Le tecnologie digitali portano innovazione ma distruggono anche valore. Lo deprimono per poi redistribuirlo su altri soggetti, spesso nuovi. Succede nelle industrie e nelle professioni. Si è visto nella musica e nel commercio, tra gli autisti e i giornalisti. L’unica risposta possibile è usare le tecnologie digitali per ridurre i costi, migliorare i servizi e ritrovare un valore possibile. Ci stanno provano in molti, in tanti settori, con alterne vicende.
Neanche il mercato del lavoro è risparmiato dalla digital transformation, e non solo per effetto di Linkedin. Modelli, metodi e processi tradizionali mostrano la corda, a tutti i livelli. «Eppure basta poco per fare innovazione», dice sorridendo Francesca Contardi che, dopo una brillante carriera manageriale nell’executive search (è stata managing director di PageGroup e di Page Personell), ha deciso di fare la sua impresa, la startup EasyHunters, cacciatori (e cacciatrici) agili, leggeri con un nuovo modello di ricerca e selezione del personale più veloce e più economico.
Su Linkedin Francesca Contardi presenta così la sua filosofia di vita: “Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua”. Da 20 anni aiuta chi è in cerca di un lavoro e le aziende che cercano le persone giuste. Nel 2015 è stata indicata tra le 100 persone che hanno rivoluzionato il mercato del lavoro in Europa; è stata la prima donna vicepresidente di Assolavoro. Evidentemente creare una propria impresa le è sembrato il modo migliore per continuare a “non lavorare”. «Che cosa faremo a 70 anni? Il mio progetto imprenditoriale ha preso le mosse da questa domanda», racconta. «Meglio fare qualcosa per se stessi, è stata la mia risposta». Una risposta che a lei, laureata in economia ma con una specializzazione in ingegneria meccanica, è venuta forse spontanea visto che arriva da una famiglia di tradizioni imprenditoriali: nonna con azienda di abbigliamento, padre ingegnere ma con una sua società. Nelle motivazioni a fare startup, però, c’è anche una visione dell’inevitabile evoluzione del mercato della selezione del personale. «Se hai fatto il manager una visione di medio termine devi averla, altrimenti sei una capra», dice la Contardi.
Chi va a caccia di “teste pensanti” ha tre canali: le banche dati, le autocandidature e la caccia diretta. Sono tutti sistemi sempre meno efficienti ed efficaci e sempre più costosi. Come ha funzionato finora e come funziona in parte ancora oggi? Facciamo il caso di un’azienda che cerca un profilo di middle management, fascia retributiva da circa 40mila euro l’anno. I “cacciatori di teste” tradizionali consultano le loro liste (non sempre fresche…), attivano le loro relazioni, cominciano i colloqui possibilmente discreti in orari impossibili. Passano le settimane, a volte i mesi. E se la ricerca va a buon fine (e l’azienda non ha trattato molto sul prezzo) riescono a incassare fino al 20% della retribuzione: quindi una ricerca può costare per un manager di medio livello anche 8mila euro. «Easyhunters per la stessa posizione chiede 4,5mila euro», dice con orgoglio della propria creatura Francesca Contardi. «Riesco a stare più verso il 10% con un forte abbattimento di costo per le aziende». Come? «Il digitale aiuta e poi io sono come fare con i costi. Il mio soprannome è “donna budget”. Ho abbattuto i costi di struttura, nessun sontuoso ufficio di rappresentanza e ho snellito i processi. Così riesco a essere più competitiva». I colloqui si fanno a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno, in videoconferenza, così si riducono tempi e ovviamente costi. “Donna budget” conta di andare a break even già alla fine di quest’anno, il primo di attività. E nel 2018 ha in programma di aprire filiali in Europa, dove il mercato si sta muovendo.
Qualcosa di simile in Francia l’ha fatto il Groupe Morgan Philips, che infatti si definisce digital head hunting company e presto potrebbe arrivare in Italia. Anche per questo Francesca Contardi ha deciso di fare il passo in pochi mesi, tutta da sola. O quasi, investendo soprattutto sulle persone (una decina). Easyhunters è nata autofinanziata, con un socio che per il momento non vuole uscire allo scoperto: un imprenditore in altro settore. «È soprattutto una spalla psicologica», commenta Contardi, che non ha dubbi sull’impatto della trasformazione digitale sul suo business. «Mi sono inserita in un mercato vecchio, ingessato che è destinato a finire. In Italia siamo 5 anni indietro ma anche qui tutto cambierà». Non c’è il rischio che riducendo i costi, venga sacrificata la qualità? «No, per nulla», risponde sicura. «Perché spendere di più non è garanzia di qualità».