Le startup non sono solo imprese hitech che cercano il giusto profitto sulle vie dell’innovazione. Molti progetti nascono per avere un ritorno che sia anche sociale e possono trovare nell’equity crowdfunding un canale di finanziamento che è anche un modo di condividere con un gran numero di sostenitori gli scopi dell’impresa. È questo il caso di VillageCare, startup a impatto sociale fondata a Milano nel 2015 per dare consigli e offrire soluzioni ai figli che si occupano di un genitore o di un familiare anziano fragile, che ha lanciato una campagna di equity crowdfunding su BacktoWork. Per raccontare la sua storia e capire perché ha scelto questa modalità di raccolta fondi, è necessaria una premessa sull’impact investing.
Impact Investing, che cos’è
Nato a metà degli anni Duemila negli Stati Uniti, è cresciuto raggiungendo anche l’Italia: battezzato “Impact investing” dalla Fondazione Rockefeller e da J.P. Morgan, l’”investimento a impatto” si basa sulla volontà dell’investitore di conseguire, oltre alla remunerazione del capitale, anche un particolare scopo sociale. Che può andare dal piccolo progetto locale privato all’intervento pubblico a livello nazionale, coprendo una vasta gamma di ambiti di azione, dal welfare all’ambiente, dall’inclusione al disagio abitativo, dall’infanzia agli anziani, dalla scuola al reinserimento dei detenuti… Insomma, un vero strumento di “pressione sociale” a 360 gradi per guadagnare finanziando, al tempo stesso, interventi concreti di crescita. Come, ad esempio, VillageCare, startup innovativa che ha ideato una piattaforma per offrire consulenza a chi si occupa di famigliari e parenti anziani.
VillageCare, la storia della startup
VillageCare.it nasce per dare consigli e soluzioni ai figli che si occupano di un genitore o di un familiare anziano fragile. Offre consulenza tramite web, telefono e video chiamate, supportando ogni mese 25.000 famiglie e trattando direttamente con i decisori familiari dell’invecchiamento (figlie, figli, coniugi…), profilandone le esigenze. Dal 2018 è presente con i suoi servizi anche sulle piattaforme di welfare aziendale e nella formazione per dipendenti di impresa, con un bacino di oltre 5 milioni di utenti. L’idea della startup nasce dagli studi e dall’osservazione sul campo di quattro fattori chiave: invecchiamento demografico, bisogno di assistenza di lungo periodo (più anziani, più a lungo), conciliazione vita e lavoro, indebolimento del sostegno sanitario pubblico. “Sfide tra le più rilevanti dei nostri tempi” dice Silvia Turzio, cofounder e Ceo della startup. Prima di reinventarsi imprenditrice, Silvia ha alle spalle un passato professionale in ambito assicurativo: “Quindici anni fa lavoravo per il più grosso gruppo player mondiale dell’assicurazione e vedevo già, in tempi non sospetti, l’impatto che ci sarebbe stato da qui ai prossimi 20-30 anni in chiave invecchiamento della popolazione. Uno dei temi legati all’argomento, che è la sostenibilità economica e sociale di questo fenomeno, mi aveva colpito profondamente” racconta. E, già allora, la Ceo di VillageCare aveva capito che la soluzione non poteva essere solo assicurativa o finanziaria. C’era bisogno di maggiore organizzazione di tipo sociale. Proprio per questo, abbandonato il settore delle assicurazioni, Silvia Turzio passa sei anni nel campo no profit: “Lì sono entrata in contatto con famiglie che stavano gestendo malati di Parkinson e Alzheimer. Sono malattie che hanno un grandissimo impatto emotivo e organizzativo. E ho cercato di capire come se la stavano cavando” racconta ancora l’imprenditrice. “Insieme all’altra cofounder della startup, Paola Casalino (oggi responsabile delle relazioni con le famiglie) e ai mentors che ci hanno accompagnate, ho capito che c’erano dei buchi dove lo Stato non arrivava e non potevano essere tappati solo da polizze assicurative. Erano famiglie economicamente ed organizzativamente sole ad occuparsi di questi problemi”. Da qui l’idea della startup: una sorta di sportello nazionale di aiuto in modo che le famiglie non si perdano nei gineprai della ricerca di informazioni o di servizi ma, facilitati da VillageCare, possano arrivare alla soluzione molto più velocemente. La startup viene fondata a Milano nel 2015. Nello stesso anno, VillageCare viene premiata come ‘Startup innovativa dell’anno’ dal Comune di Milano – Bando FabriQ – e dall’incubatore di imprese innovative Impact Hub Milano, grazie al forte impatto sociale che produce: rendere accessibile e diffuso l’aiuto assistenziale, promuovendo la conciliazione vita-lavoro e valorizzando il ruolo degli operatori del settore e del welfare aziendale. “Tradotto significa questo: aiutiamo le famiglie e i dipendenti delle aziende a risparmiare tempo e denaro, migliorando l’equilibrio tra vita e lavoro e riducendo il rischio di stress e di sentirsi meno soli” continua la founder.
Dietro la fondazione della startup, però, c’è anche un motivo fortemente personale che lega le due co-founder: “VillageCare nasce dall’esperienze diretta di noi fondatrici, professioniste esperte e, allo stesso tempo, figlie con genitori anziani di cui prenderci cura” rivela Silvia Turzio. “La sensazione di sentirsi sole e confuse nel trovare il consiglio giusto da una persona esperta, la soluzione adatta in mezzo a tanta confusione ci ha spinte a credere in questo progetto. Oggi, grazie a un team al femminile (alle due founder si è unita nel 2017 Jennifer Della Lucia, che oggi cura cura il project management) con solide e specifiche competenze, siamo in grado di offrire tutto quello avremmo voluto sapere noi quando ne abbiamo avuto bisogno”.
Il contesto in cui opera la startup
Siamo detentori, insieme alla Francia, del record europeo di ultracentenari, passati da 11 ad oltre 14mila, in soli dieci anni. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica. Ad occuparsi di questa fascia di popolazione “fragile”, ci sono oltre 8 milioni di “caregivers”, figli, coniugi o familiari che cercano di trovare un equilibrio tra vita privata, lavoro e assistenza, incontrando crescenti difficoltà man mano che la non autosufficienza dei propri cari aumenta. Si tratta di donne nell’80% dei casi, tra i 40 e i 60 anni, in piena età lavorativa: mogli, figlie e nipoti che si occupano direttamente dell’assistenza di un parente bisognoso di cure che, spesso, vive all’interno delle mura domestiche.
La popolazione anziana in Italia è destinata a crescere e invecchiare ulteriormente, ma non le risorse per la loro assistenza, obbligando le famiglie a rivolgersi fuori dal sistema pubblico per trovare la soluzione giusta.
“In tre anni abbiamo ascoltato e aiutato oltre 6mila famiglie con un servizio clienti dedicato e la possibilità di attivare una Consulenza Personalizzata con i nostri Family Coach” spiega Paola Casalino, Co-founder e Responsabile della Relazione con le Famiglie. “Questo ci consente di comprendere, meglio di chiunque altro, quali sono le esigenze dei familiari ‘caregiver’ e, soprattutto, dei genitori anziani, che hanno nuove e precise esigenze a cui far fronte.
La campagna di equity crowdfunding di VillageCare
È aperta fino al 16 dicembre la campagna di equity crowdfunding lanciata da VillageCare su BacktoWork. La raccolta fondi offre due opportunità: la prima è quella di raccogliere investimenti con piccoli tagli di 500 euro con sottoscrizioni di quote B, quindi per piccoli investitori interessati a questo tipo di progetto; la seconda è una quota di tipo A per grandi investitori, con investimenti superiori ai 20mila euro. La campagna ha un minimo di investimento totale di 60mila euro ma può arrivare fino a 600mila. “Oggi siamo arrivati al 75% del minimo” continua la Ceo e founder della startup. Che ha già le idee chiare su come utilizzare i fondi raccolti: “Uno degli asset fondamentali del nostro progetto è la profilazione delle richieste delle famiglie, capire che cosa ci stanno chiedendo per poter offrire al meglio il nostro aiuto. Per questo, gli investimenti saranno utilizzati nel potenziamento degli strumenti di CRM, di analisi del bisogno e di profilazione delle richieste, con l’obiettivo di impattare ancora meglio a livello sociale”.
Che cosa può fare l’equity crowdfunding per l’impact investing
Equity crowdfunding: che cos’è, come funziona e quali sono le piattaforme per startup e pmi
“Il legame tra equity crowdfunding e impact investing nasce proprio dalla vocazione sociale di specifiche startup” dice Silvia Turzio. E specifica: “Ci sono due tipi di investitori: uno interessato al semplice investimento sul progetto imprenditoriale, l’atro che condivide e crede nell’impatto sociale che la proposta della startup può avere”. Immaginate, ad esempio, un investitore che ha vissuto o che sta vivendo una situazione di invecchiamento nella propria famiglia (che è il settore specifico di VillageCare) e che viene quindi attratto dall’aiuto che può offrire questa startup e dalla possibilità di affrontare l’allungamento della vita in un certo modo. L’equity crowdfunding, dunque, aiuta a coinvolgere un certo tipo di investitore e a creare empatia tra il finanziatore che sta vivendo una certa situazione e la startup che offre una risposta alla sua problematica.
Perché VillageCare ha scelto BacktoWork
Non è un caso che VillageCare abbia scelto la piattaforma di BacktoWork per lanciare la propria campagna di crowdfunding. BacktoWork una piattaforma di finanza alternativa per startup e PMI, con un forte focus sull’equity crowdfunding. “Siamo stati attratti dal tipo di organizzazione e di profilo della squadra di BacktoWork. Questo team ci ha presentato un processo di gestione del lavoro che ci sembrava vincente” continua l’imprenditrice. E questo è il motivo della scelta: “Una startup innovativa che si getta sull’equity crowdfunding ha bisogno di una piattaforma e di un team molto forti a bordo”.
Le altre campagne di impact investing su BacktoWork
Non solo VillageCare. Su BacktoWork ci sono diverse campagne che rientrano nell’impact investing. Si tratta di aziende e startup che operano con l’obiettivo di generare un impatto sociale misurabile e compatibile con un rendimento economico. Ecco le campagne ancora aperte:
- Nicefiller: packaging alimentare che allunga la shelf life, favorendo la sostenibilità e diminuendo lo spreco;
- Microcredito: operatore di Microcredito, con forte orientamento fintech, abilitato a erogare prestiti a piccole imprese;
- Stem Sel: ha brevettato Celector®, il dispositivo per separare, visualizzare e raccogliere le “migliori” cellule staminali vivent;
- Peptitech: ha sviluppato Glauconext, l’innovativa soluzione farmaceutica per la cura del glaucoma e la protezione dell’occhio.