Non solo un buon progetto imprenditoriale. Né un mercato pronto ad accogliere un prodotto disruptive. E nemmeno costanza, intraprendenza, lungimiranza dei founder. A determinare il destino di una startup, a volte, ci pensa soprattutto la dea bendata. Chiamatela fortuna, o semplicemente fattore C. La dimostrazione arriva dalla storia di Horus, startup genovese ideatrice di un dispositivo per non vedenti che ha ricevuto un finanziamento di 900mila dollari dall’americana 5Lion Holdings, società che investe in aziende innovative ad alto potenziale di crescita. “E pensare che all’inizio il nostro progetto non era che un hobby. Gli americani? Ci hanno contattato per caso, tramite persone conosciute a uno startup Day” racconta Saverio Murgia, cofounder della startup.
Ventiquattro anni, di Savona, da piccolo Saverio sognava di diventare inventore. La passione per i computer lo porta a frequentare la facoltà di ingegneria di Genova. È uno studente talentuoso: per media e intraprendenza viene selezionato per frequentare l’Istituto Superiore dell’Università di Genova, al quale hanno accesso gli studenti più meritevoli. “Lì ho seguito corsi di imprenditoria, management, economia, legge” racconta Saverio. Ed è lì che incontra Luca Nardelli, colui che sarà l’altro cofounder di Horus. Stessa età, stessa passione per l’ingegneria, la robotica e la biomedica, i due ragazzi lavorano insieme alla tesi di laurea e sviluppano un sistema visivo artificiale per robot che consente di superare ostacoli con l’aiuto di sole telecamere e senza sensori.
È il 2013 ed il momento in cui i due ragazzi si avvicinano al mondo della visione artificiale. L’inizio di tutto. Dopo un periodo di studi trascorso in Francia e poi in Svizzera in cui
Saverio sviluppa le sue competenze sulla robotica avanzata, all’inizio del 2014 i due ragazzi incontrano per strada un non vedente che chiede loro aiuto e informazioni e gli racconta quali sono le strategie utilizzate per orientarsi in città. “Dopo quell’incontro io e Luca ci siamo chiesti come mai noi e molti ingegneri stessimo lavorando a dispositivi dedicati ai robot e non alle persone non vedenti – spiega Saverio -. Così ci siamo messi all’opera e abbiamo iniziato a pensare a quello che poi è diventato il prodotto di Horus. Eravamo ancora studenti universitari, allora, ci sentivamo via Skype di notte e nei weekend per portare avanti l’idea. Non avevamo nessuna intenzione di fondare una startup e creare un’impresa. Era il nostro hobby, un modo per passare il tempo libero” racconta il giovane imprenditore.
In sette mesi i ragazzi mettono a punto una sorta di assistente personale indossabile per ciechi e ipovedenti, che si indossa sulla testa come un microfono ad archetto e, tramite un sistema di visione stereoscopico, osserva la realtà, la analizza nelle sue tre dimensioni e la descrive all’utente mediante una sintesi vocale a conduzione ossea. “Ne abbiamo parlato con amici e familiari. Tutti ci hanno dato lo stesso parere: è un progetto interessante perché destinato a migliorare la quotidianità delle persone con problemi alla vista. Così abbiamo deciso di partecipare allo Startup Day di Genova organizzato da Confindustria e da Build It Up. È lì che i ragazzi conoscono Andrea Giannone, colui che, a distanza di mesi, sarà il contatto chiave che li porterà alla società americana.
Intanto nel luglio del 2014 viene fondata la startup Horus Technology, con una sede a Genova e una a Milano. “Il nome è un riferimento al dio egizio la cui storia è legata alla vista” spiega Saverio. Nel team entrano Alessandro Caldini (Software Developer), Martina Cavalieri (Graphic Designer), Giulia Porro (Marketing Strategist), Arianna Kraslavski (Executive Assistant), Sara Ferraro (Product Designer), Simone Vuotto (Software Developer), Simone Cirillo (Machine Learning).
Nel 2015 Horus Technology cresce del 400% grazie a importanti riconoscimenti internazionali del mondo venture quali Unicredit Startlab, IBM Smartcamp e EIT Digital Idea Challenge, e al successo di una campagna di crowdfunding sulla piattaforma di Tim Wcap, il programma di accelerazione di Telecom Italia al quale la startup ha preso parte nel 2014. “Tra competition e crowdfunding abbiamo guadagnato 150mila euro. In attesa di brevetto, il prodotto sarà commercializzato in autunno” spiega.
E, intanto, arriva la telefonata che cambia le sorti della startup. “Ci ha contattati Andrea Giannone, conosciuto durante lo Startup Day di Genova. Membro di Build it Up e ora advisor indipendente di 5Lion, ci ha chiesto se stavamo cercando fondi. Noi avevamo avviato una campagna di foundraising in Italia, non pensavamo certo all’America. Poi un giro di telefonate e la presentazione del progetto alla società americana con la quale ci siamo giocati tutto. Anche perché, non avendo ancora numeri di fatturato con cui fare colpo, non potevamo fare altro”. Il risultato è un finanziamento di 900mila dollari. “Lo utilizzeremo per fare ricerca, ultimare il prodotto e lanciarlo sul mercato, e per allargare il team: abbiamo bisogno di nuove figure a livello di marketing. Contiamo di raddoppiare il personale, passando dagli attuali nove membri a 18. Entro l’anno saremo sul mercato italiano, poi su quello estero. Questi gli obiettivi per il 2016” conclude Saverio prima di rimettersi al lavoro. La fortuna ha già fatto la sua parte. Ora tocca al team.