Ogni volta che, in occasione di convegni e dibattiti, startupper, investitori e dintorni avanzano richieste ai parlamentari più sensibili all’innovazione e alla nuova imprenditoria, la risposta è sempre la stessa: aiutateci anche voi, non c’è ancora una sufficiente domanda politica su questi temi. In altre parole: imparate a farvi sentire e a rappresentare le vostre ragioni.
Viene da pensare che hanno ragione di fronte alla illuminante vicenda della petizione “Aiutiamo le startup innovative ad assumere più giovani disoccupati #JobsUp”, lanciata poco più di due settimane fa su Change.org da una startup che chiede al presidente del Consiglio e, quindi al governo, la proroga di sgravi fiscali per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato
Change.org è la piattaforma di campagne sociali, online e gratuita, fondata nel 2007 negli Stati Uniti e da luglio 2012 presente anche in Italia. A lanciare l’appello è stata la startup Wayonara, progetto di travel social commerce che propone un modo innovativo di condividere le proprie esperienze di viaggio. In pratica sulla piattaforma della startup guidata da Carlo Oppo, 40 anni, di Sassari, è possibile ricostruire il viaggio sognato guardando le foto condivise sui social network dagli amici. Wayonara è il nono caso in Italia di campagna di equity crowdfunding concluso con successo. La società sarda ha ottenuto l’anno scorso 130mila euro di finanziamento attraverso questa innovativa modalità di raccolta fondi online che consente di investire in una startup ricevendo in cambio quote societarie.
Wayonara punta a fare firmare ad almeno 500 sostenitori (finora ha raggiunto quota 233). Azioni meritoria, non c’è dubbio. Se non fosse che la petizione non può essere accolta perché le norme sono già cambiate.
Andiamo con ordine. Il testo pubblicato su Change.org inizia con una premessa: “In Italia esistono oltre 5mila start up innovative, in continuo aumento anno dopo anno. Le startup creano lavoro, innovazione e cultura. Spesso fondate da giovani imprenditori con giovani team, rappresentano una concreta risposta alla disoccupazione giovanile”. Dopodiché si chiede, “almeno per le startup innovative”, di “mantenere anche nel 2016 o meglio rendere permanenti gli sgravi triennali contributivi INPS fino a euro 8.060 per le assunzioni a tempo indeterminato”.
Il governo in realtà è già intervenuto con una proroga degli sgravi, seppure per una durata inferiore e con un minimale più basso. È lo stesso testo dell’appello a ricordarlo: “La legge di Stabilità 2016 – si legge – ha infatti prorogato lo sgravio contributivo previsto dalla legge di Stabilità 2015 per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, riducendo sia la durata (2 anni anziché 3), che la percentuale di riduzione contributiva (40%) con un massimale annuo di 3.250 euro anziché 8.060. Le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato devono essere effettuate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 con possibilità di estensione al 2017, previa verifica delle disponibilità finanziarie, per le sole assunzioni effettuate nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna”.
Un politico si domanderebbe: ha senso chiedere all’esecutivo modifiche su un provvedimento che è stato già modificato, sia pure non nei termini desiderati dalle startup? Quante probabilità ci sono di convincere i legislatori a tornare sui propri passi? Un’ulteriore perplessità ha a che fare con la tipologia dei contratti. La petizione è focalizzata sui contratti a tempo indeterminato, ma come è noto sono quelli meno utilizzati dalle startup, che sono per loro natura realtà imprenditoriali in costante e rapida evoluzione.
Ora non è detto che uno startupper, pieno di buone intenzioni, abbia anche le competenze e gli strumenti per un’attività di rappresentanza politica ai limiti del lobbismo. Quel che però soprende è che la petizione sia stata firmata da soggetti che invece dovrebbero avere tra i loro compiti istituzionali proprio quello di tutelare gli interessi dell’ecosistema dialogando e interagendo con tutti gli attori, compresi i politici, prima fra tutti Italia Startup. Hanno sottoscritto anche l’incubatore certificato Impact Hub Milano, Tiscali Open Campus, lo spazio di co-working di Tiscali, e il business accelerator Nuvolab.
Forse hanno davvero ragione i nostri parlamentari innovativi. Non c’è ancora la domanda politica. Anzi, per il momento, è sbagliata.