H-Farm è a un passo dalla quotazione in Borsa. L’acceleratore di startup fondato nel 2005 da Riccardo Donadon ha formalizzato la presentazione della comunicazione di pre-ammissione all’Aim, il mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese.
L’obiettivo di raccolta è di 25-30 milioni di euro (che si andrebbero ad aggiungere ai 30 milioni già raccolti in dieci anni). E la scommessa annunciata a Roncade (Treviso) è di rivoluzionare il modello di investimenti in Italia e in Europa e di trasformare l’incubatore di Ca’ Tron in un campus in grado di ospitare nei prossimi cinque anni tremila ragazzi, tra talenti imprenditoriali e studenti.
IL COLLOCAMENTO A NOVEMBRE
La data del collocamento è ancora riservata. Avverrà “a brevissimo”, assicura Donadon. Ma secondo quanto risulta a EconomyUp dovrebbe cadere entro la prima settimana di novembre. Con l’Ipo, H-Farm Ventures diventa H-Farm.com e si focalizzerà di più sulla consulenza alle imprese nell’ambito della trasformazione digitale e sui servizi legati all’education e alla formazione per aziende. “Ma non abbandoniamo il modello dell’accelerazione alle startup, anzi. Diventeremo un punto di riferimento per il venture capital, per l’Italia ma anche a livello europeo”, precisa il fondatore della struttura.
Per l’approdo in Borsa, H-Farm è seguita da N+1 in qualità di advisor, Unicredit Corporate & Investment Banking come global coordinator, Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A. come nomad, Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners e LCA Studio Legale come advisor legali. “Abbiamo scelto insieme ai nostri soci (tra cui Renzo Rosso con il 16,5%, Giuseppe Miroglio con il 12%, Cattolica Assicurazioni – con il 4,5%, che ha confermato di aderire alla quotazione -, Unicredit con il 2,7%, ndr) di fare questo passo come atto di responsabilità nei confronti dell’Italia per far crescere la consapevolezza di tutti verso l’ecosistema”, dichiara Donadon. “Non era uno step fondamentale, potevamo anche non farlo ma ci serviva soprattutto per dare maggiore visibilità, anche internazionale, alla nostra realtà e per procedere più spediti nella realizzazione del nostro progetto”.
IL PROGETTO IMPRENDITORIALE
Progetto che – spiegano da H-Farm – si articolerà lungo tre direzioni complementari: Investments, l’area di business legata all’accelerazione di startup e al venture capital, che resta al centro dell’attività di H-Farm (71 investimenti fatti in dieci anni, 17 milioni di euro investiti in startup e 4 exit messe a segno) e si allargherà nei prossimi 5 anni anche a nuove imprese europee; Industry, la divisione dedicata alla consulenza di innovazione digitale per imprese che finora è quella che ha più contribuito al fatturato: 17 milioni di euro nel 2014 e 11 milioni nel primo semestre del 2015; Education, l’area che fornisce servizi di formazione alle imprese attraverso Digital Accademia e che mira a creare una proposta formativa, riconosciuta a livello internazionale, destinata a giovani dai 6 ai 26 anni. “Il nostro lavoro è diretto ai giovani, che non dobbiamo far scappare all’estero, al territorio e alle aziende che hanno bisogno di cambiare: l’Italia è indietro nel processo di trasformazione digitale – basta pensare alla bassa penetrazione dell’ecommerce – ma vari segnali, tra cui lo slancio di Amazon verso il made in Italy e la presenza del ceo di Apple, Tim Cook, all’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi, ci fanno pensare che l’attenzione verso le potenzialità del nostro Paese è molto alta”, aggiunge Donadon.
IL TEAM
Per attuare il piano industriale, H-Farm ha allestito un team formato da profili con lunga esperienza internazionale. A cominciare da Roberto Bonanzinga, ex partner di Balderton Group, tra i 5 maggiori fondi di investimento in Europa, che sarà il responsabile dell’area Investments. È lui ad annunciare una delle sfide più ambiziose di H-Farm: introdurre un nuovo modello di investimenti, valido per l’Italia e per l’Europa, partendo dalla convinzione che il sistema adottato dal venture capital, clonato dall’esperienza americana, non abbia le caratteristiche per funzionare nel nostro Paese. “Negli ultimi 20-25 anni il mercato del venture capital non è mai cambiato: basta dire che il software più utilizzato è Gmail”, ironizza Bonanzinga. “Noi vogliamo trasformarlo presentandoci come i primi che utilizzano le tecnologie per generare scalabilità: attraverso una nostra controllata, InReach, stiamo lavorando a software che sfruttano i big data per monitorare le startup in Europa e individuare le potenziali nuove Yoox, o perché no, le nuove Spotify o le nuove Facebook”.
Cristina Mollis, fondatrice di Nuvò, agenzia di digital transformation acquisita recentemente da H-Farm, sarà a capo dell’area Industry, su cui lavorano a oggi 150 persone. “Chi avesse dubbi sulla capacità di H-Farm di produrre fatturato e utili può guardare proprio al segmento Industry, su cui la società ha puntato tantissimo. Faremo concorrenza a molte società di consulenza perché siamo in grado di fornire il servizio di accompagnamento verso la digital transformation, personale con mentalità imprenditoriale formato qui e, per chi lo chiede, anche le migliori startup italiane ed europee capaci di proporsi come laboratori di innovazione per le aziende”, dice Mollis.
La divisione Education è invece affidata a Carlo Carraro, ex rettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. “Stiamo mettendo a punto un sistema didattico innovativo, riconosciuto a livello globale, che copra le esigenze formative dai 6 ai 26 anni, anche acquisendo realtà già esistenti. L’idea è di creare entro tre anni un nuovo campus dotato di servizi, con residenze, mense, impianti sportivi e tutto ciò che si può trovare in una struttura all’avanguardia. Un po’ come i campus anglosassoni che si vedono nei film”.
Accanto al ceo Riccardo Donadon e al chairman Maurizio Rossi, nel ruolo di executive chairman ci sarà Paolo Cuniberti, esperto di finanza con 25 anni di carriera in colossi come JP Morgan, dove era European Head of Equity Capital Markets and Derivatives, e Mediobanca, di cui era capo del mercato UK. La sintesi sul perché gli investitori dovrebbero rischiare su un progetto come quello di H-Farm, anche “senza un grosso ebitda“, ovvero senza troppi guadagni da mettere in mostra, è affidata a lui: “Nel nostro Paese il livello di digitalizzazione è bassissimo. Si può soltanto crescere. E si può avere una quota di mercato rilevante solo se si riesce a essere un catalizzatore. Così, mentre in italia abbiamo assistito alla morte di imprese colossali, a H-Farm hanno continuato a fare impresa e a finanziarla, a mettere a segno delle exit, e a raccogliere il sostegno economico di alcuni dei migliori imprenditori italiani: sfido chiunque a mettere in discussione il talento imprenditoriale di un Renzo Rosso, solo per dirne uno. H-Farm ha saputo costruire un modello unico di incubazione in un’economia depressa. Ecco perché io ci ho investito soldi ed energie, e tutti gli azionisti continuano da anni a scommetterci”.