Il problema è spiegarlo alla mamma. Ma il ruolo di “evangelist” è meraviglioso, sostiene Fabio Santini che in Microsoft Italia lo ricopre da 60 giorni. Una posizione nuova, in sintonia con il momento che sta attraversando la corporation di Redmond: da una parte la digestione laboriosa di Nokia, che ha come effetto pesanti riduzioni di personale (18mila esuberi entro gennaio2015); dall’altra un’insolita apertura culminata a inizio novembre con la decisione storica di mettere a disposizione gratuitamente Office per smartphone e tablet. È tempo di apertura e di uno sguardo nuove verso la dimensione della mobilità, che è cosa ben diversa da quella tradizionale del desktop.
Santini, 43 anni, due figli, ha il physique du role per portare “il verbo” di Microsoft tra sviluppatori e startupper, visto che non esita a definirsi uno “smanettone”. «Adesso di notte più che di giorno», racconta. «Ho cominciato a sviluppare quando avevo 12 anni davanti al Commodore64. Allora c’erano due fazioni: quelli dello Spectrum Sinclair e quelli del Commodore. Stare da una parte o dall’altra dipendeva solo da quello che ti compravano i genitori», ricorda, insieme con i suoi primi passi da sviluppatore: «A 15 anni ho venduto il mio primo software a una videoteca, ho poi sviluppato gestionali, portali e nel 1997 mi sono specializzato nel software mobile. Ho visto un po’ di tutto, insomma, non solo linguaggi Microsoft». In questo periodo si è fatto prendere dal gaming e s’è dato come obiettivo di creare un nuovo gioco per Windows Phone entro fine anno. «Chi sviluppa è di per sé un artista, come un pittore o un cantante» è la sua interpretazione.
In Microsoft da 12 anni, Santini è adesso a capo della Divisione Developer Experience and Evangelism. Qual è il suo lavoro? «Evangelism è una parola che racchiude tutto quello che facciamo. Abbiamo tante tecnologie, interessanti e di valore, e abbiamo di fronte un mercato molto grande. Il mio lavoro è portare in modo efficace e direi persino divertente le nostre tecnologie alle nostre audience, in modo che sappiano come usarle al meglio».
Con una visione diversa da quella del direttore commerciale. «La nostra attività alla fine può anche generare un acquisto, ma non necessariamente. Non è il nostro obiettivo. C’è poi un diverso orizzonte temporale: noi guardiamo più avanti, le nuove tendenze, le frontiere della tecnologia sono la nostra materia. Prima devi raccontare una bella storia in modo che la folla sia entusiasta, così dopo chi va a vendere abbia il compito facilitato».
C’è un altro pezzo nella mission di Santini: aiutare a creare un lavoro, a fare business, a costruire qualcosa nuovo. Insomma a fare startup. Obiettivo che viene perseguito con il programma BizSpark, che vuol vuol dire camp in giro per l’Italia (un quarantina ogni trimestre) con giornate di lavoro e studio per chi scrive codici. Ma non solo. «Le startup ci sono sempre state», osserva Santini. «La differenza è che nel passato non erano nel mondo tecnologico dove erano necessari grandi investimenti. Negli ultimi 10 anni è cambiato tutto».
BizSpark è nato in casa Microsoft proprio per rispondere a questa domanda: ci sono tante startup nel mondo Ict, che cosa posso fare per aiutarle? All’inizio dava risorse tecnologiche gratuitamente perché si potesse cominciare senza grandi investimenti, ricorda Santini. Poi c’è stata un’evoluzione continua e dal software si è passati alla consulenza, poi all’aiuto per trovare un acceleratore o per fare un pitch, fino all’incontro con un potenziale investitore e al primo seed. «Ogni anno, come una palla di neve che andando avanti si ingrandisce, BizSpark è cresciuto, raccogliendo quello che incontrava sulla sua strada, tanti partner per arricchire la nostra offerta. Il mio obiettivo adesso è aggiungere un altro pezzo: mettere in relazione startup con le aziende, fare l’ultimo miglio. Trovare clienti per quello che creano le startup. Microsoft li conosce, conosce le aziende grandi o medie che vogliono fare innovazione e trovano vantaggioso farlo con soggetti esterni». E come verrà facilitato questo incontro? «Stiamo costruendo un marketplace digitale per fare incontrare domanda e offerta», risponde Santini, che anticipa: l’obiettivo è andare online entro la fine dell’anno. «Abbiamo più di 1300 startup profilate, stiamo ora cercando di capire qual è il modo migliore per costruire questa piattaforma, come fare in modo che i clienti lo frequentino: è solo una questione di processo non certo tecnologica».
Dall’osservatorio di BizSpark Santini nota come sia cambiato l’orientamento di chi fa nuova impresa. «Prima il 70% delle idee erano rivolte alle aziende e il 30% al consumatore finale. Adesso è il contrario. Se vai nelle università, capisci che ormai gli studenti vedono le app, per esempio, come una scorciatoia per diventare ricchi e famosi. Perché è successo davvero in qualche caso». Ma non succede sempre. «Certo. Ma io non voglio vedere se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto», spiega Santini. «Io preferisco vedere se quel che c’è dentro è buono». E cosa vede adesso? «Una grande voglia di fare e di avere successo. È un fatto positivo, perché ci sono tanti ragazzi che vogliono mettersi in gioco, crescere. Il dato negativo è che arrivano idee di ogni tipo. Ma alla fine il bilancio sarà positivo».
Santini pensa allo sviluppo di una nuova cultura imprenditoriale. «E quella si sta formando indipendentemente dal successo di una startup. Io quando avevo 20 anni non sapevo nulla di business model e business plan. Questo è il grande cambiamento. E poi con il moltiplicarsi delle idee, a parità di investimenti costanti, aumenta la selezione. Mentre qualche anno fa si mandava avanti un po’ tutto, adesso si fa più attenzione. E questo in prospettiva aiuterà a consolidare l’ecosistema».