politici, studiosi e rappresentanti di venture capital hanno delineato il quadro romano. “Sicuramente, a livello nazionale Roma è il territorio più fertile per il dialogo fra pubblico e privati. – ha esordito Gianmarco Carnovale, presidente di Roma Startup – Ci sono più di venti hub fra coworking, acceleratori, incubatori di impresa e tutto quello che costituisce il venture business. Un filiera organizzata anche secondo le dinamiche internazionali, perché Roma il venture business l’ha studiato e si vede. Manca ancora – ha concluso Carnovale – di portare nella filiera i molti centri di ricerca presenti”. Una situazione dalle tinte positive che però sconta un difetto di partenza, su cui tutti si dicono d’accordo: “Ogni giorno dialoghiamo con gli investitori stranieri che sono interessati all’Italia ma sono molto prudenti perché prima vogliono vedere se funzioniamo. – ha detto Philippe Tandeau De Marsac, responsabile sviluppo di Invitalia Ventures – Il gap con il giro d’affari internazionale è ancora molto elevato e bisogna lavorare tutti assieme per eliminare le asimmetrie del sistema che scoraggiano gli investitori”. Lo spunto per parlare del rapporto fra Roma e il resto del mondo è l’acquisizione di Linkedin da parte di Microsoft per oltre 26 miliardi di dollari: “È un segnale interessante vedere i big che acquisiscono società, lo hanno già fatto in molti nel primo trimestre del 2016. L’Italia ha un ritardo importante, ma lavorando insieme porteremo a casa i risultati” ha continuato De Marsac. Anche per questo nell’ottobre 2015 è nato Invitalia Ventures: “Siamo un fondo di co-investimento con un finanziamento pubblico di 50 milioni di euro e un closing a 100 che deve essere raggiunto con investimenti privati. Ad oggi siamo a 65 milioni di euro, grazie al coinvolgimento dell’americana Cisco, e abbiamo un albo di coinvestitori con 110 operatori italiani e internazionali” ha spiegato il responsabile Invitalia.
Il venture di Invitalia lavora con aziende che hanno già un seed e hanno bisogno di fare un upgrade rilevante. Un punto di riferimento non da poco per chi si muove nel Lazio, così come lo è ItaliaCamp che, nella triplice veste di fondazione, associazione e società, mappa le startup a impatto sociale, favorisce l’incontro fra realtà diverse ma complementari nel territorio e fra nuove imprese e investitori: “Ci muoviamo fra la valorizzazione della ricerca scientifica che favorisca l’emersione di ricerche e brevetti, in particolare nell’health care, e all’open innovation. Nel nostro board ci sono dodici grandi aziende, fra cui la Cisco, e tre enti di ricerca” ha spiegato Federico Florà, presidente di ItaliaCamp. Lo stesso Florà ha poi annunciato il lancio, tra qualche settimana, di un “grande programma di open innovation” di ItaliaCamp.
Il coinvolgimento della multinazionale Cisco, più volte nominata nel corso della mattinata, l’apertura dello Startupbootcamp a San Giovanni, la promessa di Zingaretti di “dare fondo a tutte le opportunità che i finanziamenti europei ci mettono a disposizione” sono segnali che fanno pensare a un accrescimento del giro di affari dell’ecosistema romano. Scenari che sicuramente hanno fatto gola ai 24 finalisti di Lazioinnovatore, quattro dei quali hanno portato a casa un premio. Si tratta di Holey, una piattaforma hardware e software per la realizzazione di tutori ortopedici personalizzati e stampabili in 3d, premiata come Best Startup; Filo, un’app per iOs e Android che consente di mappare alcuni oggetti persi nelle vicinanze che ha vinto nella categoria Best Pmi; Cardionica, un cerotto sensorizzato per la diagnosi automatica e domiciliare della fibrillazione atriale, prima fra i Best Social Innovation Project e infine SpaceEXE, con il progetto Messi che, applicato al calcio, permette il monitoraggio in tempo reale delle prestazioni dei calciatori, vincitrice della sezione Best Startup incubata in uno spazio attivo. Alle prime tre è andato un premio di 20.000 euro, SpaceEXE se ne è invece aggiudicata 10.000.
Una discreta somma che va a ingrassare il gruzzolo rivendicato dal presidente Zingaretti. Un supporto importante che però da solo non basta, come ricorda Carnevale: “Per fare innovazione non basta iniettare soldi. Ci servono anche strumenti di formazione e accompagnamento alle imprese”.