LA GUIDA

Il metodo Lean Startup compie 10 anni: che cos’è, come funziona, quali limiti ha e come usarlo in azienda

Un sistema scientifico per verificare, con tempi e costi ridotti, se un prodotto o un servizio funzionano sul mercato: elaborato da Eric Ries nel 2008 è adatto soprattutto alle startup, ma anche un’azienda tradizionale come Fincantieri può usarlo per trarne vantaggi. Ecco case studies e come metterlo in pratica

Pubblicato il 23 Ott 2018

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Un sistema scientifico per verificare, in tempi e costi ridotti, se un prodotto o un servizio funzionano sul mercato: in questo consiste la metodologia “lean startup“. Elaborata nel 2008 da Eric Ries, propone un nuovo approccio al lancio di prodotti e servizi innovativi. E proprio per questo è particolarmente indicato per le startup, che per definizione sono portatrici di idee potenzialmente di successo.

Lean startup: che cos’è

Come riporta questo articolo di Digital4, la Lean Startup è un insieme di metodologie utilizzate per sviluppare business sostenibili in contesti di incertezza che, partendo dalla Silicon Valley nel 2011, si è diffusa velocemente tra gli imprenditori di tutto il mondo.
Si tratta di un approccio radicale per il lancio di tutte le iniziative innovative – siano imprese esordienti o progetti nuovi all’interno di grandi imprese consolidate – che aiuta ad individuare un percorso verso un business sostenibile, riducendo drasticamente tempi e costi e, di conseguenza, le probabilità di fallire.
Il termine Lean Startup deriva dall’applicazione delle teorie elaborate dallo stesso Eric Ries di Lean Thinking (ragionare in modo snello) e dall’utilizzo di metodologie chiamate “agili”, (insieme di metodologie che permettono di attuare cambiamenti, senza che il “costo del cambiamento” sia troppo oneroso).

Dal Design Thinking alla Lean Startup: metodi e strumenti per innovare

Dal Design Thinking alla Lean Startup: metodi e strumenti per innovare

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Come funziona il metodo Lean Startup

Il metodo di Ries prevede che la continua applicazione delle tre fasi build-measure-learn, cioè ideazione-verifica-modifica del progetto, costruendo il più velocemente possibile il proprio prodotto (o servizio), verificandone e misurandone i risultati e, infine, utilizzando i dati così ottenuti per migliorare il prodotto, ripetendo poi ciclicamente il procedimento. L’idea è quella di partire con un cosiddetto “minimum viable product”, cioè “prodotto minimo commercializzabile”, per poi adattare strada facendo il prodotto alle necessità del cliente proprio grazie ai feedback ricevuti da quest’ultimo, dando così, da un lato, una risposta sempre presente e coerente alla clientela, e dall’altro, poiché vengono ridotti tempi e costi, si minimizzano i rischi di mercato. Proprio da questo “minimalismo” di tutto il processo deriva il nome, che letteralmente significa “startup agile“.

A chi è utile il metodo Lean Startup

Sebbene la metodologia Lean Startup possa essere applicata con successo a qualsiasi tipo di prodotto o di servizio (tanto che Ries l’ha ideata ispirandosi profondamente alla filosofia del “lean manufacturing” applicato da Toyota negli anni Settanta per minimizzare gli sprechi di denaro, tempo e materiali), è stata concepita, come dice il nome, in modo particolare per le startup, che non possono permettersi – pena la scomparsa – di lanciare sul mercato prodotti o servizi che non abbiano riscontro da parte della clientela. Come Ries spiega nel suo libro The Lean Startup (Partire leggeri, nell’edizione italiana), l’obiettivo di questa metodologia non è risparmiare sulla produzione, ma produrre innovazione solo se e quando gli utenti ne hanno bisogno. E se una proposta di innovazione non viene subito accettata dal mercato, è solo uno spreco di tempo e di risorse e quindi va velocemente abbandonata.

Ecco perché, per innovare, è meglio partire dai bisogni dell’utente

Tuttavia Eliana Bentivegna, Cio Community Coordinator, Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, in un articolo pubblicato su Agenda Digitale, spiega perché la metodologia Lean Startup non va limitata alle sole startup o a piccole e medie imprese: anche un’azienda tradizionale come Fincantieri può applicarla. L’azienda – spiega la Bentivegna –  ha analizzato una numerosa serie di progetti sulla base delle due dimensioni dell’innovazione tecnologica e del supporto al business, partendo dall’analisi dei mega trend del mercato e delle minacce e opportunità che comportano, e coinvolgendo poi 80 risorse in grado di identificare queste opportunità e trasformarle in business plan.

“La capacità di trasformare la tecnologia in un nuovo modello di business, in un nuovo posizionamento sulla catena del valore, attraverso la metodologia di Ries, può essere stimolata e mantenuta sia in piccole imprese appena nate sia in grandi aziende consolidate. In entrambi i casi è però necessario definire con chiarezza l’obiettivo o, più nel dettaglio, i driver di business, e procedere secondo soluzioni tecnologiche incrementali che permettano di volta in volta di fare delle piccole correzioni di rotta senza mettere in gioco un rischio eccessivo, che altrimenti rappresenta un ostacolo insuperabile alla propensione all’innovazione” puntualizza Eliana Bentivegna.

Come mettere in pratica l’approccio Lean Startup

Nell’articolo pubblicato su Agenda Digitale, Eliana Bentivegna spiega anche come mettere in partica la metodologia lanciata da Ries. L’azienda che adotta la Lean Startup deve attivare un ciclo di produzione molto più rapido di quello tradizionale, per poter permettere di testare di volta per volta le fasi che si vogliono realizzare; è necessario imparare cosa accade a ogni ciclo di prodotto e allineare i propri ritmi a quest’ultimo. Ogni ciclo di prodotto viene infine valutato sulla base di un campione reale di clienti tramite un funnel, un imbuto che visualizza la conversione degli utenti in vendite.

È questo il percorso che ha seguito Fabio Ciotoli per creare Snap, piattaforma mobile commerce su cui è possibile vendere e acquistare prodotti tramite il solo utilizzo di immagini; ed è lo stesso percorso che ha adottato ante litteram l’imprenditore digitale Vito Lomele per fondare nel 2007 Jobrapido.com, una startup che in 6 anni di attività, prima dell’exit, ha fatturato 40 milioni di euro ed è passata da 2 a 100 dipendenti. Fondamentale è, per Lomele, focalizzarsi sugli sforzi organizzativi necessari per creare unità indipendenti in azienda, su di una maggiore autonomia operativa e sulla indispensabile spinta culturale per influenzare cambiamenti verso l’innovazione. Benché ci siano esempi come Apple che, nata in un garage, oggi vanta forse quello che può essere considerato il processo stage & gate più rigoroso di tutta l’industria informatica, anche una grande azienda può mantenere in approccio Lean, ma solo esercitandosi quotidianamente, un po’ come in palestra.

I vantaggi del metodo Lean Startup

Il metodo Lean Startup permette a una startup o a un’azienda che decide di adottarlo di creare un prodotto basandosi sulle necessità del cliente riducendo tempi e costi e minimizzando, così, i rischi di mercato. Ma i vantaggi non sono solo questi.

Imprese che hanno adottato questo concetto come Facebook, Uber, Alibaba, AirBnB – continua Eliana Bentivegna nel suo articolo su Agenda Digitale – sono diventati giganti nei loro ambiti applicativi senza in realtà possedere asset fisici o contenutistici, e ciò ha portato a una diversa percezione dei confini del mercato globale in cui imprese e individui si muovono, che non sono più quelli tradizionali, geografici o di business, quanto piuttosto nuovi confini prettamente digitali.

Per sopravvivere in questo frangente storico le aziende devono orientarsi nella Lean Startup, superando innanzitutto le minacce che percepiscono quando decidono di avviare un nuovo business sul mercato. Tra queste figura, per esempio, la preoccupazione che la proprio idea venga rubata: un concetto che nella Lean Startup non sussiste, perché essa premia e considera di valore non tanto l’idea quanto l’execution, ossia la capacità di realizzarla; oppure il rischio della concorrenza, che può essere superato solo dalla velocità di apprendimento di come funziona il proprio prodotto sul mercato e di come sia possibile migliorarlo; senza dimenticare l’ingombro di un branding forte, che può essere facilmente superato attraverso l’utilizzo di brand civetta per testare un nuovo prodotto. Per sopperire a queste “paure”, la Lean Startup offre due alternative inedite: la prima è quella della pretotipizzazione, ossia la prova del prodotto prima ancora che ne venga realizzato un prototipo (è quanto avviene, per esempio, con gli Smoke Test, come la creazione di una pagina vetrina per vedere il livello di engagement dei potenziali clienti su quella pagina); la seconda è quella del Minimum Viable Product (MVP), ossia la definizione di un numero minimo di caratteristiche che deve possedere il nuovo prodotto affinché sia sostenibile (in grado, cioè, di raggiungere il consumatore e di venire fruito).

Lean Startup: Case studies

Ecco alcune aziende che hanno messo in pratica con successo l’approccio Lean Startup

Dropbox – Quando il fondatore e CEO dell’azienda di clouding, Drew Houston, ha scoperto il metodo Lean Startup di Eric Ries, la società ha iniziato ad aggiornare il proprio prodotto molto più velocemente per testare le reazioni dei clienti. E grazie ai principi di Lean Startup, in soli 15 mesi Dropbox ha aumentato gli utenti registrati portandoli da 100mila a 4 milioni.

Dropbox @ Startup Lessons Learned Conference 2010

Dropbox @ Startup Lessons Learned Conference 2010

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Grockit – Fondata nel 2007 con l’obiettivo di facilitare l’apprendimento sociale, Grockit ha utilizzato i principi Lean Startup per lanciare velocemente sul mercato il proprio prodotto (specifico per la preparazione a test come il LSAT, per l’ammissione alla scuola di Legge Usa), continuando poi a svilupparlo. Mediamente, la piattaforma ospita oggi mille interazioni internazionali e supporta utenti in 150 Paesi

Agile Development, Farb Nivi / Grockit @ Startup Lessons Learned Conference 2010

Agile Development, Farb Nivi / Grockit @ Startup Lessons Learned Conference 2010

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Aardvark – Società poi acquistata da Google, Aardvark ha sviluppato un motore di ricerca social attraverso il quale gli utenti possono porre domande alle quali rispondono poi gli utenti dei social. All’inizio della propria avventura, Aardvark ha testato il concetto producendo una serie di MVP (minimum viable products), ognuno dei quali pensato per risolvere i problemi attraverso un diverso procedimento. E in base ai feedback è stato poi scelto il sesto prototipo.

Minimum viable product: Aardvark @ Startup Lessons Learned Conference 2010

Minimum viable product: Aardvark @ Startup Lessons Learned Conference 2010

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Votizen – Prima piattaforma di lobbismo sociale, Votizen ha cambiato il modo in cui gli elettori si rapportano con i loro politici di riferimento e viceversa. Creato attraverso i principi della Lean Startup, la piattaforma, fondata da David Binetti, è partita come social network di elettori “verificati” per evolversi poi in un sistema di lobbying, e ha portato alla prima legge presentata al Senato USA attraverso un social media.

Startup Lessons Learned

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Lean startup: le fonti di riferimento

Ci sono diversi siti di riferimento sul Lean startup. Ecco quelli segnalati da Startupbusiness:

il sito ufficiale The lean startup;

il sito/blog di Eric Ries Startup Lesson Learned; 

il sito del libro The lean startup;

il sito di The lean startup company (co-fondato da Ries) che contiene webcast e podcast che spiegano passo passo il metodo;

il sito The lean startup machine, l’organizzazione cui fanno capo i vari workshop organizzati nel mondo per imparare e applicare il metodo.

Lean startup: i limiti della metodologia di Ries

Benché il metodo lanciato da Ries sia ormai conosciuto a livello globale, superando abbondantemente i confini della Silicon Valley dove era nato, non mancano posizioni critiche nei confronti dell’approccio “lean startup”. Come ad esempio quella, diventata famosa, portata da Ted Ladd (professore di Internet Economics al Center for Disruptive Innovation della Hult International Business School ed ex direttore degli ecosistemi del WIMM Labs, poi acquisiti da Google), che sulla Harvard Business Review ha contestato la validità universale della metodologia. Secondo Ladd, su 250 team che hanno partecipato a un programma di accelerazione cleantech negli Usa durante gli ultimi 10 anni, benché l’approccio Lean Startup sia stato utile, avere una strategia forte è stato molto più utile e importante che condurre un numero enorme di test di mercato. Il punto debole della teoria di Ries è infatti proprio quello del confronto continuo con il mercato, che secondo il ricercatore non garantisce il successo di un’impresa.

Come puntualizza Startupbusiness in questo articolo, troppi feedback da parte dei clienti possono creare confusione nell’imprenditore, il continuo pivoting mette a dura prova tutto il team e fa perdere lo slancio iniziale; inoltre il metodo lean startup produce falsi negativi , cioè provoca la morte prematura di buone idee, poiché non esiste una vera e propria regola che stabilisca quando un test è da considerarsi fallito o quando si può invece cantare vittoria.

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Concetta Desando
Concetta Desando

Due menzioni speciali al premio di giornalismo M.G. Cutuli, vincitrice del Premio Giuseppe Sciacca 2009, collaboro con testate nazionali.

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